Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Nicolas Roche subito dopo la Nova Eroica, la “gravelfondo” organizzata a Buonconvento (Siena) dove l’ex pro’ irlandese (ha chiuso la carriera lo scorso anno dopo 17 stagioni) si è divertito non poco tra la polvere degli sterrati toscani.
Tempo di mandare giù una fetta di cocomero dopo l’arrivo e ci sediamo per chiedergli com’è andata.
«Proprio bella! Ho fatto tre-quattro Strade Bianche in carriera – risponde – ma devo dire che farle con le gravel che ora vanno di moda è una nuova sfida. E poi i quattro tratti cronometrati si fanno a tutta come se fossero quattro crono. Molto intensi».
Discorsi da ex fra Roche e Visconti, entrambi freschissimi di ritiro Al via di Nova Eroica c’è ovviamente anche l’organizzatore Brocci La passione per la gravel è esplosa: Roche correrà in coppa del mondo nel 2023?
Pensi che il gravel sia una moda?
In realtà no. E’ un nuovo piacere che sta aprendo nuove porte. Non c’è bisogno della tecnica della mtb e secondo me siamo solo all’inizio del mondo gravel.
Da quest’anno sei un ex professionista. Ti manca lo stare in gruppo o era arrivato il momento di dire basta?
Era arrivato il momento di dire basta, non rimpiango la mia decisione, ma se sei uno competitivo questa caratteristica ti rimane nell’anima. Ad esempio quest’inverno ho partecipato alla versione irlandese di Ballando con le Stelle e allenandomi sei-sette ore al giorno.
Da dove è saltata fuori questa opportunità di Dancing with the Stars?
Me lo hanno proposto loro lo scorso ottobre. Ho chiesto: Quando è? A gennaio. Gennaio? Non c’è nulla in gennaio, andiamo! Non sapevo a cosa andavo incontro. Senza saper ballare. Ma avevo bisogno di una sfida fuori dal ciclismo che rappresentasse uno stacco col passato, con l’abitudine di andare ogni giorno in bici, fare la dieta…
In qualche filmato si vede che avevi una coach tosta…
Sì, Karen è molto dura e spesso volevamo dare cazzotti al muro tutti e due o urlare dalla finestra. Si arrabbiava con me perché io alle sei di mattina cercavo di ritagliarmi un’ora di rulli, ma lei mi diceva che quest’esperienza era unica e che la bici avrei potuto riprenderla a marzo. Più di una volta mi ha mandato nella stanza accanto per cinque minuti a… farmi due passi. Però ho capito che aveva ragione e per un mese e mezzo non mi sono allenato con la bici. Un’ora al giorno non aveva senso e non volevo avere rimpianti di non allenarmi al top per il ballo.
Da quest’anno sei anche ct della nazionale irlandese. Come la vivi?
E’ una missione finalizzata ad europeo e mondiale. A differenza di quello che succede qui in Italia, noi non corriamo da altre parti.
L’anno scorso ha smesso anche Daniel Martin. Su quali corridori puntate?
Vediamo come va Sam (Bennet, ndr). Nel 2021 ha avuto un anno catastrofico e ora va al Tour sperando di ritrovare la gamba di due anni fa. Poi abbiamo Eddie Dunbar che ha vinto alla Coppi e Bartali e sta crescendo e Ben Healy della EF che è giovane e secondo me ha del talento.
Poi c’è stata la mini serie “Giro Reflections” girata da Bianchi Media House durante l’ultimo Giro d’Italia. Quattro puntate tra Ungheria, Sicilia, Napoli e, infine, le Alpi fino a Verona. Tra gulasch ungherese, arancine siciliane e pizza napoletana cosa ti è piaciuto di più?
Direi la pizza napoletana, ma sul Mortirolo è successo un fatto imcredibile. Abbiamo fatto la scalata in notturna (a parte il fatto che negli ultimi tre chilometri mi si è scaricata la luce e ho dovuto seguire a vista la luce del cameramen che mi precedeva in auto) ed abbiamo finito alle 22,30. Tutti i posti chiusi per mangiare. Alla fine ci siamo salvati chiamando un rifugio due chilometri dopo il valico e la signora ci ha preparato i pizzoccheri alle undici di sera.
E sull’Etna hai pedalato con l’e-bike. Che impressioni hai avuto?
Bellissimo, era la prima volta che la provavo ed ho capito perché sta avendo questo boom. La verità è che puoi scegliere il tuo grado di sofferenza.
Infine, a Verona hai preso in mano il trofeo del Giro indicando, tra i nomi dei vincitori incisi, quello di tuo papà nel 1987.
Sì, quel trofeo (la sua voce scende di un tono, più rispettosa, ndr) è a casa dei miei nonni in Irlanda ed ha un significato molto profondo per me, da quasi 35 anni. Non esistono nello sport tanti trofei così simbolici come quello. E’ come la Coppa del mondo di calcio. Nemmeno il trofeo del Tour è cosi iconico.
A proposito di Tour, fra pochi giorni si parte. Pogacar è davvero imbattibile?
Fisicamente è molto forte. Ma come si dice in gruppo, il Tour è il Tour, nel senso che è una corsa talmente intensa che ogni curva può rappresentare un pericolo o una sorpresa. Quindi non basta essere il più forte. E poi ci sono gli avversari, primo fra tutti metto Roglic che ha fatto vedere di avere forse la squadra migliore e di essere nella condizione di giocarsela.
Alla Vuelta del 2015, Roche batte Zubeldia sul traguardo di Riaza Nel 2019, invece, Roche in maglia di leader per tre giorni
Alla Vuelta del 2015, Roche batte Zubeldia sul traguardo di Riaza Nel 2019, invece, Roche in maglia di leader per tre giorni
Per concludere, progetti futuri?
Ho un’idea un po’ folle che mi gira in testa da un paio di settimane: l’anno prossimo potrei allenarmi un po’ di più e fare sei-sette gare della Coppa del mondo di gravel. Un po’ perché mi sono innamorato di questa disciplina, un po’ perché sono “addicted”, dipendente, dal viaggiare.
E un po’ perché, aggiungiamo noi, l’agonismo non sparisce dall’oggi al domani.