Quando lo raggiungiamo al telefono, Tomas Van der Spiegel è incastrato nel traffico di Bruxelles che al mattino è qualcosa di pazzesco. Lui dice che somiglia a quello di Milano e lo prendiamo subito per buono. L’amministratore delegato di Flanders Classics va sempre a mille. E così, dopo aver organizzato con il suo team i recenti campionati europei di Limburg 2024, ora fa rotta sugli europei gravel di Asiago del 13 ottobre, prima che arrivi come un tornado la stagione del ciclocross.
Il motivo della chiamata è proprio la gara di Asiago, dopo la reazione di Mattia De Marchi che, parlando a nome degli specialisti, ha puntato il dito sulla data e il tipo di percorso. La data, per la concomitanza con un altro evento in Spagna: il friulano ha scelto per questo di non correre gli europei. Il percorso, additato in quanto troppo facile e di conseguenza tracciato a suo dire per favorire gli stradisti e penalizzare chi di gravel vive tutto l’anno (in apertura Wout Van Aert agli scorsi mondiali di Treviso).
Cosa pensi di questa polemica?
L’ho seguita, conosco bene Mattia. Direi per prima cosa che il gravel è una disciplina che sta cercando ancora il suo posto nel mondo del ciclismo. Conosciamo bene i problemi che ci sono con i calendari, non solo per la strada. Il ciclismo è molto popolare e il calendario è strapieno. Organizzare tutto l’anno eventi gravel per la comunità gravel è bellissimo. Anche io ne sono molto appassionato. Sono venuto a Conegliano due mesi fa per pedalare anche con Mattia. All’inizio dell’anno ho fatto The Traka da 360 chilometri in Spagna. Mi piace molto il gravel, però stiamo cercando di capire quale sia il suo posto.
Come si sceglie la data di un campionato europeo?
In quel periodo ci sono tanti eventi gravel e ancora tante gare su strada, non è facile trovare la data giusta. Si lavora con le Federazioni internazionale, con la UCI e la UEC, non sei tu organizzatore che scegli e glielo comunichi. Secondo me quello del calendario è il primo topic. E su questo sono d’accordo con Mattia che ci vuole anche tanto rispetto per la gente che fa gravel tutto l’anno e che sviluppa la disciplina.
Che cos’è per te il gravel?
E’ qualcosa di molto inclusivo per tutti e anche noi che organizziamo eventi stiamo cercando la formula giusta per le prove di campionato. E’ il metodo che in inglese si chiama trial and error, cioè provare e correggere in base ai risultati. Credo sia questo il processo che stiamo vivendo in questo momento. Magari quello di Asiago non sarà il percorso ideale, però dire che è fatto solo per gli stradisti mi sembra un po’ esagerato. Sono stato già tante volte sul posto, conosco l’area molto bene. Credo che sarà molto bello anche così e che potremo accontentare tanta gente, mentre non è sempre semplice o possibile accontentare tutti.
Ci sono tante diversità?
Ci sono gare di 100 chilometri e altre oltre i 300. Ovviamente ci sono gli specialisti delle prime e gli specialisti delle seconde. Allora credo che se troviamo un bel misto di corridori gravel, stradisti e corridori di ciclocross, perché ci sono anche loro, possiamo dire di aver fatto un bel lavoro. E’ solo il secondo campionato europeo, abbiamo i diritti anche per l’anno prossimo. Se qualcosa quest’anno non ci piacerà, potremo migliorarlo il prossimo.
Mentre parlavi pensavamo alla mountain bike, che ha i mondiali di cross country e quelli marathon, perché non è detto che tutti possano convivere negli stessi eventi, non trovi?
Potrebbe essere, non ci avevo ancora pensato. Dobbiamo tenere conto di alcune cose. Per esempio, oggi è molto importante poter raccontare la storia di una gara. Se ne fai una di 300 chilometri in mezzo al nulla, è molto difficile fare una produzione televisiva che funzioni. Allo stesso tempo, da amatore gravel io odio i circuiti. Soprattutto perché ci sono gare in cui ti tocca girare per 6-7-8 volte in anelli di 15 chilometri. Secondo me non è lo spirito giusto. Per cui dobbiamo trovare la formula giusta. Non avevo pensato al parallelo con la mountain bike, ma merita un approfondimento. Forse ha senso fare il sabato una gara più breve, magari con finale in un circuito più esplosivo. E poi una gara più lunga il giorno dopo.
Detto questo, è abbastanza chiaro che la presenza di Van der Poel, Van Aert, Pidcock e campioni del genere per i tifosi e per gli sponsor ha una valenza notevole, giusto?
Noi che siamo specialisti nel ciclocross, lo viviamo da anni. Oggi ci sono stelle della multidisciplina e credo che quello sia il futuro del ciclismo, del gravel e della strada. Non solo Mathieu, Wout e Tom, c’è anche Puck Pieterse fra le donne, c’è Fem Van Empel, c’è anche Thibau Nys che vince su strada e nel ciclocross… Forse il corridore del futuro è fatto così, anche per il gravel. Credo che questo sia un momento per raccogliere, dobbiamo usare questo fatto per far crescere anche il movimento. Dobbiamo trovare la via di mezzo. E’ vero che c’è questa comunità gravel che corre tutto l’anno, che ha i suoi appassionati, però per poter attrarre più gente bisogna anche avere delle stelle e credo che questa sia la vera sfida di oggi.
Nessuna polemica quindi?
Capisco molto bene certe frustrazioni, però credo che le polemiche non servano per far crescere il movimento. Dobbiamo guardare insieme come possiamo farlo. Dal mio punto di vista, il discorso è tutto qui.