«Mi sentirò seduto sulle spalle dei giganti che mi hanno preceduto», poi Rizzato fa una pausa e percepisci il cambio di ritmo. Il telecronista cede il posto al ragazzo e l’emozione diventa palpabile. Chiediamo spesso ai corridori che cosa provino debuttando al Tour, ma è la stessa domanda cui potrebbe rispondere chiunque l’abbia vissuto, a vario titolo e nel suo ambito. Stefano (in apertura sulla moto all’ultimo Giro, foto Mirrormedia) sarà la voce di Rai Sport nella prossima edizione della corsa francese, in un passaggio professionale che non lascerebbe insensibile neppure il più cinico dei cronisti. Figurarsi chi vive lo sport da dentro e con passione.
«Se abbiamo una virtù in un’azienda così storica – riflette – è quella di poter imparare da chi è venuto prima di noi e che poi ci affianca. E’ una grande ricchezza che vale per le grandi e le piccole cose. Chiaro che io ci dovrò mettere del mio, la mia personalità. Ci dovrò mettere la chimica con Stefano Garzelli, che già ho sentito ottima al Delfinato. Stefano è una persona che si prepara tantissimo, che ha un grande entusiasmo…».
Debutto ritardato
Il campionato italiano della crono è alle spalle, l’avventura francese avrà inizio la prossima settimana, ma in realtà è già iniziata da un pezzo. Stefano avrebbe dovuto debuttare alla conduzione alla Freccia Vallone e poi alla Liegi, ma il Covid l’ha costretto in casa.
Il passaggio dalla moto alla postazione non è semplice. Non è solo, come pensa una buona fetta degli appassionati dal divano, prendere un microfono e parlare. Almeno non lo è se vuoi che le parole raccontino, coinvolgano, informino. Dietro quel microfono il più delle volte ci sono persone che studiano e si mettono in gioco, pur sapendo di essere esposte al giudizio spesso frettoloso di chi non ha il tempo e nemmeno il gusto di approfondire.
Come è successo che dalla moto sei passato alla postazione?
E’ un percorso che mi hanno proposto Alessandra De Stefano e Alessandro Fabretti, con l’idea di affiancare in modo un po’ più stabile Pancani, che poi è fulcro di tutto il progetto. Nel senso che Francesco mi affiancherà in questo percorso, essendo anche lui al Tour a fare lo studio e il coordinatore. Sarà fondamentale averne il supporto e i consigli. Di Tour ne ha seguiti diversi, il mestiere lo fa meglio di tutti e per me l’opportunità vera è quella di poter imparare da lui.
Nessun avvicendamento, insomma?
Questo vorrei che fosse chiaro. Per me non sarà tanto dire di aver messo la bandierina sul Tour de France e aver raggiunto uno dei miei sogni da bambino, ma la grande opportunità professionale e anche umana di fare il Tour imparando da uno che in tutti questi anni l’ha raccontato al meglio. Francesco è il numero uno: non c’è nessun passaggio di consegne, ma piuttosto un bellissimo rapporto fatto di stima profonda e del grande piacere di lavorare insieme.
Al Giro hai dovuto prendere il suo posto…
Al di là della parte emotiva (il toscano è dovuto correre infatti da sua madre Anna, che si è spenta pochi giorni dopo, ndr), è stato difficile gestire la postazione avendo in testa la moto. E’ un lavoro totalmente diverso. E’ una telecronaca, ma al tempo stesso è come se fosse una conduzione.
Che cosa significa?
Di fatto avevo da interpellare altre sette voci, fra il commento tecnico di Petacchi e Giada (Borgato, ndr), quello sulla storia e le storie con Fabio Genovesi. Poi c’erano il professor Fagnani da Radio Informazioni e le due moto di Saligari e Martini. Altre volte in modo più sporadico c’era un collegamento dall’arrivo, che poteva essere con Antonello Orlando o altri. Se si aggiunge la finestra sul Processo alla Tappa, le voci diventano otto e si capisce che è un lavoro molto particolare.
E’ stato difficile subentrare?
La verità è che la macchina già camminava bene, quindi l’obiettivo fondamentale era di non farla schiantare. Tenerla dritta fino al ritorno del titolare. Le varie voci già dialogavano bene, io ho approfittato di un lavoro che era già stato impostato da Francesco. Ho cercato di farlo innanzitutto con sobrietà, perché comunque non era casa mia. Ero il supplente e quindi aspettavamo tutti che Pancani tornasse.
