BOLOGNA – Aveva una cartuccia a sua disposizione e ha fatto centro, ancora una volta. Forse Isaac Del Toro non ha la “gamba” di un mese fa, ma per come si è preso il Giro dell’Emilia nessuno ci ha fatto caso. Quello in cima al Santuario di San Luca è il suo quattordicesimo bersaglio stagionale, il quinto negli ultimi trenta giorni.
Quando è entrato nei mille metri finali, Del Toro ha visto rosso diventando indomabile. Ha messo nel mirino Pidcock che aveva fatto il vuoto appena iniziata l’ascesa conclusiva, poi appena passata la chicane al 18% delle Orfanelle, il messicano della UAE Team Emirates XRG ha salutato la compagnia degli inseguitori. In poco più di un amen si è riportato sull’inglese della Q36.5 che nel frattempo aveva già iniziato a zigzagare. Il tempo di rifiatare e Del Toro è arrivato a braccia larghe. A Pidcock resta indigesta la presenza degli atleti UAE raccogliendo il secondo posto come l’anno scorso (dietro Pogacar), mentre un redivivo Martinez completa il podio di giornata regolando il resto della concorrenza.


Eroe nazionale
Si disseta dopo il traguardo Del Toro che abbraccia prima Adam Yates per il lavoro svolto per lui nel finale e poi la fidanzata Romina Hinojosa, che corre con la Lotto Ladies. Mentre andiamo verso il palco delle premiazioni scambiamo una chiacchiera con Giorgina Ruiz Sandoval di BiciGoga, web magazine messicano. Nel Paese centroamericano sono otto ore indietro rispetto all’Italia e il Giro dell’Emilia è andato in diretta televisiva.
Le imprese di Del Toro hanno obbligato la tv nazionale a prendere i diritti di tutte le gare in cui lui partecipa e laggiù hanno aperto il proprio sabato col sorriso. Non solo. Da quattro giorni, e dopo quattro anni di “nulla”, la federazione messicana ha riconosciuto una persona in qualità di responsabile. Una sorta di presidente pro-tempore prima che avvengano delle vere elezioni. Tutto ciò grazie ad Isaac.
«Non penso di essere un eroe nazionale – ci dice Del Toro dopo la celebrazione del podio – io penso solo a giocarmi le mie carte in ogni gara. Tuttavia so di avere un po’ più di responsabilità e cerco di fare il meglio per me e per il mio Paese. Sono in una posizione bellissima ora come ora. Sono orgoglioso di essere me stesso».


Lombardia per Tadej
Al mondiale aveva trovato la compagnia di Pogacar, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. Adesso sembra tutto dimenticato e Del Toro guarda avanti.
«A Kigali ho avuto problemi di stomaco – spiega – ma credo di aver fatto una bella gara, come ne avevo fatte in precedenza. Sono contento nonostante tutto non fossi al 100 per cento. Non è una scusa perché finché mi sono sentito bene ero davanti e volevo fare una grande corsa. Ora mi concentro per le prossime gare».
In totale dovrebbe avere ancora sei gare in programma. Già domani dovrebbe correre la Agostoni, poi Tre Valli e Gran Piemonte prima di fare rotta sul Lombardia.
«No, non parto al pari di Tadej – risponde in maniera pronta e decisa – lui è il capitano e ovviamente lo aiuterò a vincere. Sono pronto».


Tra Emilia e Romagna
Il San Luca è la collina simbolo di Bologna dalla quale buttiamo lo sguardo verso l’orizzonte romagnolo o più precisamente verso San Marino dove Del Toro ha abitato ai tempi della Monex. Lo proviamo a stuzzicare scherzosamente.
«No no – replica sorridendo – mi sento messicano. Certo, guardando indietro, non posso dire che mi senta di qualche altra parte visto che sono cresciuto a San Marino e in Romagna. Mi è piaciuta tantissimo la zona e sono contento di esserci stato, tant’è che ho ancora molti amici. Però non posso sentirmi un poco italiano. Sono un messicano che abita in Italia e che rompe… le scatole ai miei amici italiani.
«Piuttosto – conclude ritornando sulla gara – vorrei ringraziare tutte le persone che mi aiutano ogni giorno, dai compagni allo staff fino alla mia famiglia che mi segue sempre. La dedica però la faccio ad una persona importante che oggi era accanto a me (riferendosi alla fidanzata, ndr)».


