BENIDORM (Spagna) – Volto, atteggiamento, entusiasmo e persino i brufoli sono quelli di un ragazzo come tanti. E forse Giulio Pellizzari lo è anche, solo che ha anche il pregio di andare forte in bici. Molto forte. Il gioiellino della Green Project-Bardiani, che dal primo gennaio diventerà VF Group-Bardiani-Faizanè, è con la sua squadra in Spagna. Anche loro sono nel pieno del ritiro. Vogliono fare le cose ancora meglio.
Parliamo con il marchigiano mentre affida i suoi muscoli alle mani di Emanuele Cosentino. La stagione che si appresta ad arrivare si presenta davvero come un bel trampolino di lancio per Pellizzari. Dopo la bella annata, in tanti, a partire da lui stesso, si aspettano belle cose da Giulio.
Il “quadro”: Pellizzari diventa pro’ a 18 anni, dagli juniores viene inserito direttamente nel gruppo dei giovani guidato da Mirko Rossato nel 2022. Giulio viene gestito alla perfezione dalla famiglia Reverberi e da chi gli è intorno: 5.671 chilometri in 42 giorni di gara nella prima stagione, 7.936 chilometri in 58 giorni di corsa in quest’ultima. Un buon 35 per cento in più. Una crescita graduale, ma senza stare troppo alla finestra. I tempi non lo permettono più.
A parte un po’ di raffreddore che sappiamo hai avuto nei primi giorni di ritiro, come vanno le cose, Giulio?
Direi benone, siamo qua con la squadra. Ci alleniamo bene.
Sei giovanissimo, ma sei quasi un “vecchietto” ormai in questa squadra. Alla fine sei al terzo ritiro invernale…
Eh già! Però comunque sono sempre considerato uno dei giovani, quindi finché sono considerato così direi che va bene. Rispetto al primo ritiro mi sento più maturo. E dal punto di vista fisico sopporto molti più carichi di lavoro. Ma come ambiente è sempre lo stesso: tranquillo, familiare ma con uno staff preparatissimo.
Cosa hai messo dunque nella valigia per venire qui?
La consapevolezza, sai quello che ti aspetta. Mentre nel concreto la valigia è sempre la stessa. Avevo molta più voglia di venire rispetto ad altre volte. Diciamo che quando parto da casa mi dispiace sempre, però questa volta non vedevo l’ora di venire qui perché sto bene con i compagni, quindi non mi serve chissà cosa per ammazzare il tempo. Ci sono loro: ridiamo, scherziamo…
Cosa ti aspetti per la prossima stagione?
È ancora presto per dire quello che sarà. Volendo potrei ancora fare il Giro Next Gen, ma ci sono davvero molte corse sul piatto, tra cui il Giro d’Italia, quello vero. E il sogno sarebbe quello. Penso che non sarà facile. Bruno (Reverberi, ndr) mi ha detto che se me lo merito mi porta.
Tutto sommato ci sta, dopo una stagione tanto corposa e un Avenir che ti ha visto secondo e protagonista perché non esserci? Ormai siamo nell’era in cui a 22 anni non compiuti, si è vinto il Tour de France… Perché Giulio Pellizzari non può provare a fare il Giro?
E’ tutto un altro mondo rispetto all’Avenir. Quello è un terzo del Giro d’Italia. Comunque sia non andrei a far classifica. Sarebbe più un test e questo mi consentirebbe di viverlo in modo più tranquillo. Quando devi fare classifica un grande Giro diventa molto duro di gambe, ma anche di testa perché devi sempre limare, stare attento a tutto per tre settimane.
Hai chiesto qualcosa in merito alla corsa rosa ai tuoi compagni più esperti, magari a Covili che ci prova a fare classifica?
Sì, sì. Per esempio ne ho parlato con Marcellusi. Gli ho detto: «Martin immagino quanto sia duro». E lui: «No, non te lo puoi immaginare se non lo hai fatto!». Una botta di fiducia! In generale siamo una squadra che punta più alle tappe che non alla classifica, quindi alla fine l’obiettivo è quello metterci in risalto per le fughe.
Una stagione che ti chiama ad un ulteriore salto e che vede il tuo sviluppo fisico, 20 anni compiuti da una manciata di giorni, cambierà qualcosa nella tua preparazione? Ne hai già parlato con chi ti segue (Leonardo Piepoli) di aumentare i carichi?
Leonardo l’ho visto qui in ritiro giusto qualche giorno fa, era di passaggio. Riguardo alla preparazione chiaramente ruota tutto intorno all’eventuale presenza al Giro. Se dovessi farlo la stagione sarebbe improntata su quello, quindi più altura rispetto rispetto agli altri anni, carichi di lavoro differenti. In più riguardo ai cambiamenti, da quest’anno sono seguito da una nutrizionista esterna, Erica Lombardi.
Però Pellizzari nella passata stagione non ha fatto bene solo nelle classifiche generali delle corse a tappe. Hai vinto il Giro del Medio Brenta, sei stato secondo al Recioto e hai ottenuto altre vittorie nelle tappe delle varie stage race. Alle corse di un giorno ci pensi? Magari anche quelle U23, oppure si è definitivamente voltato pagina con questa categoria? Insomma di quale gruppo fai parte: pro’ o under 23?
Quest’anno ero un po’ una via di mezzo, anche se comunque ho corso tanto con i professionisti. L’anno prossimo spero di fare ancora più corse con i professionisti. Diciamo che questo 2023 è stato più un esame. Certo, non sono passato con 30 e lode, direi con un 27 che mi prendo e mi porto a casa!
Cosa butteresti via dell’anno appena concluso? E cosa invece terresti stretto e emoziona ancora pensarci?
Butterei il Giro d’Italia under 23, sicuro. Neanche è andato male… non è andato proprio! Non sono partito perché stavo male. Ed è stato un peccato perché ci avevo lavorato tanto. Il miglior momento invece – Giulio fa una pausa – boh, forse l’Avenir. La vittoria dell’ultima tappa? No, no, no… Il terzo posto nella quarta tappa del Tour of the Alps. Quello è stato il momento più emozionante.
Perché?
Perché è stato un primo grande palcoscenico. Sì, qualche corsa con i pro’ già l’avevo fatta, ma quella era la prima volta che mi giocavo una gara, una gara importante. Una gara che avevo sempre visto in televisione ed ora ero lì anche io. E poi non scorderò mai la gente che in salita diceva il mio nome. E’ stato ancora più emozionante.
Siparietto turco
Dietro di noi ci sono un paio di compagni di Pellizzari. Dopo quest’ultima domanda gli fanno notare che un’altra buona prestazione è stata quella al Giro di Turchia a fine stagione.
«Caspita, Giulio – dicono in coro – anche al Turchia, nella tappa in salita. Sei andato forte. C’era la UAE Emirates a tirare. Erano convinti di aver staccato tutti. Poi si sono girati e ti hanno visto lì. Gli è crollato il mondo addosso». Allora Pellizzari risponde: «Sì, lì è andata bene. Ma il livello del Tour of the Alps era ben diverso». Un siparietto, simpatico, che però denota anche la consapevolezza del corridore.
Il pubblico italiano aspetta senza pressioni. Con la speranza che questo atleta, questo ragazzo, non perda mai la sua semplicità naturale, marchigiana, genuina. E la sua forza chiaramente.