Fuglsang: «Anno sfortunato, ma ho ancora fame»

27.10.2023
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Tosto, sfortunato, esperto: Jakob Fuglsang non si smentisce. Il danese della Israel–Premier Tech ci racconta della sua stagione e soprattutto di quella che verrà. Di questo ciclismo che cambia alla velocità della luce. Sembra passato un secolo da quando vinse la Liegi, invece è storia del 2019. E lo stesso vale per il Lombardia dell’anno successivo.

Quest’anno Jakob era partito benino. Discrete sensazioni e programmi importanti. Ma già la sua prima gara, il UAE Tour, era terminata con un ritiro. Fuglsang aveva avvertito dei dolori al soprassella. Fu costretto a fermarsi anticipatamente. Da lì il dolore è dilagato. Problemi ai testicoli. Mesi di stop. Alle fine il bilancio del suo 2023 agonistico ha detto: 33 giorni di gara e due sole top ten.

Jakob Fuglsang (classe 1985) in carriera vanta successi di prestigio e anche la medaglia d’argento olimpica a Rio 2016
Jakob Fuglsang (classe 1985) in carriera vanta successi di prestigio e anche la medaglia d’argento olimpica a Rio 2016
Jakob, una stagione difficile…

Sì, decisamente. Non è stato di certo il miglior anno. Ma non c’è niente da fare. Lo butto via e penso a quello prossimo. 

Dopo i tuoi problemi iniziali, alla ripresa questa estate hai avuto altri intoppi in Lussemburgo…

Ho avuto un virus intestinale. Lo aveva preso tutta la famiglia. All’inizio pensavo di averlo evitato, ma la mattina della prima tappa ho vomitato anche io. Davvero una stagione da buttare. Era difficile già ritrovare un buon livello dopo lo stop d’inizio anno, figuriamoci dopo. In più anche il calendario non mi favoriva (la Israel non ha fatto la Vuelta, ndr). Non avevamo moltissime gare da fare. Se ti alleni sempre devi ogni volta fare almeno la prima gara solo per ritrovare il ritmo. Anche questa poca continuità non mi ha aiutato. Il team ha corso molto nella prima parte della stagione. Ma dal Tour de Suisse in poi non c’era tanto da fare… se non facevi il Tour de France.

Come si fa a mantenere la concentrazione e i nervi saldi dopo un’annata del genere?

Posso dire che almeno in queste ultime settimane dell’anno ho corso un bel po’ e non mi sono dovuto allenare troppo. Per il resto, cosa si pensa? Che è il mio lavoro. E in qualche modo si cerca sempre di farlo al meglio in ogni condizione. 

La mente è già all’anno prossimo?

Sì, sì… Già sto pensando che voglio partire bene. E mostrare che quel che mi è successo quest’anno non è perché sono vecchio o non abbia voglia, ma solo perché sono stato davvero sfortunato.

Il danese ama la Strade Bianche anche in virtù delle sue doti di ex biker (iridato U23 nel 2007). Qui con Alaphilippe nel 2019
Il danese ama la Strade Bianche anche in virtù delle sue doti di ex biker (iridato U23 nel 2007). Qui con Alaphilippe nel 2019
Jakob, hai detto che comunque ti sei allenato molto, ma hai corso poco. Come ci si regola in queste situazioni? Continuerai a spingere ancora un po’, oppure osserverai il classico periodo di riposo?

No, riposo. Dopo l’ultima gara (la Veneto Classic, ndr) faccio almeno un paio di settimane di riposo assoluto. Poi riprendo a metà novembre. Magari nel mezzo farò qualcosa altro, non so, correre un po’ a piedi, andare in palestra. Provo sempre a lasciare la bici per un po’. Mi serve anche per la testa e per avere poi la fame di bici quando devo tornare ad allenarmi.

A proposito di palestra, dopo lo stop d’inizio anno quando hai ripreso l’hai fatta?

Assolutamente sì. Sono proprio dovuto ripartire da zero. Dovete pensare che per un mese intero non potevo, e non dovevo, toccare la bici, né fare alcuna attività fisica. Addirittura non potevo stare troppo in piedi. In più dovevo prendere gli antibiotici: cicli intensissimi. Quindi per forza sono dovuto ripartire dalla base.

Sagan ha detto di voler finire come ha iniziato, con la Mtb. Anche tu sei stato un grande biker. Farai la stessa cosa? Ci pensi a questa soluzione?

No, no – ride – io ho ancora un contratto per un anno e non è detto che il prossimo sia l’ultimo. Sto pensando di fare ancora una stagione, specie se andrà bene il 2024. Chiaro che se andrà come quest’anno non ha senso.

E questo ipotetico anno in più è legato alla sfortuna di questa stagione?

No, questa è andata. L’anno in più dipenderà da come andrà la prossima stagione. Ho voglia, voglia di finire ad un buon livello e con le gambe per essere competitivo.

Fuglsang è un ottimo discesista…
Fuglsang è un ottimo discesista…
Hai già in mente qualche obiettivo per il 2024?

Mi piacerebbe fare il Tour de France, anche perché parte dall’Italia, che mi piace tanto, ed è un po’ particolare. In più arriva vicino casa, a Nizza. E poi potrebbe essere il mio ultimo Tour. Per il resto l’obiettivo è quello di partire bene, come ho detto, trovare subito una buona condizione. Anche perché ad inizio anno ci sono classiche, una su tutte la Strade Bianche, in cui vorrei fare bene.

Sei ormai un veterano, i giovani ascoltano oggi? O sanno già tutto, come ci dicono molti?

Pensano di sapere tutto, ma alla fine non è così! Alla fine per me i corridori con esperienza servono ancora. Lo so che tante squadre guardano molto ai giovani e sono tutte alla ricerca del nuovo Remco o del nuovo Pogacar, ma anche ad atleti così servono vicino corridori di esperienza. Anche sotto questo punto di vista per esempio sento di avere ancora molto da dare. Ho anche corso come gregario in passato e so cosa vuol dire. Quindi spazio a noi vecchi!

Ultima domanda, abbiamo toccato il capitolo dei giovani. Nella tua squadra ce n’è uno, italiano, che promette molto bene: Marco Frigo. Cosa ci dici lui?

Marco è fortissimo. Sereno, sostanzioso. Per me può diventare un gran bel corridore e conquistare vittorie di peso. Come si sa, ha qualche problema in discesa, ma ci sta lavorando. Ed è già migliorato molto da quando è venuto da noi. 

Beh, tu ne sai qualcosa delle discese! Avete mai lavorato insieme in tal senso?

Un po’ sì, nei ritiri…