Quando lo abbiamo raggiunto al telefono Sacha Modolo stava facendo le valigie per la Vuelta. «Ho il volo a breve». Il suo tono era squillante, nonostante il veneto venga da una stagione (ma sarebbe meglio dire tre) a dir poco complicata e, aggiungiamo, sfortunata.
Eppure il corridore della Alpecin-Fenix non si è perso d’animo e ha continuato a lavorare. Non è stato facile, per sua stessa ammissione, ma tant’è.
Sacha, parti per la Vuelta quindi, ma come parti?
Con tanta voglia di fare bene e al tempo stesso con la consapevolezza di non essere al 110 per cento. Bisogna considerare che è la quinta gara della mia stagione e che l’anno prima praticamente non ho corso.
Però qualche timido segnale lo abbiamo visto…
Infatti pensavo peggio. Al Wallonie siamo andati veramente forte, ma mi sono salvato bene. Arrivavo con il gruppo davanti, solo che poi ero senza gambe per fare la volata. Ma era normale dopo tanto tempo lontano dalle gare. Però ero fiducioso perché sapevo che la condizione sarebbe andata a migliorare e infatti a Burgos sono riuscito a disputare la prima volata della stagione, facendo settimo. Mi spiace che nella prima tappa sia caduto e abbia preso una botta al costato che mi ha un po’ condizionato. E’ vero che l’arrivo era forse un po’ duro per me, ma magari se avessi fatto anche quello sprint, quello successivo sarebbe potuto andare meglio. Però dai, pian pianino si torna a migliorare. Ci vuole calma. Andare alla Vuelta già è tanto.
Come si fa a non saltare di testa dopo tanti problemi. Adesso il ginocchio, ma prima i problemi con lo stomaco, il glutine, la pandemia…
Eh – sospira Modolo – non è facile. Di fatto è dal 2018, dalla mia ultima vittoria (una tappa alla Vuelta Andalucia, ndr) che non sto bene e non riesco a fare una stagione senza intoppi.
Come ti sei allenato per questo rientro?
Mi sono affidato al preparatore della squadra dalla A alla Z. Ho seguito le sue tabelle, i lavori specifici. Forse si poteva rientrare anche un po’ prima del Wallonie, ma lui mi ha detto di stare tranquillo e di lavorare bene. Così ho fatto e onestamente credevo di fare più fatica.
Sei stato anche in altura?
Sì, 15 giorni a Livigno, poi sono sceso e una settimana dopo appunto sono andato al Wallonie.
Hai fatto tanti chilometri? Perché ci avevi detto che non ve ne fanno fare tantissimi in Alpecin…
Vero. I chilometri li ho fatti a Livigno, ma proprio perché ero lì, altrimenti le 6 ore sono una rarità. In montagna invece ho fatto anche 6-7 ore per mettere sotto stress il ginocchio e vedere come reagiva. Raramente con le loro tabelle supero le 4-5 ore, ma sono ricche di esercizi che certe volte quando torni a casa devi buttarti sul divano!
Sei in scadenza di contratto, hai parlato con la Alpecin?
No, ed è stata anche una scelta mia. Che senso avrebbe parlarne adesso? Ho corso talmente poco: l’infortunio, il Covid, il ginocchio… Devo dirgli solo grazie perché non solo non mi hanno mai messo in discussione e mi hanno pagato regolarmente, ma mi hanno anche assecondato. Per esempio, sono stato io che ho chiesto di fare la Vuelta. Con la mia situazione avrebbero tranquillamente potuto dirmi di no e invece mi hanno detto: tranquillo Sacha, era nei programmi andrai in Spagna. Questa è una professional solo di nome, di fatto è uno squadrone.
Che ruolo avrai?
Dovrò aiutare Philipsen nelle volate. Io almeno ai capi avevo detto così, ma poi loro mi hanno detto: «Okay, ma resta anche concentrato su di te, se avrai qualche opportunità». E poi ci sono dei giovani. C’è l’australiano Jay Vine che va forte. E come lui in squadra ci sono altri ragazzi davvero interessanti. Non li conosco bene, perché come ripeto ho corso poco, ma in questo team crescono bene e adesso capisco perché a 23-24 anni vanno così forte.
Perché?
Perché la squadra è eccezionale. Ti dice e ti segue in tutto: quando, cosa e quanto mangiare, come bere in corsa, le tabelle, l’idratazione, cosa fare quando sei a riposo… Quando ero giovane io, c’era ancora la vecchia scuola: testa bassa e menare. Non avevi uno staff dietro. A sapere tutte queste cose a 24 anni…
In effetti sarebbe stato un bel potenziale. Torniamo alla Vuelta: quest’anno il percorso sembra favorire un po’ più del solito i velocisti…
Ho sentito che è un po’ meno dura, ma io le tappe le scopro il venerdì quando ci consegnano il Garibaldi, che non so come si chiami in spagnolo! Conosco i chilometraggi e le prime tre frazioni, che più o meno sono le stesse fatte a Burgos la scorsa settimana. In ogni caso non ho obiettivi così specifici. Diciamo che sono riposato, dai! E’ meglio non pensare a quanto hanno corso gli altri e a come ci arrivo io. Peccato perché questa poteva essere una bella stagione.
A proposito: il mondiale di Leuven sarebbe perfetto per il miglior Modolo…
Eh già! Ero partito per guadagnarmi la nazionale. Magari fare il capitano sarebbe stato difficile, però ho esperienza da vendere per le gare lassù, per aiutare i compagni, per stare davanti. Oh, poi magari vinco quattro tappe e cambia tutto, ma per adesso non ci penso. Penso solo a fare bene e a trovare un contratto. Perché vorrei fare altri due anni, ma fatti bene e senza intoppi.