«La scorsa stagione, la mia prima tra gli under 23, è stato un bell’anno alla fine, però già all’Avenir ho iniziato a pensare di cambiare. C’erano delle distanze culturali tra me e la squadra, se così si può dire. La scuola italiana è molto diversa dalla loro». Questa la frase che Gianmarco Garofoli ci ha detto nella sua prima intervista in maglia Astana Qazaqstan Development Team (foto Getty in apertura).
Allora ci è venuto in mente di capire cosa ci sia effettivamente di diverso tra Olanda e Italia. Gianmarco è stato un apripista. La sua avventura nel Team DSM Development, anche se durata solamente per un anno, è stata intensa e piena anche di bei momenti. Dopo di lui, altri due ragazzi italiani sono andati a correre in Olanda: Ursella e Milesi. Quali consigli può dargli il giovane marchigiano?
Un anno di maturazione
«Penso che alla fine sia stata una bellissima stagione, dal punto di vista umano e sportivo – dice Gianmarco – il Team DSM mi ha dato tanto. E’ stata un’esperienza che mi ha permesso di conoscere tutti i lati della mia personalità e mi ha fatto confrontare con un modo di vedere le cose differente dal mio».
Qual è stata la difficoltà più grande che hai incontrato?
Tre mesi senza mai tornare a casa, più gran parte della stagione. All’inizio pensavo: «Perchè sto qui ad allenarmi? Fa freddo, ci sono zero gradi, a casa ce ne sono 12». Io sono uno che se la squadra gli chiede di fare qualcosa lo fa e devo dire con il senno di poi che tutto ciò che ho fatto mi è servito tantissimo.
E’ un’esperienza che consiglieresti di fare?
Assolutamente sì, anche per uscire dalla propria routine, stare lontani da casa aiuta a crescere e maturare da diversi punti di vista. Il più importante è quello dell’approccio alle gare, io fino alla scorsa stagione mi ero rapportato con un solo modo di correre. Alla DSM ho imparato ad essere più metodico, non rinunciando alla mia vena creativa.
Avevi detto che la difficoltà più grande era legata alla lingua…
Sì, non parlando inglese mi sono dovuto adattare ed ambientare. E’ stato molto difficile all’inizio, con i diesse ed i compagni era complicato comunicare. Una difficoltà in più è quella del nutrizionista, avendo una dieta differente da quella mediterranea è stato complicato trovare un equilibrio. Loro basano la dieta su alimenti differenti, al posto della pasta mangiano le patate.
Hanno un carattere diverso dal nostro…
Sono più introversi, ma non bisogna farsi abbattere. Capiscono le esigenze e sono sempre aperti al confronto, anche se da alcune loro espressioni non sembrerebbe.
Lorenzo Ursella arriva alla Dsm dalla Borgo Molino Lorenzo Milesi nel 2021 era già in continental: alla Beltrami TSA
E per mangiare? Cucinavi da solo?
Non ho avuto problemi, anzi, appena i miei compagni hanno capito che ero bravo a cucinare venivano a bussare alla mia porta (ride di nuovo, ndr). Da bravo italiano ho esportato la nostra cucina in Olanda e loro hanno apprezzato molto.
Hai trovato qualche supermercato o ristorante italiano da consigliare a Ursella e Milesi?
No no, macché! Dai ristoranti “italiani” meglio stare alla larga, mi sono fatto la scorta di cibo prima di partire: pasta, passata di pomodoro, grana… Insomma le cose essenziali. Poi guardavo i tutorial su internet per imparare a cucinare gli alimenti che non sapevo fare. Direi che la tecnologia potrà dar loro una grande mano.
Come hai imparato l’inglese?
Imparato con tanta forza di volontà e voglia di mettermi in gioco, l’inglese scolastico non aiuta molto per affrontare un discorso. La cosa migliore è la pratica, essere curiosi, ed usare anche il correttore quando non ci si capisce (ride, ndr).
Cosa gli consiglieresti per combattere la solitudine?
Non la sconfiggi, impari a conviverci. Anche se sei con gli altri e sei in compagnia ti senti solo perché ti manca casa, ti mancano gli amici. E’ normale sentirsi solo, ma tutti i sacrifici ti danno maggiore motivazione, tutta la fatica che fai poi la trasformi in forza agonistica alle corse.
Alla fine di tutto sembrerebbe essere stata un’esperienza positiva…
Sì, se devo dare qualche consiglio a Milesi e Ursella è quello di non mollare e di resistere, devono mettersi in gioco e provare. Sicuramente ne trarranno dei benefici, i sacrifici da fare non sono pochi, ma valgono la pena. Penso sia parte di un cammino di crescita umana e sportiva. Io mi sento una persona ed un corridore diverso.