Stamattina Almeida aveva lo sguardo assonnato, ma quando indossi la maglia rosa non puoi permetterti distrazioni. Soprattutto se il finale di tappa presenta uno strappetto maligno, su cui puoi riprenderti pochi secondi e un po’ di morale. E alla fine a San Daniele i secondi a favore del corridore della Deceuninck-Quick Step sono stati solo due, ma il morale un po’ di più.
«Non c’è paragone con quello che abbiamo davanti – spiega Almeida – non volevo sprecare energie, ma visto che tutti sarebbero scattati, l’ho fatto io per primo per difendermi».
Fin qui le poche parole stringate della conferenza stampa dopo l’arrivo, unite alle considerazioni sul fatto che preferisca il caldo, ma se fa freddo basta mettersi un giubbino più pesante. Quel che invece serve per capire meglio chi sia questo ragazzo, Almeida lo ha detto il giorno prima durante il riposo.
La sua squadra
«Entrare in maglia rosa nell’ultima settimana – dice Almeida – del mio primo Giro d’Italia è qualcosa che non avrei mai potuto sognare. Ho avuto giorni davvero duri, ma sensazione fantastiche. Non so ancora fino a che punto potrò arrivare, ma ho una squadra davvero fantastica al mio fianco. La situazione è reale, ma è anche come un sogno».
La sua condizione
«Questa gara è stata finora un ottovolante di emozioni. Il programma di inizio stagione prevedeva la Vuelta e ho saputo del Giro solo un mese e mezzo prima. Siamo a tutta dall’inizio della stagione, sono riuscito a fare un ottimo lavoro durante il lockdown e nel nostro ritiro a luglio in Val di Fassa, quindi nelle gambe ho un’ottima preparazione».
Il suo morale
«Sono sempre stato un personaggio rilassato, cerco di esserlo, ma posso anche diventare ansioso. La gente pensa che io non stia soffrendo o che sia troppo rilassato. In realtà, rimugino tanto sulle cose e questo mi dà grandi motivazioni, come spero si sia visto nelle ultime due settimane. Penso anche che la mia faccia abbia mostrato la sofferenza degli ultimi giorni».
Il suo coraggio
«Mi piace Cristiano Ronaldo – dice Almeida – ispirazione per tutti i giovani sportivi del Portogallo. Non seguo il calcio e non sono come lui, ma lo stesso la reazione in Portogallo è stata pazzesca. Le persone hanno capito il mio duro lavoro e spero che continueranno a supportarmi anche quando non sarò al vertice, perché nello sport non si può rimanere sempre al top. Piancavallo è stata la salita più difficile che abbia mai fatto, anche se in allenamento ho fatto per due volte lo Stelvio e lo conosco bene. Spero si faccia, anche se troveremo la neve. E’ una sfida che mi affascina».
I suoi maestri
«A volte mi innervosisco ed è qui che alcuni dei personaggi più esperti come Keisse e Bramati mi tengono calmo. Il primo mi insegna come affrontare le singole giornate. Ho iniziato la stagione con lui in Australia e da lì ho imparato tantissimo. Bramati invece ha tanta conoscenza ed esperienza, ma sa anche quando alleviare la tensione con una battuta e farci ridere».
Il suo sogno
«Qualunque cosa accada nei prossimi giorni, questo Giro è stato fantastico. Tutto ciò che verrà sarà un bonus. Per essere onesti, mi piacerebbe molto vincere la maglia bianca e portarla a Milano. Ma stiamo correndo da due settimane e il terzo posto in classifica generale è a quasi tre minuti. Forse se resterò regolare, potrei finire sul podio. E quello sarebbe un sogno, qualcosa di incredibile».
Difficile dire se lo scatto di San Daniele sia stato il canto del cigno. In ogni caso, per essere un ragazzo di 21 anni che al Giro neppure doveva venirci, Joao Almeida ha dimostrato tanta concretezza e aperto una breccia sul fatto che a volte i sogni a volte possono avverarsi.