LA NUCIA (Spagna) – Lorenzo Fizza Verdinelli è l’occhio sempre discreto che segue il UAE Team Emirates in ogni corsa importante e anche nei ritiri. La sua firma sta in un watermark che colloca di solito in basso a destra di ogni foto. In questi tre anni di bici.PRO abbiamo raccontato il punto di vista di alcuni fotografi del ciclismo, ma il caso di Fizza è diverso, perché lui ha accesso nel dietro le quinte da cui chi ha al collo un pass stampa viene ormai escluso.
Un occhio discreto
Che cosa significa esserci sempre e dovunque? Quali sono le immagini che si cercano? Quali si possono mostrare e quali è meglio di no? E come si arriva a rivestire un ruolo del genere?
«Ho iniziato nel primo anno della squadra – racconta in una pausa fra le interviste ai corridori del team – quindi nel 2017. Ho 42 anni. La squadra cercava un fotografo che documentasse tutta la loro vita. Io ho conosciuto Andrea Agostini grazie a Daniel Oss. Vengo dal mondo degli action sport, dirigevo una rivista di snowboard. Sono di Trento, quindi la montagna era il mio ambiente naturale.
«Nel 2015 con Daniel avevamo fatto la prima edizione del progetto Just Ride e grazie a quel viaggio ho conosciuto Andrea. E quando lui è entrato nel management del team, si è messo in cerca di un professionista che facesse foto e video. Voleva aprire la squadra ai nuovi media e ai social. Insomma, voleva creare dei contenuti e il modo migliore era avere una figura all’interno della squadra, capace anche di realizzare contenuti per gli sponsor».
Vedendo i tuoi scatti, sei entrato sempre di più nelle segrete stanze, riprendendo i momenti di vita della squadra. I corridori come vivono la tua presenza?
A differenza dei fotografi o videomaker esterni, facendo parte della squadra, per loro è molto più naturale avermi vicino. Non sono un estraneo, quindi in alcuni momenti di intimità si sentono più liberi e più naturali.
Che tipo di criteri ti guidano nello scegliere le immagini da pubblicare?
Chiaramente cerchiamo di mantenere una linea nelle immagini della squadra. In realtà non ho un limite o un’imposizione, semplicemente io racconto il mondo dei corridori. Sono ragazzi semplicissimi. Magari vedendoli dalla tivù e dai giornali, la gente può pensare che siano delle star come i calciatori, in realtà sono dei ragazzi giovani che fanno una fatica bestiale. Nel tempo libero si divertono come tutti. Quindi diciamo che quella parte è anche più divertente da raccontare. Il mondo del ciclismo non è solo fatica. Il lavoro di ciclista è uno dei più duri al mondo, ma ci sono anche delle ore giù dalla bici. Stare assieme e ridere secondo me è una parte del successo della squadra. Quando ti diverti, senti meno la fatica e vai meglio.
Sei abitualmente testimone del dietro le quinte in caso di vittorie o di grandi sconfitte. Come le vivi?
Dipende dalla situazione, ma di base cerco sempre di essere meno invadente possibile. Con i ragazzi ho sempre un buon rapporto, ma chiaramente l’interno del bus è come se fosse lo spogliatoio, quindi magari le emozioni possono venire un po’ più a galla.
Pogacar e le emozioni?
Tadej è un ragazzo incredibile. Non solo perché è una potenza della natura a livello atletico, ma anche a livello mentale. E’ grande persino nell’accettare le sconfitte, perché comunque lo sport è fatto di sconfitte. Un vero campione deve saper affrontare le sconfitte in maniera dignitosa e sono testimone che Tadej è proprio così.
Conoscevi Daniel Oss, ma avevi la percezione di come fosse il mondo del ciclismo da dentro?
No, chiaramente no. Ovviamente, entrandoci, lo vivi e lo vedi in maniera diversa. Far capire che questi atleti sono veramente dei ragazzi normali è il mio ruolo. La cosa bella è che tutti chiedono loro come stiano, nell’ottica della prestazione. A me invece della prestazione interessa fino a un certo punto. Quindi il mio ruolo, fra virgolette, è anche quello di uscire dalla competizione. Parliamo anche di altre cose e non stiamo sempre lì a pensare alle prestazioni.
Lo vivi e lo vedi in maniera diversa: che cosa significa?
Vivono un professionismo altissimo rispetto agli sport dove lavoravo prima. Ogni membro della squadra, è uno dei migliori al mondo nel suo ruolo. Sono ricercati per il lavoro che fanno e la cosa molto interessante è che dalla somma di queste competenze nasce la squadra, composta dai suoi tanti elementi. E’ bello vedere che il ciclismo non è solo una bicicletta.
Che rapporto hanno i corridori con la propria immagine?
Bè, dipende. C’è chi è più introverso e timido, chi è un po’ più espansivo, quindi c’è chi è più abituato ai social, chi un po’ meno. Chiaramente i social sono una parte fondamentale, che si affiancano alla prestazione sportiva. Tendenzialmente sono tutti abbastanza propensi, ognuno con le sue particolarità.
Quanti giorni all’anno sei fuori?
Più o meno sono 120 giornate fra corse, ritiri e allenamenti.
Quanto tempo impieghi per vedere e archiviare le foto? E di quanto spazio di archivio hai bisogno?
Soprattutto i video richiedono tanto spazio, perché i file sono sempre più pesanti. Tra un po’ bisognerà affittare una stanza solo per tenere gli hard disk.