Cassani, il ciclismo bandiera dell’unità nazionale

12.05.2021
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Apparentemente molto distanti tra loro, ciclismo e unità nazionale sono due mondi che si sono incontrati in più occasioni e che tuttora si intrecciano. La partenza da Torino del Giro 2021 è stata dedicata all’anniversario dell’Unità d’Italia (160 anni), così come lo furono le edizioni del 2011 e del 1961 (rispettivamente 150 e 100 anni dall’unificazione del Paese). La stessa carovana del Giro, che in oltre un secolo di storia ha attraversato in lungo e in largo lo Stivale, ha contribuito a creare identità e unione tra popolazioni che fino a 70-80 anni fa faticavano persino a comprendersi reciprocamente

Bartali e Togliatti

L’episodio sicuramente più clamoroso che sancisce il legame tra ciclismo e unità nazionale accade pochi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’attentato a Palmiro Togliatti, il 14 luglio 1948, provoca disordini civili diffusi, occupazioni di fabbriche, scontri e anche alcuni morti. Molti temevano si potesse scatenare persino una guerra civile. Alcide De Gasperi, allora Presidente del Consiglio dei ministri, telefona a Gino Bartali, che sta correndo il Tour de France, ma è staccatissimo dalla maglia gialla Louison Bobet, e gli chiede l’impresa. Non si sa con certezza se quella telefonata l’abbia fatta davvero lui, fatto sta che Bartali rimonta, tappa dopo tappa. Recupera venti minuti a Bobet sull’Izoard, si impone anche nelle due tappe successive e vince clamorosamente il Tour a 34 anni, dieci dopo il suo primo successo. La grande vittoria contribuì a calmare gli animi e a placare le tensioni: l’unità nazionale era salva.

I mondiali di Imola 2020 sono stati un bel segnale di gestione dello sport in epoca Covid
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La maglia azzurra

Oggi quello spirito unitario è ben rappresentato dalla squadra nazionale. Ce lo conferma Davide Cassani, dal 2014 cittì della nazionale italiana.

«In questi anni – dice – ho sempre trovato dei ragazzi fantastici perché, nonostante siano dei professionisti, hanno una dedizione particolare per la maglia azzurra e l’hanno sempre onorata nel migliore dei modi».

Da diversi anni la nazionale italiana è chiamata “La squadra” (proprio col termine italiano) anche dagli stranieri, segno, per Cassani «che è sempre stata un punto di riferimento di unità, coesione e attaccamento alla maglia». Il cittì confessa che «consegnare delle maglie azzurre ha un significato particolare, sento sempre una grande responsabilità. Molti corridori cercano in tutte le maniere di convincermi a convocarli per partecipare a europei, mondiali e Olimpiadi: tutto questo è molto bello».

«Le vittorie ai campionati europei – continua Davide – ottenute negli ultimi tre anni sono la testimonianza di una squadra unita, dove si è corso per vincere, senza guardare alle individualità».

Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince l’europeo su strada
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Il mondiale

Anche per gli appassionati e per chi il ciclismo lo segue solo saltuariamente, alcune competizioni hanno un significato che va al di là del semplice evento sportivo.

«Il campionato del mondo – dice ancora Cassani – è seguito anche da persone che abitualmente non guardano il ciclismo, ma si appassionano per la nazionale, come nel calcio e in tutti gli altri sport. La gente mi chiede di vincere un campionato del mondo, c’è sempre un’attenzione particolare verso la squadra».

L’orgoglio di appartenere alla nazionale unisce i nostri ragazzi
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Ciclismo e Covid

In questo momento storico, nel quale la pandemia rischia di disgregare i rapporti sociali e l’unità stessa del Paese, il ciclismo può avere un ruolo importante.

«Non possiamo pensare che il nostro sport sia la soluzione dei problemi – puntualizza il cittì – possiamo però dire che è un esempio, perché l’anno scorso e quest’anno le corse ci sono state. Sono stati osservati i protocolli, le bolle hanno funzionato, i contagi sono stati veramente bassi. E devo dire che, grazie agli organizzatori, alle squadre e ai corridori, abbiamo avuto la possibilità di assistere a gran belle competizioni. Che possono aver sollevato e dato coraggio anche a chi non appartiene a questo mondo».

Il ciclismo, si sa, è uno sport di fatica e per Cassani «può contribuire a stimolare positivamente tutte quelle persone che hanno avuto difficoltà di salute e lavoro per colpa della pandemia».