Palestra, elemento sempre più imprescindibile nella preparazione di tutti gli sport. Anche del ciclismo. Una volta, 20 anni fa non 100, i diesse ti dicevano di andare a comperare persino il pane in bici. Di non camminare, di non fare le scale… Bici e soltanto bici. Adesso in palestra si lavora tutto l’anno. E lo fanno anche gli scalatori.
Ne parliamo con Marco Compri. Laureato in Scienze Motorie, è direttore sportivo di terzo livello e soprattutto collabora con la Federciclismo e il Centro Studi, dove si occupa dei lavori “a secco” degli atleti.
Marco Compri (di spalle) parla con Simone Consonni e Fred Morini Compri (a sinistra) con Diego Bragato, responsabile del Centro Studi, e Tommaso Lupi cittì della nazionale di Mtb
Marco Compri (di spalle) parla con Simone Consonni Compri (a sinistra) con Diego Bragato, responsabile del Centro Studi
La forza al centro
«Esatto, mi occupo della gestione dei volumi e dei carichi dei nostri pistard – conferma Compri – oggi la palestra si fa tutto l’anno, ma sono cambiate tante cose. La componente forza è l’altra faccia della medaglia del ciclista. Ci sono la componente metabolica e, appunto, quella della forza. Semplificando al massimo possiamo dire che gli scalatori fanno più riferimento alla prima e i velocisti alla seconda.
«La cultura della palestra sta tornando in modo prepotente perché si ha la necessità di avere dei picchi di forza molto importanti. Oggi in tanti spingono il 54-55 e non è possibile pensare di farlo in modo efficace senza eseguire dei lavori specifici. In bici puoi fare dei lavori sulla forza, ma certi picchi non li raggiungerai mai. E questo è importante per i velocisti, ma non è di minor rilevanza per gli scalatori».
Ed è in quest’ultima frase che sta la chiave del discorso. Avere dei picchi alti è importante anche per gli scalatori perché se decade la forza, decade anche la resistenza. Se si dispone di un picco di forza elevato, migliora l’efficienza della pedalata e soprattutto lo scalatore può lavorare con carichi maggiori nel lungo periodo.


Richiami o no?
Ricorrendo alla palestra e ai pesi con una certa costanza ha ancora senso parlare di richiami? Oppure sarebbe meglio definire la palestra come “parte integrante della preparazione?
«Il lavoro – dice Compri – è cambiato perché è cambiato l’approccio alla palestra. Fino a 5-6 anni fa si facevano dei lavori a basso carico: il lavoro era finalizzato alla resistenza. Adesso invece è finalizzato alla forza. In pratica si fanno più serie e meno ripetute ma con più peso (esempio con numeri a caso: prima si facevano 2 serie da 30 ripetute con 10 chili, adesso si fanno 4 serie da 10 ripetute con 40 chili, ndr).
«Di base – riprende Compi – i corridori ricorrono alla palestra in modo importante in due momenti della stagione: all’inizio e nella pausa maggiore, ma poi non la tralasciano per oltre dieci giorni. Quando si fanno questi richiami si lavora con l’80-85% del proprio carico massimale (se ho un massimale di 100 chili, lavoro con 85 chili, ndr). Ma perché si lavora con una certa regolarità? Perché è diverso l’approccio agli attrezzi. Prima si ricorreva molto ai macchinari, adesso si tende a lavorare a corpo libero e con il bilanciere. E se fai passare troppi giorni, poi perdi il picco e l’efficienza del gesto stesso. E anzi, rischi di farti male. Molti atleti appena finiscono il Giro d’Italia, per esempio, riprendono immediatamente con il lavoro in palestra, altrimenti i loro massimali decadono sensibilmenteı».


I segreti del bilanciere
Si preferisce utilizzare un attrezzo a corpo libero come il bilanciere anziché i macchinari perché oltre alla forza, non va trascurata la stabilità. Aspetto che gli atleti della mountain bike, anche per altre ragioni, hanno capito con molti anni in anticipo
«Nella preparazione di un ciclista – spiega Compri – non va trascurata la gestione del mezzo. La bici è stabilizzata dal ciclista, ma il ciclista per stare in equilibrio deve attivare molti muscoli. Serve quindi fare del “core stability” intervenendo anche su arti superiori, addominali, glutei… Ma se io lavoro sui singoli distretti muscolari senza “raccordo”, il lavoro resta incompleto. Lo squat fatto con il bilanciere attiva 272 muscoli contemporaneamente, se invece metto il peso in un punto isolato non li attivo tutti. Elimino tutto ciò che mi stabilizza. Fare lo squat col bilanciere anche se meno specifico è più funzionale.
«Altra cosa che si sottovaluta: con il macchinario la velocità di esecuzione e la forza impressa sono costanti. Con il bilanciere c’è il momento iniziale che richiede un grande sforzo per rompere l’inerzia. E di conseguenza cambia anche la velocità del gesto».


Scalatori vs velocisti
Se facessimo una sfida di pesi sapremmo già chi vincerebbe, è chiaro. Gli obiettivi di scalatori e velocisti sono diversi. Ma com’è la palestra dell’uno e quella dell’altro?
«Poniamo – conclude Compri – che la gara obiettivo sia fra sei mesi. Il velocista in questo lasso di tempo lavora costantemente con carichi pari all’85-90% del suo massimale al di là di quello che farà in bici o se farà anche delle gare. Lo scalatore, invece, per i primi due mesi lavora allo stesso modo dello sprinter, con le stesse percentuali di carico, poi inizia a lavorare sulla forza in bici, con le classiche Sfr (e non solo quelle). Ogni tanto torna in palestra ma fa esercizi a corpo libero come balzi, squat monopodalico… e lo fa perché deve mantenere la forza. Per il velocista, che cerca di aumentarla, questo non va bene».



