BENIDORM (Spagna) – Prima di Roglic, la dichiarazione d’amore al Giro d’Italia l’ha fatta Juan Ayuso. E’ stato Matxin, il capo dei tecnici del UAE Team Emirates ad annunciarne la presenza e subito dopo lo spagnolo l’ha confermato. Verrà al Giro per tentare di vincerlo, come ha già fatto nel 2021 fra gli under 23. Il nodo che resta da sciogliere riguarda l’eventuale presenza di Pogacar, che per decidere aspetterà il 19 dicembre e la presentazione della Vuelta. E’ chiaro che in quel caso cambierebbe tutto, ma nel parlarne Ayuso minimizza e tira dritto.
Il terzo posto alla Vuelta del 2022 sembra lontanissimo. I successivi problemi al ginocchio e il quarto posto del 2023 hanno confermato che la sostanza è tanta, mentre il ritiro dall’ultimo Tour con qualche sbavatura nei rapporti con i compagni ha lasciato un interrogativo che il Giro potrebbe risolvere definitivamente.
«Io vado al Giro – sorride Ayuso – se poi ci viene anche Tadej, allora saremo in due e non è un problema. Sono completamente concentrato sul Giro, è uno degli obiettivi più grandi per la prossima stagione. In termini di preparazione per me non cambia nulla. Ci si prepara sempre al meglio delle proprie possibilità, nel miglior modo possibile. Se Tadej ci fosse, correremmo in un modo, se non lo fa, cambierebbe tutto, ma il focus sul Giro non cambia».
E’ stato il tema del 2024, il fatto di essere in una squadra con così tanti leader e non avere il tuo spazio. TI senti mai schiacciato?
Non userei questi termini, ma è vero che siamo una delle migliori squadre del mondo per cui ho molti compagni di livello molto alto. Questo fa crescere il livello di tutti, perché se vuoi avere una possibilità, devi dimostrarti all’altezza, non puoi semplicemente chiederlo, perché potrebbero esserci dei corridori migliori di te. Quindi penso che anche questa sia una motivazione, sai che devi continuare a lavorare e non puoi rilassarti.
Parlando del Giro con Tadej, sei riuscito a farti dare qualche consiglio?
Penso che per Tadej sia tutto più facile che per ciascuno di noi, quindi è abbastanza difficile ottenere dei consigli. E’ il migliore del mondo e tutto ciò che fa lo fa sembrare più facile di quanto in realtà non sia. Ho molti amici al di fuori del ciclismo che non guardano molto le corse. Poi vedono Tadej fare certe cose e pensano che sia normale. E io invece gli dico che non lo è. Tadej Pogacar è un bravo ragazzo da avere intorno ed è meglio averlo dalla tua parte che come avversario.
Sai spiegarti perché gli viene tutto così facile?
Perché è il migliore del mondo. È come quando vedi Messi con la palla e come gira intorno a tutti. Anche quello può sembrare facile, poi però vedi tutti gli altri e capisci che non possono farlo. Penso che nel ciclismo lui sia come Messi.
Avete entrambi dei contratti a lungo termine, quindi per tutto il resto della tua carriera avrai intorno Tadej. Cosa pensi che succederà fra un anno o due?
Se lui oggi è considerato il miglior corridore al mondo, immagino che per fare meglio dovrò prendere io il suo posto. Ma se azzardassi una cosa del genere, voi della stampa chissà cosa direste. Per cui mi limiterò a dire che un giorno mi piacerebbe essere migliore di lui, perché è il miglior corridore del mondo. Sogno di essere come lui, quindi per riuscirci dovrei batterlo. Ovviamente non voglio che questo crei un malinteso perché Tadej non è un rivale, ma il mio metro di paragone. Lui mette l’asticella e tu devi cercare di raggiungerla.
Dopo il Tour si vociferava che fra voi due non corresse buon sangue…
La relazione fra noi è perfettamente normale. Abbiamo passato molto tempo insieme, specialmente quest’anno, preparando il Tour. E anche l’anno scorso, quando lui si allenava per il Tour e io per il Tour de Suisse. Abbiamo passato molto tempo in ritiro e questo crea delle amicizie. E’ stato difficile per me non poterlo aiutare al Tour, mentalmente mi sono sentito incapace di dimostrare quello che ero in grado di fare. Ne abbiamo parlato in privato e penso che abbia capito la situazione. Lo apprezzo molto per questo, perché pur essendo un campione si prende sempre del tempo anche per questi dettagli. E per quanto riguarda il contratto, ora sono contento e non ho bisogno di pensarci.
Quando si è svolta questa conversazione fra voi?
Andato via dal Tour, la volta successiva ho visto Tadej in Canada. Ci tenevo a dirgli che quello che era uscito sulla stampa non era vero e volevo che lo sentisse direttamente da me. Ma l’ho anche ringraziato per un paio di cose per le quali gli ero molto grato e poi l’abbiamo chiusa lì, perché mi è parso che abbia capito alla perfezione quello che volevo dirgli.
Diventare il migliore al mondo è una bella scalata, dove vedi che devi migliorare di più?
Per ora penso a ogni piccolo aspetto. Mi piacerebbe migliorare di più in salita perché mi considero uno scalatore, ma se guardo le mie vittorie, la metà di esse sono venute sulla bici da crono. E’ strano, ma del resto se si vuole vincere una classifica generale, bisogna andare forte anche contro il tempo. Ora per me è difficile recuperare uno o due minuti in salita, ma posso guadagnarli nella cronometro e questo viene in mio favore. Ma se voglio cercare di colmare il divario da corridori come Vingegaard, Remco e Roglic, devo assolutamente diventare uno scalatore migliore.
Non significa mettersi troppa pression?
La pressione che metti su te stesso non è la stessa che può venirti dall’ambiente. Quando sono andato al Tour, volevo fare del mio meglio e avere questo tipo di motivazione è molto importante perché è quello che faccio da quando ero piccolo. E’ un plus che mi motiva di più.
Cambierai la tua preparazione?
Non so ancora dirlo nei dettagli, ma forse ci sarà più carico di lavoro. Fino ad ora, anche a causa della mia età, probabilmente non mi allenavo lo stesso numero di ore degli altri. Quindi un aspetto sarà quello di cercare di aumentare le ore generali, intervenendo poi con dei lavori specifici. Ci sono vari tipi di mitologia sui tipi di allenamento, ma preferisco attenermi a quello che penso abbia davvero funzionato per me. D’altra parte, penso che sarebbe un errore fare 20 anni di carriera allo stesso modo, quindi voglio sperimentare cose nuove.
Hai già vinto un Giro d’Italia da U23, qual è il tuo rapporto con l’Italia?
La verità è che fare il Giro mi riporta alla mente tanti bei ricordi, perché ho corso per metà anno alla Colpack. Quattro o cinque mesi a Bergamo in cui sono stato molto bene e le gare da under 23 che ho fatto in Italia mi hanno permesso di fare un salto molto importante grazie al quale sono arrivato di qua con molta più fiducia. Mi piace correre in Italia. L’anno scorso la Tirreno è andata bene per certi versi, ma fare secondo non mi è piaciuto tanto, quindi spero di tornarci il prossimo anno e che il Natale mi porti fortuna e buoni risultati.