Gli allenamenti al caldo e adattare il corpo a sostenere le alte temperature hanno effetti benefici sulla performance. Si parla di heat training. Fare preparazione in altura non è più sufficiente, perché all’allenamento in quota ora si abbina un periodo di training/adattamento al caldo (inteso come caldo esterno e calore prodotto dall’individuo), dove si cerca di interpretare le reazioni del corpo quando è messo sotto stress.
Una nuova frontiera (ormai sdoganata in ambito pro’) è l’heat training e la sua valutazione tramite il sensore Core, i dati forniti durante l’allenamento e la conseguente valutazione soggettiva, atleta per atleta. Cerchiamo di approfondire l’argomento.


Ottimizzare la preparazione per il lungo periodo
Uno studio recente mostra che buona parte dei benefici ottenuti grazie alla preparazione in altura vanno a scemare nel corso delle 3 o 4 settimane successive. Però, gli stessi benefici dell’allenamento in quota possono essere sfruttati per un periodo dilatato nel tempo a patto che si inserisca un blocco di heat training, con relativo adattamento al caldo. Quali sono i benefici primari? Su tutti, viene mantenuto un elevato tasso di emoglobina ed in alcuni casi c’è un ulteriore aumento di quest’ultimo. Il corpo si adatta ad un lavoro a temperature elevate.
La preparazione in quota aiuta/agevola/favorisce l’aumento della massa emoglobinica, beneficio che scompare rapidamente quando si torna a livello del mare. Lo studio condotto Medicine&Science in Sports&Excercise ha dimostrato che, l’inserimento di tre sessioni settimanali di heat training (nel corso delle tre settimane e mezzo successive al ritiro in quota) ha effetti benefici sulla capacità dell’atleta di mantenere un alto tasso di emoglobina. Per entrare ancora di più nel dettaglio abbiamo chiesto al dottor Tobias Schmid, Product Manager di Core.


Tobias, esiste un range medio di temperatura utilizzato per l’heat training?
Se parliamo di ambiente non esiste un range ottimale di temperatura, perché il corpo si può adattare anche a temperature estreme. La preparazione eseguita al caldo è parte di un percorso di adattamento. Si stimola il corpo ad eliminare il calore eccessivo che dipende da molteplici fattori ambientali, come ad esempio l’irradiazione solare, la velocità del vento, umidità e la stessa temperatura esterna.


Quale è la temperatura interna che un atleta può raggiungere durante lo sforzo fisico?
La temperatura interna del corpo può variare notevolmente, in base all’intensità dello sforzo e alle condizioni ambientali. Le temperature “normali” che possiamo vedere durante una prestazione atletica, durante una preparazione o allenamento, sono comprese tra i 38 e 39,5°C. Un atleta professionista può arrivare anche a 41,5°C, cifra che abbiamo documentato durante i Mondiali di Doha nel 2016.
Esiste una soglia individuale/soggettiva, diversa da atleta ad atleta?
Esiste ed è quel punto in cui la performance inizia a calare. Può cambiare da un atleta all’altro, è fortemente influenzata dai fattori ambientali e dalla temperatura cutanea misurata con il sensore Core. Questa soglia può essere modificata con la preparazione al caldo ed allenamenti mirati. Il miglioramento è quantificabile anche solo dopo 10 giorni.


Quindi l’adattamento al caldo è differente tra un corridore ed un altro?
Sì, allenarsi al caldo e sfruttarne i benefici è un processo individuale, perché le risposte fisiologiche sono diverse. Le risposte del fisico sono differenti, così come gli adattamenti, di conseguenza tutto quello che riguarda la preparazione heat training deve essere cucita addosso alle caratteristiche di ogni singolo atleta.