Il Tour de France ha reintrodotto le norme anticovid. Sull’esperienza di quanto accaduto al Giro, la Grande Boucle vuole evitare la “moria” di corridori che c’è stata in Italia. E giustamente si sono mossi in anticipo. La corsa rosa ha pagato i contagi che c’erano stati nelle Ardenne e al Romandia. Molti di quei corridori erano gli stessi che poi si sarebbero incontrati al Giro. La mattina della Liegi sono stati almeno una decina i non partiti per Covid o febbre. E subito dopo sono emersi altri casi. Uno su tutti: Giulio Ciccone, che infatti ha rinunciato al Giro.
E così alla vigilia del Delfinato, Aso ha incontrato le squadre per comunicare le restrizioni. L’agenzia Reuters riporta di un documento distribuito ai team, in realtà sembra ci sia stato un vero incontro con le squadre. L’obiettivo: evitare nuovi casi Evenepoel…
Mascherine e distanza
Di fatto tornano le mascherine da indossare in pubblico e questo vale per corridori, staff, manager… ed è stato dato anche un giro di vite per quanto riguarda selfie e soprattutto autografi. Non si potrà mangiare fuori dagli hotel assegnati, ritornano le distanze sociali.
Il virus gira. Non siamo più in pandemia e non è più così pericoloso. Però è anche vero, e ne abbiamo parlato più volte, che c’è un Covid per le persone “normali” e uno per i corridori. Non conoscendo le conseguenze a cui può portare in modo definitivo questo virus, spesso gli atleti si fermano in via precauzionale.
Ne abbiamo parlato con Mauro Gianetti, dirigente della UAE Emirates di Tadej Pogacar, per conoscere più o meno cosa ne pensano le squadre di questo ritorno “ai vecchi temi”, ma con più conoscenze riguardo il Covid stesso. Insomma, situazione seria sì, ma tutto sotto controllo.
Mauro, dunque Aso ha parlato con voi team? Ha distribuito questo documento…
In realtà si sono relazionati con i medici dei team e certi dettagli non li conosco. Però posso dire che c’è un punto importante, anzi fondamentale.
Quale?
La grande attenzione, almeno per noi della UAE Emirates, che poniamo prima del Tour e in particolar modo la settimana prima della Grande Boucle. In quella fase abbiamo raccomandato a tutti i nostri componenti (corridori e staff, ndr) di limitare al massimo i contatti con l’esterno, di seguire le norme di profilassi e di farsi dei tamponi rapidi. Vanno bene anche quelli comuni. Magari farne un paio nella settima prima di arrivare al Tour.
Perché questa scelta?
Perché poi una volta al Tour, le cose per certi aspetti sono un po’ più semplici. Siamo noi. Riusciamo a stare più in “bolla”, chiamiamola così. Poi è chiaro che non basta. Pensiamo che i corridori in gruppo sono affiancati, respirano, sudano… però anche gli altri sono più controllati. Da parte nostra dunque l’attenzione non è alta: di più.
Proprio voi in UAE Emirates avevate un protocollo igienico importante, con una speciale sanificazione di bus, stanze, auto…
Per certi aspetti continuiamo a prestare attenzione, ma quel protocollo, e ammetto che un po’ mi spiace ammetterlo, non c’è più. Non c’è più perché il Covid non è più quello di prima e molto è cambiato in generale. Poi ci siamo resi conto che comunque bastava un contatto esterno e tutto saltava: mixed zone, zona premiazioni, autografi… Lì ci sono parecchie persone che hanno anche contatti con l’esterno.
In generale dunque vi piace questo richiamo all’attenzione riguardo al Covid?
E’ bello che Aso pensi a questa cosa e che ci sia questa bolla. E’ vero, ripeto, che il Covid non è più così grave, ma se è possibile evitare di mandare dei corridori a casa siamo ben contenti chiaramente, anche se poi non tutti ragionano alla stessa maniera. Abbiamo imparato che si può evitare un’influenza e si può evitare anche il Covid.
E riguardo ad eventuali positività come ragionerete? Farete come per Majka e Ayuso lo scorso anno (rimasti in corsa ugualmente in quanto la carica era bassa) o se è positivo l’atleta torna a casa a prescindere?
Speriamo che non ci siano positivi! E speriamo di non dover arrivare a quel tipo di valutazione, ma vedremo…