Vegni, addio RCS Giro

L’ultimo Giro firmato Vegni. «Lascio una corsa in salute»

07.12.2025
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ROMA – E’ un momento che il ciclismo italiano sapeva sarebbe arrivato, ma che in pochi erano pronti a vivere davvero: Mauro Vegni va in pensione a febbraio e chiude un ciclo lunghissimo. Iniziato (e finito) con RCS Sport e al timone del Giro d’Italia, la corsa che più di ogni altra ha segnato la sua vita professionale. Lo abbiamo incontrato a Roma, pochi minuti prima che salisse sul palco dell’Auditorium per presentare il percorso 2026, l’ultimo che porta la sua firma. Sullo sfondo c’era l’emozione composta di chi sa di aver lasciato un segno profondo e insieme la serenità di chi sente di aver dato tutto. «Ma ho anche ricevuto tanto», ci tiene a ribadire.

Vegni, addio RCS Giro
L’abbraccio sincero con Cassani. Vegni lascia dopo 31 anni di RCS e 13 come direttore del Giro
Vegni, addio RCS Giro
L’abbraccio sincero con Cassani. Vegni lascia dopo 31 anni di RCS e 13 come direttore del Giro

Le sue parole raccontano l’orgoglio di un direttore che ha gestito trasformazioni, crisi, alcune delle quali nerissime come il blitz di Sanremo 2001, nuove partenze, nuovi stili di tappa e persino cambiamenti climatici… Il tutto in uno Sport e nella sua diffusione mediatica che si stanno evolvendo alle velocità della luce. Vegni stesso ad altre testate ha detto di aver iniziato che le medie erano di 37-38 all’ora ed ora si va a 44. E poi le esigenze dei team: tanti più mezzi, regolamenti e leggi stradali più stringenti.

Vegni Giro 2021
Vegni ha spesso dovuto dribblare mille problemi: la neve, gli scioperi e persino il Covid, spostando la corsa rosa ad ottobre. Era il 2020
Vegni Giro 2021
Vegni ha spesso dovuto dribblare mille problemi: la neve, gli scioperi e persino il Covid, spostando la corsa rosa ad ottobre. Era il 2020
Mauro, insomma, ci siamo. L’addio dopo tantissimi anni. A proposito, quanti sono?

Sono 31 anni. Trentuno anni di questa azienda, RCS Sport, e 31 anni di Giro d’Italia (il primo come direttore è del 2012, ndr). E’ arrivato il momento di dire basta.

Che Giro lascia?

Lascio un Giro in salute. Quello che viene per me sarà sicuramente una bella corsa rosa, che lascia spazio a più soluzioni, poi come al solito sono i corridori che fanno grande una corsa o meno. Però credo che gli ingredienti ci siano tutti per assistere ad una bella corsa.

Ha detto un Giro in salute: c’è qualcosa, in tanti anni, che le è rimasto in sospeso? Qualcosa che non è riuscito a fare?

Purtroppo i desideri sono qualcosa che rimane nella testa, però devi sempre combattere con la realtà delle cose. E su quella posso dire che mi sento a posto per quello che ho fatto.

L’arrivo a Roma? Una vera perla della direzione di Vegni (speriamo permanente)
L’arrivo a Roma? Una vera perla della direzione di Vegni (speriamo permanente)
Qual era uno di questi desideri?

Mi sarebbe piaciuto accorciare un po’ di più il gap che c’è tra Giro e Tour. Lo dico apertamente, mi sarebbe piaciuto ridurlo. Questo è uno dei desideri, delle cose da fare, che avrei voluto affrontare fino in fondo. Però è un discorso ampio, lungo e complesso.

Possiamo capire. Bisognerebbe tirare in ballo sponsor, politica… E invece il fiore all’occhiello? La cosa che l’ha resa più soddisfatta?

Ce ne sono tante. Forse per primo mi viene in mente il Giro del 2017, quello dei cent’anni. In quell’edizione abbiamo toccato le due isole maggiori per poi risalire al Nord. Fu un Giro complesso da realizzare, ma certamente importante. E un altro è stato andare per primi fuori continente per la Grande Partenza quando la corsa rosa scattò da Israele.

Uno possiamo suggerirglielo noi? L’arrivo di Roma: come si dice oggi è “tanta roba”…

Eh – sorride compiaciuto Vegni – è una eredità che si può lasciare. E’ tanta roba, soprattutto dopo quest’anno in cui abbiamo in qualche modo celebrato il nuovo Pontefice. Siamo stati i primi sportivi, il primo evento, a essere ricevuti come Giro d’Italia dal Papa. Non credo sia qualcosa che succeda spesso.

La vittoria di Marco Pantani a Montecampione nel 1998 è forse l’immagine simboli del legame fra il Pirata e il Giro. E lo è anche per Vegni
La vittoria di Marco Pantani a Montecampione nel 1998 è forse l’immagine simboli del legame fra il Pirata e il Giro. E lo è anche per Vegni
Com’è nata quella giornata? Ci racconti…

E’ una storia lunga. Attraverso alcuni personaggi importanti vicini al ciclismo, siamo entrati in contatto con persone del Vaticano alle quali l’idea è piaciuta. L’hanno portata avanti con noi, l’hanno proposta al Papa e lui ha accettato. E così siamo riusciti a creare quella giornata in cui il Papa stesso ha benedetto la carovana del Giro.

E’ cambiato il suo lavoro in questi 31 anni? Se si volta indietro, che differenze vede?

E’ cambiato notevolmente. L’investimento di tempo, rispetto a 30 anni fa è almeno 7-8 volte superiore. Adesso tutto ciò che riguarda pratiche amministrative è veramente complicato, anche perché devi dare conto a tutti: poteri pubblici, questura, prefettura, ordine e sicurezza pubblica, squadre… E’ diventato molto complesso, credetemi.

In 31 anni di Giro d’Italia avrà visto tanti campioni dal tettuccio dell’auto di direzione corsa: se chiude gli occhi, chi le viene in mente?

Me ne vengono in mente due in particolare: Marco Pantani e Alberto Contador (con lui nella foto di apertura, ndr), però Marco era… oltre. Era qualcosa che aggregava tutti. L’altro, Contador, è perché è stato un grande campione ma anche un grande uomo: posso dirlo per il modo in cui ci relazionavamo. Entrambi hanno saputo infiammare per davvero la gente che vedevo a bordo strada.

Cosa augura alla “sua” corsa?

Che chi mi seguirà riuscirà a fare ancora meglio. Questo è il mio grande desiderio.