Prima delle varie discipline ciclistiche ad aver vissuto la sua rassegna mondiale nell’anno postolimpico, il BMX racing già si proietta verso l’appuntamento a cinque cerchi del 2028. Un mondiale, quello vissuto a Copenhagen, difficile per molte ragioni per la nazionale italiana anche se qualche segnale positivo e che fa ben sperare è arrivato.
Mattia Furlan, il cittì azzurro, si gode ora qualche giorno di riposo prima di rimettersi all’opera, ma intanto tira le somme della rassegna danese, scevra di medaglie per la nostra compagine: «Il nostro è uno sport in cui è veramente difficile dare un giudizio complessivo. Alla fine posso dire che è stata una trasferta con dei lati positivi, il che non significa che sia contento, ma in questo momento del nostro cammino è giusto guardare al bicchiere mezzo pieno e per questo non possiamo che fare i complimenti a Francesca Cingolani Ferreira per il suo quinto posto fra le U23 perché ha grandi significati. Un piazzamento che le va quasi stretto e vederla arrabbiata dopo la finale, conscia che la medaglia era alla sua portata la dice lunga del suo atteggiamento, della sua voglia di emergere».


Su di lei sono riposte molte delle speranze azzurre per il 2028, essendo considerata a livello omnisportivo uno dei prospetti azzurri più interessanti in ottica olimpica. Che ciclista è?
E’ una rider molto tecnica. Sa guidare la bici quasi a livello maschile, è molto bella e lineare da vedere Francesca in sella. Ha un atteggiamento agonistico molto aggressivo. E’ un bell’esempio anche per le giovani ragazze che dietro di lei stiamo crescendo in Italia. Quindi sinceramente ci fa ben sperare.
E’ chiaro che soprattutto in uno sport come la BMX, molto giovanile, si aprono scenari importanti in vista di Los Angeles. Una sua presenza alle Olimpiadi sarebbe una storica prima assoluta per una donna italiana.
L’obiettivo per Los Angeles sarà sicuramente riqualificare la nazionale maschile, ma anche portare la prima donna a gareggiare alle Olimpiadi per il BMX Race. Questo per lei era l’ultimo anno di categoria, ora entriamo in una fase importante e delicata. Dal prossimo anno la Cingolani Ferreira gareggerà con le più grandi, cambierà la musica, si alzeranno il livello e le difficoltà. Lei comunque non è per nulla spaventata, con i passi in avanti che ci ha fatto vedere quest’anno, con la consapevolezza e la stabilità che ha trovato con questo nuovo team che le dà supporto tecnico siamo molto ottimisti. Ma anche noi ci mettiamo del nostro…


In che senso?
Vogliamo provare a cambiare un po’ la situazione degli atleti più importanti che abbiamo, dare loro il massimo del supporto per ottenere il risultato. A oggi vedo una ragazza molto più tranquilla, molto più determinata e consapevole che per raggiungere la qualifica c’è bisogno di uno sforzo da parte di tutti molto, molto importante. Ma con lei come esempio io dico che le ragazze che stanno crescendo in Italia potranno essere un apporto non indifferente per la questione punti, perché servirà uno sforzo collettivo per far sì che alle Olimpiadi ci sia anche il nostro vessillo, l’apporto individuale non basta per il complicato sistema di qualificazione olimpica.
Dicevi di essere soddisfatto ma non contento. Che cosa non è andato?
Nessuno dei ragazzi ha raggiunto il proprio 100 per cento nel momento clou della stagione e su questo dobbiamo ragionare. Diciamo che Francesca c’è arrivata più vicina possibile. Una nota positiva è arrivata anche da Albert Groppo, tra gli Under 23 che dopo un europeo molto deludente ha fatto un ottimo mondiale dove soltanto una caduta in semifinale gli ha tolto la qualificazione. Ma abbiamo visto l’Alberto che conosciamo, aggressivo, determinato.


Ci si aspettava molto da Radaelli dopo i suoi allori giovanili…
E’ vero e anche lui stesso si aspettava riscontri da questo mondiale, invece si è trovato in una situazione non gestita bene agli ottavi il primo giorno. E’ stato purtroppo l’unico dei sei a non qualificarsi alle fasi finali. Mi dispiace per Federico Pasa, che fra gli juniores poteva davvero far bene ma dopo l’infortunio alla spalla all’europeo ha avuto poco tempo per allenarsi e alla fine ha pagato dazio.
Quanto è pesata la vicenda Sciortino, la sua esclusione dopo la positività alle analisi per una sostanza vietata?
I ragazzi sono veramente stati bravi a isolarsi, a non farsi coinvolgere da una situazione che è scomoda e che ha dato fastidio e ha colto tutti impreparati. Pesa molto per me perché come cittì ovviamente mi ero fatto il programma ideale nella rincorsa olimpica che va completamente rivisto. Aspettiamo di vedere come si evolverà la vicenda, per valutare come muoverci il prima possibile.


Uscendo dal panorama italiano, questo mondiale che cosa ha detto?
Ha confermato secondo me che se vogliamo scegliere una nazione a cui ispirarci ce l’abbiamo vicino casa. E’ anche difficile fare un confronto tra noi e la Francia, guardando i numeri che hanno, parliamo di 10 mila iscritti, di società finanziate dai vari dipartimenti e che sono semiprofessionistiche. Anche il lavoro della nazionale stessa, diventa a quel punto molto più semplice. Là il grosso lo fanno le squadre private, in nazionale ci si limita a guardare, selezionare e convocare. Noi dobbiamo stimolare i club, dai quali trovo sempre maggiore disponibilità, e come squadra nazionale dobbiamo allo stesso tempo dare il supporto e la direzione alle squadre perché questo avvenga. Stiamo già discutendo su quel che è stato fatto quest’anno, che è piaciuto e quello che invece va migliorato. Se vogliamo sognare LA28, non dobbiamo perdere tempo…