«Non è vero che nessuno ha protestato – dice Claudio Cozzi con la voce risentita – avete mai partecipato a una riunione dell’UCI sul WorldTour? Ci sono le 18 squadre che, avendo comprato la licenza, sono soci della stessa organizzazione. Arrivano alle riunioni e gli viene detto: «Abbiamo deciso di fare così!». Punto. Avete mai sentito di qualche decisione presa in accordo con le squadre? Tante si sono lamentate per la situazione. Era a rischio anche la Movistar, come anche la Bike Exchange che ha la licenza da 10 anni…».


Calendari diversi
La Israel-Premier Tech invece è retrocessa. Nel ciclismo stupendo ma per certi versi disfunzionale degli ultimi anni, quel che si fatica a considerare credibile è il sistema dei punti – promozioni e retrocessioni – varato dall’UCI. E’ palese che se le squadre non disputano lo stesso… campionato, è impossibile che la classifica risulti attendibile. Così c’è chi ha gareggiato per tutto l’anno nel WorldTour e chi invece ha fatto razzia di punti nelle corse più piccole. Come quando nel dilettantismo dei prima e seconda serie, si andavano a disputare le tipo pista al Sud che davano gli stessi punti delle corse al Nord.
La squadra del miliardario israeliano Sylvan Adams è finita tra le professional a capo di una stagione non certo brillante, anche se ha presentato ricorso. E siccome meglio di loro ha fatto anche la Total Energies di Sagan e compagni, nel 2023 la squadra israeliana sarà soggetta agli inviti. Le wild card, spiega infatti Cozzi, spetteranno infatti alla Lotto Dstny e al team francese.


Come l’avete presa?
Non bene. Sono stati spostati i mondiali di calcio, sono state rimandate le Olimpiadi, non so perché abbiano continuato con questa situazione, visto che già a dicembre qualcuno si lamentava. Il nostro percorso è stato molto accidentato dall’inizio della stagione. C’erano corridori che arrivavano alle corse e li dovevi rimandare a casa subito perché stavano male. Vomito e dissenteria nel periodo del virus intestinale, oppure Covid o febbre. Per problemi come questo abbiamo perso tutta la parte importante della stagione. Abbiamo avuto un po’ di luce al Gran Camino dove Woods ha vinto la tappa, poi è arrivato secondo in classifica.
Siete mancati soprattutto a primavera…
Ben Hermans non ha mai corso quest’anno ed è uno che ha sempre portato punti. Mancando corse importanti come Tirreno, Sanremo, Strade Bianche, Catalunya, Paesi Baschi e classiche, sono tanti punti che perdi. Alla fine dell’anno scorso eravamo a metà classifica. L’anno prima eravamo entrati nel WorldTour con i contratti in essere, quindi il team era quello, con rispetto per i corridori che c’erano. Non era andata neanche male. Avevamo vinto una tappa al Giro con Dowsett e una alla Vuelta con Dan Martin, che era arrivato quarto. Anche l’anno scorso è stata una buona stagione con una tappa al Giro e altre vittorie. Invece quest’anno purtroppo non abbiamo mai potuto essere competitivi. La gente parla, però io so quanto abbiamo lavorato.


Per provare a salvarvi?
Abbiamo lavorato per cercare di risolvere la situazione, anche mettendo sotto stress staff e corridori. Per andare a cercare le corse, rendendoci conto che non è logico il modo in cui è stata fatta la divisione dei punti fra le corse di seconda categoria e quelle WorldTour. C’erano dei momenti in cui noi facevamo contemporaneamente 2-3 corse WorldTour, mentre altre squadre di cui non faccio il nome, andavano nelle corse minori a fare tutti i loro punti.
Retrocedere significa non avere più il calendario di prima.
Un’altra cosa che secondo me non è normale è il periodo di tre anni fino alle prossime promozioni e retrocessioni. Se così vogliono fare, allora il meccanismo deve essere secondo me annuale, come in tutti gli sport. Per come è adesso, le wild card le avranno la Lotto e la Total Energies che è finita davanti a noi, mentre noi saremo soggetti agli inviti. Poi guardi il livello delle squadre e pensi: le due che sono salite hanno l’organico per fare i tre grandi Giri? Forse la Alpecin, che però ha perso Merlier e Jay Vine, che gli ha vinto due tappe alla Vuelta. Hanno Philipsen e Van der Poel, ma anche loro dovranno barcamenarsi.


Quanto è stato stressante per staff e corridori?
Io vi dico che non ho mai finito stanco come quest’anno. C’erano più corse da fare. A un certo punto Verbrugghe (altro tecnico della Israel, ndr) mi ha chiesto se dovessimo fare ancora più corse. Ma cosa volevi fare di più? Abbiamo corso tantissimo. Quando è finita l’ultima, la Veneto Classic, ha ricominciato a circolarmi il sangue, dopo mesi di biglietti da fare e rifare, corridori da mettere insieme per le corse, biciclette da spostare, i mezzi. Mostruoso, non potete immaginarlo. Non ho mai fatto così tanto lavoro in vita mia…
Cambia qualcosa nella squadra 2023?
L’organico rimane uguale, alla fine saranno 26-27 corridori. Non puoi averne tanti di meno, almeno da quello che ho capito, se vuoi provare a ritornare nel WorldTour. Smantellare sarebbe deleterio, perché comunque l’idea è costruire una squadra che diventi un riferimento. Sylvan Adams qualcosa per il ciclismo l’ha fatto. Ha organizzato la grande partenza del Giro da Israele. Ha aiutato le ragazze afghane a venire qua. Ha istituito la Fondazione per costruire un centro in Rwanda, che partirà presto. Insomma, io spero che lui possa rimanere nel WorldTour perché se lo merita.