Il Tour de France come primo Grande Giro non sarà un’esperienza da poco. Per questo Michele Gazzoli nel parlarne sta un po’ sul chi vive, con la voce che lascia trasparire un’immensa emozione. Un conto è essere inseriti nel gruppo di coloro che lavorano per andare, altra cosa è ricevere una maglia per la corsa più grande che ci sia e per giunta con un compito da far tremare le ginocchia. Aiutare Mark Cavendish, il suo idolo di sempre, a centrare il record di tappe.
«Alla fine siamo lì per lui – dice – alla ricerca della trentacinquesima vittoria. Io avevo i suoi poster in camera. Avevo la sua immagine profilo quando ero bambino. Avevo comprato tutte le sue cose, le sue scarpe, la sua bici, i suoi occhiali. E adesso vado al Tour con il mio idolo per battere un record. Penso che di più non potrei chiedere, no? E’ come uno che cresce guardando Ronaldo e a un certo punto gioca la Champions con lui».
Quando hai saputo di essere stato convocato?
Martedì scorso, una settimana fa. Sicuramente ci speravo, avevo fatto tutto per andare al Tour. Avevo corso in Ungheria, poi il ritiro di Sierra Nevada e alla fine il Delfinato. Tutto con il gruppo Tour, quindi non è stata una sorpresa. C’era una lunga lista. Poi è successo che Schelling si è ammalato e anche Battistella, mentre io stavo bene e alla fine è toccato a me. Però quando me l’hanno detto, ovviamente un piccolo colpo c’è stato. Insomma, sto andando al Tour de France…
E’ la corsa dei sogni?
Nel mondo del ciclismo, sappiamo tutti che il Tour è il Tour. E’ la corsa che guardi per forza, che ti fanno vedere le immagini e i risultati da tutte le parti. Arrivi a sera e in qualche modo hai saputo chi ha vinto la tappa. In più mettiamoci questa cosa di Mark e ci vuole un attimo perché diventi la corsa dei sogni.
A Mark hai mai raccontato di quanto fossi suo tifoso?
Certo! Il bello di Mark è che è una persona veramente di cuore, lui ti vuole proprio bene. Prima che essere compagno di squadra, ha la capacità trasmetterti affetto. Io sono giovane, quindi per lui potrei non essere nessuno. La prima volta ci siamo incontrati l’anno scorso in Turchia e io ero super imbarazzato. Vedi il tuo idolo, ci sei in squadra insieme. E invece lui è arrivato e mi ha abbracciato. Sapeva che avevo vinto in Norvegia, sapeva già tutto di me. E io sono rimasto a bocca aperta. Non sono uno che ha dei pregiudizi, però onestamente da fuori vedevo una persona abbastanza distaccata, come è giusto che sia per un campione. Uno così non può essere attaccato a tutti, come fai? Devi sempre prendere quella mezza distanza, sia con la stampa sia con i fans, che ti permette di andare avanti. Per qualcuno puoi sembrare antipatico, ma ora che ho vissuto accanto a lui, ho capito cosa voglia dire essere Mark Cavendish.
Che cosa significa?
Non hai vita. A qualsiasi gara tu vada, hai una folla fuori dal pullman per Mark Cavendish. Lui ci prova ed è cordiale con tutti, però trovi sempre il momento… Siamo esseri umani! Quindi è molto meglio di come me l’aspettassi, senza però che mi fossi fatto un giudizio prima. Non lo conoscevo e spesso, quando conosci bene una persona, si rivela meglio di come te l’aspettavi.
Per Michele Gazzoli andare al Tour significa sacrificarsi completamente per Cavendish o ci sarà la possibilità di fare qualcosa per te?
Il primo obiettivo è Mark, sicuramente: su questo non c’è dubbio. Poi anche con la squadra si è detto che se si creerà un’occasione positiva, si potrà provare. Una tappa al Tour ti può cambiare veramente la carriera, la vita.