Agostini su Isaac
L’anno scorso ci eravamo trovati a San Luca a parlare con Gianetti su cosa rappresentasse Pogacar per la UAE. Questa volta ci imbattiamo con Andrea Agostini e gli chiediamo la stessa cosa su Del Toro.
«Isaac – sottolinea il direttore operativo della UAE – per noi è una realtà importante della squadra. Dopo il secondo posto al Giro la sua dimensione è cambiata totalmente. E’ arrivato da noi con grandissime prospettive, con un processo di maturazione che sta bruciando, tenendo conto che farà 22 anni a novembre. E’ ancora nella fase di crescita, anche se ha dimostrato di saper reggere la pressione quando ricopre un ruolo importante.
«Oggi – va avanti Agostini – era l’uomo che doveva fare la corsa. Sapeva dove doveva partire se avesse avuto le gambe. Ed è partito esattamente in quel punto che aveva dichiarato, sapendo essere freddo. Oltre alle grandi capacità fisiche, ha una mentalità da vincente. Al mondiale ha dovuto fare i conti con problemi intestinali, tanto che a quattro chilometri dalla fine voleva entrare in uno dei bagni chimici posizionati sul circuito. Ma visto che mancava così poco alla fine, ha tirato dritto. Forse dopo i 200 chilometri gli manca ancora qualcosa, ma fa parte di quel processo di cui parlavo prima. Deve imparare ad alimentarsi bene in gara.
«Con Pogacar – continua nella analisi – ha un rapporto bellissimo di amicizia. Tadej stravede per Isaac e viceversa. Ovvio che quando Tadej va così, è Tadej per tutti e tutti si mettono a sua disposizione. Però Tadej ha dimostrato di saper restituire i favori ai propri compagni come con McNulty in Canada. Non ci sono problemi di convivenza fra loro due. E non credo che succederà ciò che è capitato con Ayuso. E’ una questione di personalità. Un campione deve avere un ego importante, ma nelle caratteristiche del campione c’è chi ha voglia di aspettare e chi meno. Isaac è un ragazzo totalmente integrato nel nostro gruppo».






Il trionfo di Kim
Prima dell’arrivo dei maschi, la scena è tutta per le donne. La concomitanza con la prova dell’europeo rovina un po’ la lista delle partenti, che tuttavia è di alto livello. La canadese Vallieres sfoggia per la prima volta la sua maglia di campionessa del mondo conquistata con coraggio sette giorni fa a Kigali. Stavolta però il canovaccio della gara prende la piega più classica alle latitudini dell’Emilia.
Evade la fuga di giornata con cinque atlete che accumula un vantaggio gestibile dal gruppo in qualsiasi momento. Proprio all’imbocco della prima delle due scalate a San Luca, sono tutte compatte e la selezione avviene sia naturalmente sia per effetto di qualche accelerazione. Scollinano in un drappello di una decina scarsa di atlete che si giocheranno il successo. Risalendo verso il traguardo si avvantaggiano in cinque: Swinkels (UAE Team Adq), Isabella Holmgren e Fisher-Black (Lidl-Trek), Le Court (AG Insurance), Kastelijn (Fenix-Deceuninck).
Le pendenze più severe favoriscono Le Court e Fisher-Black. La mauriziana allunga nuovamente andando a trionfare, mentre la neozelandese raccoglie un altro secondo posto dopo l’argento mondiale. Arrivano tutte alla spicciolata, con Kastelijn che trova l’ultimo gradino del podio.
«L’Italia mi porta bene – racconta Le Court dopo le premiazioni – dopo la tappa al Giro Women dell’anno scorso, ho vinto un’altra bella gara. Il vostro è un Paese che mi piace, potrei venirci a fare le vacanze, magari scoprendolo meglio pedalando con più calma. Oggi ringrazio tutte le mie compagne che hanno fatto un gran lavoro andando a ricucire prima delle due salite finali. Mi sentivo bene e quando mi si è presentata l’occasione ho piazzato l’affondo decisivo».