All’appello mancavano soltanto Mathieu Van der Poel e Alaphilippe. L’olandese è arrivato ieri sera in Francia, nella base logistica scelta dalla federazione olandese per tutte le discipline ciclistiche. Il francese ha fatto lo stesso. Evidentemente le preparazioni si somigliano, in più oggi i corridori hanno potuto provare il percorso, anche se Van der Poel ha ritenuto di farne a meno.
Di Evenepoel si è già detto, se non altro per la conquista del titolo olimpico a crono. Poi c’è Van Aert, che con il terzo posto ha riservato per sé un posto in prima fila anche per la corsa di sabato. Altri corridori saranno certamente della partita, anche il Pidcock in super forma dopo l’oro nella mtb. Ma Van der Poel e Alaphilippe hanno conquistato classiche e mondiali correndo in maniera garibaldina e sono due dei più accreditati per far esplodere la corsa.
«Credo di aver seguito la preparazione ideale – dice il francese – con un approccio diverso dai miei connazionali Madouas, Laporte e Vauquelin. Non ho corso il Tour de France, ma ho fatto comunque il massimo. Mi sento bene, motivato. Non mi considero un favorito, sono qui per dare il massimo per la Francia, questo mi sta a cuore».


Un momento unico
C’è quasi il rimpianto per la scelta di aver rinunciato a Tokyo e insieme la consapevolezza di aver riallacciato il filo con il Julian arrembante, capace di attaccare e poi vincere in volata.
«I Giochi non possono essere un obiettivo ordinario – dice – le ultime edizioni dicono che anche nel ciclismo stanno diventando sempre più importanti e con un livello altissimo. Avevo scelto di restare a casa nell’anno di Tokyo per la nascita di mio figlio. Ma già allora dissi che speravo di esserci a Parigi. Era nella mia mente da un po’ e mi stavo preparando. Tutti avranno una carica d’animo in più perché sono i Giochi. Sarà un momento unico».


Come per Glasgow
Van der Poel è molto meno solenne, non si sa se per prudenza o perché ormai è talmente abituato alle grandi vigilie, da non sentire più di tanto quella olimpica. Certo il fatto di risiedere in un hotel a 35 chilometri da Parigi fa sì che la quotidianità sia piuttosto… ordinaria.
«Mi sono allenato in Belgio – spiega – avevo pensato di andare in Spagna, ma alla fine ho rinunciato. C’era poco tempo e poiché parteciperò ai Giochi con una nuova bici Canyon, ho preferito restare vicino al centro di assistenza. Ho cercato di guardare quello che ho fatto l’anno scorso, cercando di mantenere la stessa linea. Anche i mondiali di Glasgow si corsero due settimane dopo il Tour, solo che quest’anno è stato un Tour diverso, posso quasi dire di esserne uscito meno stanco. Per questo avevo ancora bisogno di allenamenti duri che mi facessero venire mal di gambe. Martedì ho fatto l’ultima distanza. Ora mi sento bene e cerco la gamba di Glasgow e quella sensazione di freschezza».


Meglio senza radio
Non deve essere semplice essere additato anche questa volta come colui che può far esplodere la corsa e forse per questo Van der Poel tende a sviare il pronostico.
«E’ una corsa atipica – dice – non è come nelle classiche, quando imposti una tattica e puoi controllare la gara. Questa volta sarà diverso. Nessuno sa in quale punto si farà la selezione, non è detto che succeda sulla salita di Montmartre. Dovremo soprattutto restare attenti e non farci sorprendere da una fuga da lontano. Se dovesse succedere, la corsa si chiuderebbe subito. So che tanti vogliono aprirla da subito, anche a Evenepoel piacciono certe situazioni. Mi piace il fatto che si corra senza auricolari, sono favorevole. Puoi decidere con la tua testa e questo di solito produce corse migliori. E soprattutto è un vantaggio per i corridori che sanno leggere la corsa».