Il Tour sarà invece casa tua. Come ti sei preparato?
Ho fatto un lavoro grosso sulla storia, sia per i consigli di Alessandra sia per l’idea che mi ero fatto io. Non si può raccontare un Tour senza capire bene cosa c’è alle spalle. Si parla tanto della sua magnitudo come se fosse un terremoto, si parla di tutto quello che c’è intorno e della sua grandeur, ma è importante capire quel che c’è stato prima.
Come ti sei mosso?
Sono andato a caccia delle fonti migliori e le ho trovate in un cofanetto di tre volumi bellissimi curati da L’Equipe per il centenario. E lì tra foto pazzesche e racconti bellissimi, mi sono veramente perso dentro la storia del Tour. Ne sto uscendo adesso, sto arrivando giusto alla partenza e sento di avere capito meglio il romanzo del Tour de France. Confesso che prima non avevo questa conoscenza così approfondita.
Cosa ti ha colpito?
Avevo sempre sentito dire che il Tour avesse una grande storia, ora ho scoperto che è fatta di un sacco di episodi e di dettagli attraverso cui capisci che sia una corsa anche molto crudele. E’ nata per esserlo, per essere cattiva. E’ un dialogo tra passato e presente che spero di riuscire a portare poi in trasmissione.
Quale dei Tour che hai scoperto ti sarebbe piaciuto raccontare?
Se fossi francese, direi uno di quelli con il duello fra Anquetil e Poulidor. Quando hai due personaggi così, è chiaro che vivi il Tour in modo particolare. Quello che fu definito il Tour dei Tour se non sbaglio fu quello del 1964, con Anquetil che vinse per 55 secondi. Non sarebbe male avere due personaggi così, trovare oggi un duello che sia all’altezza di quello o ci si avvicini anche solo un po’. Adesso c’è un gigante e tutti gli altri che cercano di non arrancare e di unirsi contro di lui. Ma chi può dirlo? Magari vivremo una bella sfida anche quest’anno…
Come fa un giornalista, che con la moto è nel gruppo, a raccontare la corsa senza vedere nessuno?
Siamo al cuore del discorso ed è una cosa che ha occupato molti dei miei ragionamenti. Anche se si farà cronaca, l’obiettivo è proprio portare dentro il racconto quello che ho vissuto sulla moto e attraverso tante interviste. Al Tour non abbiamo il supporto degli inviati in gruppo, quindi vorrei portare nella diretta un po’ della strada da cui vengo. Se ci pensate, tutti quelli che mi hanno preceduto, lo stesso Pancani che lo fa ancora, sono passati dalla moto. Ti dà un occhio diverso, più coinvolto. Si può dire davvero che sono un telecronista preso dalla strada.
Prima hai parlato del tuo sogno di bambino…
Io ho cominciato da un sito, Cicloweb. I primissimi passi li ho fatti lì da appassionato di ciclismo. Poi, mano a mano, mi sono avvicinato al giornalismo facendone un mestiere. Mi sono occupato di tante cose diverse che non avevano a che fare con lo sport, fino a quando sono entrato in Rai nel 2016. Quindi è chiaro che il Tour sia la realizzazione di qualcosa di grande e di importante che sognavo da appassionato di sport e di ciclismo. Il percorso è stato tortuoso e particolare come quello di tutti.
Ai cronisti televisivi si rimprovera il fatto di sprecare troppe parole raccontando cose che si vedono già nelle immagini. Si può evitare?
Posso dare due parti della risposta. Una viene proprio da quello che mi ha insegnato la moto, che è fatta per raccontare quello che non si vede. Quell’abitudine è bene non perderla. E poi devo ammettere con grande onestà che avere come guida Alessandra De Stefano e Alessandro Fabretti, che di ciclismo ne hanno visto e raccontato tanto, e avere Francesco Pancani in prima linea, mi aiuterà a non cadere nell’errore.
Cosa c’è nella borsa di Rizzato per il Tour?
Sempre troppe cose. Sicuramente il computer ce l’ho quasi sempre davanti, ma quella è una deformazione. Adesso ho una divisione abbastanza maniacale tra le cose da consultare sul computer e quelle che invece stampo e tengo in un quadernone. Nel computer guardo più l’aspetto statistico in corso d’opera, tengo sempre un occhio sui social media, perché qualche cosa che sfugge all’occhio nei vari schermi c’è e magari viene captata da un appassionato.
Quando si parte?
Il 28 giugno, martedì prossimo. Ormai manca davvero poco.