KIGALI (Rwanda) – A pochi minuti dal via del mondiale dei professionisti, Stefano Cerea ha appoggiato sul tavolo un piccolo scatolone pieno di gel con il sodio. Così, quando è stato il momento di alzarsi per riempire le tasche della maglia, i corridori ci si sono avventati come api sul fiore. Troppo alto il rischio di crampi, a quello che si era visto nei giorni precedenti, per non attingere a ogni rimedio possibile.
Come si sa, la nazionale è sponsorizzata da Enervit per tutto ciò che concerne la supplementazione e l’integrazione, ma alcuni corridori si sono presentati al mondiale con i prodotti dei loro team. Non esistendo il nutrizionista della nazionale, ciascuno di loro si è fatto assistere a distanza. Incuriositi dall’uso degli integratori in una corsa così dura e in condizioni tanto particolari, nei giorni di vigilia abbiamo iniziato a parlarne con Andrea Bagioli, considerato che alla Lidl-Trek il valtellinese utilizza ugualmente prodotti Enervit.






Il sale sui pantaloncini
Bere, bere e ancora bere. In sintesi estrema, è stata questa la raccomandazione che il dottor Corsetti dava ogni santo giorno a tutti gli azzurri di Kigali. Un consiglio preso così alla lettera da Giada Silo, da essersi presentata al via con un pezzo di nastro attaccato sul manubrio, con scritto: BEVI.
Delle condizioni ambientali del Rwanda avevamo parlato anche con il dottor Giorgi, secondo cui l’altura e il clima tropicale hanno avuto effetti incisivi sulle prestazioni degli atleti. «L’atleta muovendosi – ha detto Giorgi – produce calore e cerca di disperderlo con la sudorazione. In un clima umido, però, la dispersione del calore tramite sudore è ridotta perché l’aria è già satura di vapore acqueo. Di conseguenza, la temperatura corporea resta più alta e l’atleta si affatica più rapidamente. Questo porta anche a una disidratazione precoce, soprattutto nei primi giorni».
Ce ne siamo accorti guardando il sale sui pantaloncini e le maglie degli atleti, anche quelli di Pogacar, ma anche sentendo parlare di crampi, come non succedeva da tempo nel ciclismo dell’integrazione ormai perfetta.


Sodio, 8 milligrammi ogni ora
«Su un percorso come quello del mondiale – ha spiegato Bagioli – si andava avanti con gel e maltodestrine. Poco cibo solido, intendo barrette o rice cake, e giusto nelle fasi iniziali e più tranquille della gara. Principalmente gel, anche quelli col sodio, visto che faceva caldo e c’era tanta umidità, quindi si sudava. E’ un aspetto che tanti magari non considerano, però integrare ogni ora con 800 milligrammi di sodio fa la differenza».
Un paio di giorni prima, ragionando assieme a Pietro Mattio, Lorenzo Finn era giunto alla conclusione di buttare giù un gel per ciascun giro. La gara era dura, per cui oltre a curarsi della disidratazione, c’è stato da prendersi cura dell’indispensabile carico di carboidrati.
«La mia quantità – ha detto ancora Bagioli – è di 100-110 grammi per ora, composti fra gel e borracce. I gel sono da 40 grammi, le borracce da 60. Però è capitata anche la borraccia di sola acqua, soprattutto nel finale della gara si cerca sempre più acqua. Le malto si lasciano un po’ da parte».




Sali anche nella borraccia
Incontrato in aeroporto all’indomani della corsa ed essendo con Ciccone e Garofoli uno dei tre azzurri che ha concluso il mondiale di Kigali, abbiamo chiesto a Bagioli se l’uso del gel con il sodio abbia funzionato e la risposta è stata un sorriso: «Direi proprio di sì, no?».
«Da quando ho iniziato a usarli – ha spiegato il corridore della Lidl-Trek – il rischio di crampi si è allontanato. Non so spiegare, è come se la gamba sembrasse sempre pronta. A volte, quando ti mancano i sali, senti un calo sia mentale che fisico. Invece usando i gel col sodio, secondo me si evitano questa fase e questo rischio».
A questo punto però la curiosità è venuta da sé: avere i gel con il sodio porta a non avere sali nelle borracce? «No, perché nella borraccia con le malto sono compresi anche i sali. In minore quantità rispetto ai gel – ha spiegato Bagioli – però ci sono anche loro».




Acqua (anche) per bagnarsi
Bere, bere e ancora bere. Ma anche bagnarsi per tenere bassa la temperatura corporea: il mondiale di Kigali non ha fatto sconti. Anche se delle sporadiche nuvolette hanno dato a tratti un senso di minor calore, il sole e l’umidità dell’aria erano a livello di una sauna.
«Difficile dire quante borracce abbiamo usato – ha confermato Bagioli – anche perché tante ci sono servite per bagnarci. Comunque tante. Venerdì in allenamento, avendo fatto quattro ore, c’era un caldo così forte che abbiamo bevuto come cammelli. E anche in allenamento si deve guardare quello che si fa e che si mangia. Se dobbiamo fare dei lavori, le maltodestrine vanno prese, però non nelle stesse quantità della gara. In allenamento non arrivo ai 110 grammi, resto sempre più basso. Invece con questa altura e questo clima, assumere sodio è più importante, perché davvero sono condizioni in cui si suda tanto».
Il mondiale di Kigali finisce così in archivio con la vittoria travolgente di Pogacar e appena 30 corridori al traguardo. Come abbiamo letto stamattina da Cassani e come si è evinto ascoltando i commenti dei corridori dopo la gara, si è trattato di una gara di eccessiva durezza. 5.128 metri di dislivello nel cuore dell’Africa sono stati un eccesso (forse) immotivato. A maggior ragione per questo, il ricorso a prodotti specifici è risultato ancora più importante.