Avete già studiato le tappe in cui attaccare il record?
Non so dire le tappe esatte, numero per numero. So che le prime due saranno da salvarsi, mentre la terza è già un’ottima occasione. Si va in Pianura Padana che è anche meglio della Francia, perché comunque è veramente tutta piatta. Quindi quella secondo me può essere già una gran bella occasione. Le altre tappe le sta vedendo Renshaw nei vari sopralluoghi. E poi sicuramente, quando saremo lì, faremo tutti un meeting per vedere più approfonditamente tutte le tappe per Cav.
Sai già quale sarà la tua collocazione nel suo treno?
Dovrei essere davanti a Ballerini. Quindi io, Ballerini, Bol, Morkov e Cavendish. Sarà una bella sfida. Quando si parla di Tour, Cav cambia. Io l’ho proprio visto dal UAE Tour, che era a inizio anno. L’ho visto alle gare in Italia, in Ungheria e l’ho visto a Sierra Nevada. Per il Tour, Cav è un’altra persona. Fa proprio uno switch mentale.
Visto che sei veloce anche tu, da uno come Cavendish sei riuscito a imparare qualcosa?
Ho imparato a fare le volate. Ho fatto con lui lunghi periodi di training camp e abbiamo corso parecchie volte insieme. L’ho vissuto tanto e alla fine impari. Un conto è fare le volate da under 23 che alla fine vinci con la forza senza grandi tatticismi. Invece con lui ho visto come si crea una volata, cosa devi fare. E’ una cosa completamente diversa da come le facevo io. Sprecavo un sacco di energie, poi sul più bello non ne avevo più. Cav invece ti parla in radio, ti dice quello che devi fare e a forza di farlo, impari come muoverti. L’ho visto al Delfinato, nella prima tappa che ha vinto Pedersen.
Come è andata?
Ho fatto un buon risultato (sesto, ndr), ma non era certo la mia volata perché era in discesa e negli ultimi 5 chilometri abbiamo fatto i 103 all’ora. Ho preso tante botte e non sono stato capace di uscire. Però avevo in testa ciò che avevo imparato da Mark su come si fanno le volate e quanto dovevo aspettare. Perché alla fine per vincere devi saper aspettare e quel giorno alla fine non mi è uscita una super volata, perché sono rimasto chiuso, ma prima non l’avrei neanche fatta.
Senza rivangare episodi poco felici, avresti mai immaginato di passare in un anno dalla sospensione al Tour de France?
Ne stavo parlando anche con il mio preparatore, con Mazzoleni, che c’è sempre stato e mi ha sempre dato una mano anche quando ero lontano. Continuo a dire che la sospensione sia stata una cosa giusta. C’è un regolamento, non l’ho rispettato e mi sono meritato quello che è venuto (Gazzoli è stato squalificato per aver usato uno spray nasale non consentito, ndr). Anzi, sarebbe stata una cosa sbagliata non essere punito, perché avrei creato un precedente. Però ovviamente quando vedi tutto buio, è normale starci male. E sicuramente non pensavo che in così poco tempo avrei raggiunto obiettivi tanto grandi.
Il Tour sarà il tuo primo Grande Giro, cosa metti nella valigia?
L’ho appena fatta e continuo a pensare di aver dimenticato qualcosa, perché mi pare tanto leggera. E’ vero, sarà un debutto col botto, per cui se ho portato qualcosa in meno avrò diritto al perdono. Partiamo per 21 giorni, in più a Firenze ci daranno un sacco di materiale nuovo. Io per non sbagliare il casco e le scarpe li ho. E poi c’è una cosa che mi porto dietro da quest’anno ed è il mio portafortuna: un elastico della mia ragazza, che mi ha regalato prima di andare in Australia. Diciamo che ogni volta controllo che ci sia. Anche se non lo vedo ogni volta che apro la valigia, mi piace sapere che c’è. Ma vi giuro che sono in ansia, qualcosa ho dimenticato di sicuro…