Anche se il 2021 è stato un anno storto per l’infortunio al Giro d’Italia del 2020, Sofia Collinelli pensa in grande e ha messo nell’obiettivo le Olimpiadi di Parigi. Effervescente come si deve essere a vent’anni, la romagnola che fra il 2018 e il 2019 ha vinto un mondiale e un europeo nell’inseguimento a squadre, nel frattempo si è trasferita a Roma. Come Letizia Paternoster prima di lei, infatti, Sofia è entrata a far parte della Luiss Sport Academy, nata nel 2015 presso l’Università romana per agevolare il percorso accademico degli sportivi di vertice. Fra i nomi, quello di Gianmarco Tamberi e Filippo Tortu, oro a Tokyo, di Pessina e Avola.
«Ho fatto domanda – sorride – e sono riuscita ad entrare. Sono nel corpo atleti, per essere ammessi devi avere certe credenziali e siamo davvero pochissimi. Paolo Del Bene, che è il capo dello sport in Luiss, mi ha preso sotto la sua ala (foto di apertura, ndr). Sono iscritta al primo anno di Scienze Politiche, vivo negli alloggi Luiss e loro mi mettono al 100 per cento nella condizione per allenarmi e studiare. Non mi fanno mancare assolutamente niente. Mi sveglio, faccio ginnastica, vado in bici. Siamo vicino alla Salaria. Mezza giornata mi alleno, l’altra mezza sono all’università».
Da Ravenna a Roma il passo è grande, allenarsi non è semplice…
Per ora esco da sola. Però Luigi Bielli, che è l’allenatore della squadra sportiva Luiss, mi ha messo in contatto con un gruppo di persone che escono in bici e ho cominciato ad orientarmi. Per l’inverno starò qui, perché il clima è migliore e le ore di bici sono meno. Poi è chiaro che quando inizieranno le corse, tornerò in Romagna e seguirò le lezioni online. Ho messe le cose in chiaro, prima per me c’è la bici. E non avendo obbligo di frequenza, si riesce a fare tutto con estrema calma. Ognuno di noi ha un tutor che lo segue per lo svolgimento delle lezioni e per il programma degli esami. E’ fatto tutto ad hoc per ogni atleta.
Che stagione è stata il 2021?
Un’annata molto dura. L’anno scorso mi sono infortunata al Giro d’Italia, ho preso una pubalgia cronica agli adduttori e sono stata per un anno a curarmela. Sono tornata alle gare negli ultimi due mesi, ho ottenuto il bronzo al tricolore derny e qualche piazzamento. Ora mi sono voluta fermare per recuperare al massimo e prepararmi bene per la stagione prossima. A ben vedere non ci sarà un momento in cui mi fermerò realmente, perché sono stata ferma tanto tempo. Si pensa alla preparazione invernale in vista del 2022.
Strada e pista o ci sarà da scegliere?
Entrambe, ma non è un mistero che pensi più alla pista. Alle Olimpiadi puoi andarci solamente così.
Sfogliando il tuo profilo Instagram, si capisce che il modello della ciclista un po’ maschiaccio è tramontato…
Le cicliste (ride di gusto, ndr) non sono più come una volta. A me piace farmi vedere in bici e anche in modi diversi. E’ fondamentale far vedere alla gente com’è oggi il nostro ciclismo. Che anche se è uno sport duro, abbiamo la nostra femminilità. Qui mi vedono in bici oppure in tuta, poi al pomeriggio tiratissima e sono un’altra persona. Noi donne abbiamo diverse sfaccettature ed è bellissimo che noi cicliste nascondiamo sotto la femminilità questo lato forte.
Non ci sono più le cicliste-maschiaccio di qualche anno fa (foto Instagram) Anche in tenuta sportiva si può curare l’aspetto (foto Instagram) La mattina vestita da atleta, il pomeriggio un’altra persona (foto Instagram)
E’ davvero così duro questo sport?
Durissimo, sia mentalmente che fisicamente. Eppure proprio con l’infortunio ho capito che cosa io voglia fare davvero nella vita. Ho iniziato ad andare in bici che avevo 6 anni, mi è sempre uscito molto bene e molto facilmente. L’infortunio mi ha costretto a stare a casa, a non fare nulla e ho trovato la grinta. Voglio essere una ciclista affermata, è per questo che ho preso da anni la decisione di impegnarmi al massimo.
Pensi che tuo papà (Andrea Collinelli, ha vinto l’oro olimpico dell’inseguimento ad Atlanta 1996, ndr) sia stato l’ispirazione per cominciare?
Sicuramente il fatto di mio babbo mi ha aiutato molto, è difficile che una bambina di 6 anni scelga uno sport duro che fanno solo i ragazzi. A Ravenna eravamo solo due bimbe a praticare ciclismo. Ma senza di lui forse non avrei mai avuto la possibilità di avvicinarmi alla bici.
Secondo te una ragazzina di sei anni che vede le tue foto su Instagram può avere la voglia di cominciare a correre?
Sono sicura – dice con orgoglio – inizia anche lei. Questa cosa secondo me aiuta tantissimo. Quando avevo sei anni non conoscevo nessuna ragazza più grande di me che lo facesse. C’erano solo amatori, anziani e maschi. A Forlì già c’era più movimento. Il movimento femminile si è ampliato tantissimo ed è un bene per tutti. La prima volta che sono uscita a Roma ho trovato due ragazze che mi hanno indicato la strada da prendere e sono rimasta colpita. Due ragazze affiancate sulla Salaria, tranquillissime…
Prima hai parlato di Parigi. Potrebbe essere un obiettivo?
Parigi è l’obiettivo, assolutamente. Sono comunque giovane, perché avrò 22 anni, ma ce la metterò tutta per arrivarci. C’è una bella concorrenza interna. Loro a Parigi avranno l’età giusta, io sarò ancora giovane. Bisogna tenere i gomiti larghi, ma fra noi abbiamo tutte dei bei rapporti e non vedo l’ora di tornare in pista fra un paio di mesi.
Con Salvoldi continui a sentirti?
Con Dino abbiamo buonissimi rapporti. Mi ha chiesto come stessi con l’infortunio. Il suo consiglio è stato curarmi al 100 per cento, non c’è fretta. Un po’ per il periodo e un po’ perché sono giovane. Ho avuto l’infortunio a 19 anni, è meglio curarsi bene per essere libera poi di spingere. Non mi ha dato pressione e anzi è stato un bell’appoggio.
Com’è passare da Ravenna a Roma?
Roma è gigante, infatti dico a tutti che mi sembra di stare in ritiro. Metà giornata in bici e metà a studiare. Per andare in centro minimo devi avere tre ore da perdere. Da quando sono qui, non sono riuscita ad andarci, eppure a due chilometri e mezzo c’è via del Corso. Qui ho pochissime distrazioni, tutti i giorni a duemila. Questa cosa mi piace tantissimo, penso solamente a me stessa e a fare le cose per bene.
C’è un po’ un clima da villaggio olimpico?
Non ancora, perché di atleti di alto livello in questi giorni siamo davvero pochi. C’è in giro Avola (scherma, ndr), mentre gli altri sono ancora in stagione. A volte vengono per gli esami in presenza, quindi è il modo per incontrarci. Veniamo trattati da atleti olimpici al cento per cento. Finalmente ho trovato un ambiente ottimale per allenarmi, quindi per inseguire i miei sogni, e per studiare. E’ la prima volta che in Italia ci sia una cosa del genere.
E allora in bocca al lupo…
Grazie, crepi!