Il segreto di Padun in salita? Quattro chili in meno

15.06.2021
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Il primo a sorprendersi è stato lui, Mark Padun. Non perché non avesse mai sognato di essere fra i migliori e giocarsi con loro certi arrivi, ma perché i primi due anni da professionista sono stati parecchio faticosi. E sebbene l’ucraino del Team Bahrain Victorious avesse già trovato il modo di vincere e fra gli under 23 avesse avuto una traiettoria di primissimo piano, nulla lasciava presagire che avrebbe preso a schiaffoni i più forti del mondo sulle Alpi del Delfinato, come invece è successo il 5 e 6 giugno a La Plagne e poi a Les Gets.

In fuga nell’ultima tappa del Delfinato: aveva già vinto la precedente
In fuga nell’ultima tappa del Delfinato: aveva già vinto la precedente

«Sono state due vittorie diverse – sorride dal Passo San Pellegrino, dove si sta allenando – la prima soffertissima. Mal di gambe tutto il giorno, per cui immaginate la sorpresa nel restare con loro e poi avere le gambe per staccarli. La seconda, dopo essere andato in fuga e soprattutto nel giorno in cui mi sono sentito meglio. Ho vinto il Gpm e appena è iniziata l’ultima salita ho visto che gli altri rallentavano, così non ho fatto altro che continuare col mio passo».

Cambio di passo

Detta così sembra semplice, in realtà dietro c’è una seria presa di coscienza di quel che serva per fare il corridore e una nuova determinazione. Basta guardare le foto per rendersi conto di quanto sia stata profonda la svolta. Padun ha lo sguardo simpatico, l’ha sempre avuto. Ci sono gli ucraini serissimi e quelli spiritosi, come ad esempio Popovych: Mark è fatto così.

Che cosa è cambiato?

E’ stato tutto sorprendente anche per me, un successo. A maggio ho lavorato tantissimo in altura, parliamo di più di 25 giorni fra Andorra e Teide, e ho perso quattro chili e mezzo, che è davvero tanto. In vita mia ho sempre avuto ottimi numeri, ma anche il problema del peso. E questa differenza ha inciso tantissimo.

Come hai fatto a buttarne giù così tanti?

In altura si brucia di più, ma soprattutto ho imparato a mangiare. Prima, se dovevo fare cinque ore, mangiavo un piattone di pasta e poi durante l’allenamento quasi niente. Ho sempre stressato molto il mio corpo, forse troppo. Adesso ho imparato a ridurre l’apporto di carboidrati e a distribuirli meglio: prima, durante e dopo lo sforzo. Non è andata neanche male, se posso dire (ride, ndr), visto che a me piace tanto la carne.

Cosa cambia in salita con 4,5 chili in meno?

Vado con gli stessi rapporti, ma li giro più velocemente e con meno fatica. Nell’ultima tappa del Delfinato, ero a 390 watt, poi ho smesso di guardarli e sono partito. Visto che non riuscivano a prendermi, mi è venuto il dubbio di aver aumentato la spinta. Così ho guardato, ma i watt erano sempre quelli. E’ come portare cinque borracce in meno, si sente…

Sei passato professionista con vittorie importanti, da Capodarco alla classifica della Fleche du Sud: pensavamo tutti che saresti arrivato prima a questi livelli…

Lo pensavo anche io, ma ho iniziato a sbagliare, facendo troppo e nel modo meno giusto. Durante l’ultimo inverno però, è intervenuto Paolo Artuso, il mio preparatore, e abbiamo messo ordine a tutto quello che facevo. Che io abbia il motore l’ho sempre saputo, ma va gestito, programmato, preparato.

Può esserti mancato qualche riferimento al passaggio tra i pro’?

Un po’ forse è quello, ma non sarebbe bastato continuare a fare le cose che alla Colpack mi permettevano di vincere. Qua si va fortissimo, gli sbagli che facevo nei dilettanti non sono più consentiti.

Sbagli?

Quello fra gli under 23 è stato un bel periodo. L’altro giorno li ho visti passare qui sul San Pellegrino e mi è venuto da sorridere. Era tanto più facile di adesso. Sembrava che per vincere bastasse non mangiare i dolci e in effetti era così. Bastava poco. Ero più giovane, alle corse andavamo a divertirci. Nel WorldTour serve soprattutto concentrazione.

Spiega meglio.

Qualcuno mi diede questo consiglio, non ricordo chi, ma lo trovo azzeccatissimo. Puoi lavorare alla perfezione per 300 giorni all’anno, ma se perdi la concentrazione per una settimana, puoi anche buttare tutta la stagione. Tenerlo presente, ti salva da tante situazioni, in cui rischi di mandare tutto a monte.

Da solo nell’ultima tappa del Delfinato: Padun arriverà con 1’36” sul secondo
Da solo nell’ultima tappa del Delfinato: arriverà con 1’36” sul secondo
Dove vivi adesso?

Mi sono spostato ad Andorra, per una serie di motivi, non ultimo il fatto che rispetto all’Italia per noi ucraini è molto più semplice avere i documenti. E poi c’è il vantaggio dell’altura. Normalmente quando ho lavori da fare, mi alleno da solo e in quel caso ho lo sguardo fisso al misuratore di potenza. Invece nei giorni più liberi esco con altri corridori e il display neppure lo guardo.

Prossima tappa il Tour?

Non ho ancora la convocazione, ma dovrebbe essere così.

Con quali ambizioni?

Non di classifica, perché c’è chi l’ha preparata. Però ora che so di poter vincere le tappe di montagna, magari posso pensare a quelle. Se poi un domani decideremo di provare a tener duro, vorrà dire che cominceremo a lavorarci per tempo. Ad ora per la classifica abbiamo gente più attrezzata.