Quando il ciclismo è storia e passione non si può non pensare a Campagnolo. Un’azienda con oltre ottant’anni di tradizione alle spalle, conosciuta oggi in tutto il mondo per qualità e continua innovazione. Generazioni che si sono susseguite, e continuano tutt’oggi a scambiarsi il testimone, che oggi guidano una tra le aziende leader del ciclismo gravel e su strada.
Durante il weekend veneto firmato da Pippo Pozzato, abbiamo avuto modo di avvicinarci all’azienda che per l’occasione vestiva i panni di uno dei main sponsor dell’evento Ride the Dreamland. Assieme a Nicola Baggio, responsabile marketing e commerciale per l’azienda vicentina, siamo andati a fondo su novità, dettagli tecnici e obiettivi futuri.
Nicola, cosa significa essere sponsor di Ride the Dreamland?
Per noi ha molti significati. E’ anzitutto promozione del territorio, obiettivo centrale anche per Campagnolo, perché qui sono nati grandi brand, ma anche per il turismo che arriva grazie al ciclismo. Ride the Dreamland ci permette inoltre di portare i nostri clienti all’interno dell’azienda: c’è quindi un grande contenitore-evento e Campagnolo è al centro.
Palando di cifre e di mercato, qual è l’andamento del settore gravel in Italia, rispetto magari a mercati esteri?
Il gravel è uno dei segmenti più in crescita. E’ difficile stabilire se rispetto all’estero qui in Italia vada meglio o peggio, ma ciò che possiamo dire con assoluta certezza è che c’è stato un forte incremento nel settore gravel e siamo convinti che crescerà ancora. Noi abbiamo avuto una forte spinta in questo senso grazie al nostro gruppo a 13 velocità, l’unico e il più leggero al mondo: l’Ekar, supportato da Levante, la prima ruota gravel firmata Campagnolo. Performance, qualità e resistenza sono alla base di questi prodotti, nonché parte del nostro DNA ed è grazie a questi valori che definiamo la nostra posizione nel settore gravel nel mondo. A maggio sono finiti per noi due anni fiscali, e comparandoli con il periodo precedente possiamo dire che abbiamo avuto un incremento pari al 170% e oggi il gravel rappresenta il 20% dell’intero fatturato dell’azienda.
Guardando invece alla produzione generale, come sono riprese le vendite dopo lo stop causato dal Covid?
Sicuramente dopo il Covid abbiamo registrato anche noi un grande boom nelle vendite. Il segmento cycling ha infatti avuto subito un incremento di domanda a fronte di una filiera distributiva (negozi e distributori stessi) che avevano uno scarico di magazzino. Questo ha avuto un forte impatto in termini di richieste portando a incrementi in tutte le aziende nel settore. Ora il tema centrale è allineare la domanda, che è cresciuta nel tempo e lascerà al ciclismo un numero più ampio di consumatori finali. Questo effetto, che definiamo “effetto frusta della filiera distributiva e produttiva” creerà dei momenti di “sovra-stock” che verranno poi assorbiti nell’arco di un medio periodo, speriamo breve. Quello che è certo è che si ripartirà da un mercato con più consumatori. Il business che ruota attorno al ciclismo è un business sano: i consumatori vogliono continuare su questo sport migliorando e innovando i mezzi di cui dispongono, cambiando per esempio la componentistica.
Pensando al gruppo Ekar e ad eventi come il mondiale e la Serenissima Gravel, questa per voi è un’ottima vetrina…
Assolutamente. In questo momento inoltre c’è un acceso dibattito sui gruppi elettronici e quelli meccanici ed è evidente che ci sia una tendenza a promuovere di più i primi. Siamo però consapevoli, così come ci viene riportato da esperti del settore, che i gruppi meccanici nel gravel hanno dei vantaggi. Abbiamo quindi voluto sfruttare il mondiale gravel per mostrare e spiegare attraverso i nostri atleti quanto l’Ekar meccanico sia performante.
Parlando di ciclismo professionistico invece quali sono le squadre che sponsorizzerete il prossimo anno, nella stagione 2023?
Il prossimo anno affiancheremo il team francese AG2R Citroen Team.
Fornendo i vostri prodotti a squadre professionistiche, riceverete sicuramente dei feedback sia dagli atleti stessi che dai meccanici. Cosa vi dicono?
Generalmente abbiamo una collaborazione che prevede, in fase di test del prodotto, una prova dell’articolo anche da parte dell’atleta, al quale poi segue un feedback. A questo si affianca poi il parere dei beta-test. Oltre al giudizio dell’atleta consideriamo infatti anche quello del cliente, solitamente del produttore e quello del consumer, che arriva generalmente dai negozi, molto vicini ai clienti finali. Sono tanti quindi i feedback che riceviamo e sono molto diversi tra loro. La valutazione dell’atleta è quella più puntigliosa, perché stressa in maniera molto forte il prodotto e sa fornire un feedback con cognizione di causa. Dai meccanici poi abbiamo delle recensioni più pratiche, sulle pratiche di montaggio e smontaggio, di funzionalità e qualità, non solo di performance.
Che cosa significa personalmente essere il responsabile marketing e commerciale di una brand storico come quello di Campagnolo?
E’ sicuramente una bella sfida, sia personale che professionale, che ho abbracciato circa un anno e mezzo fa. Questo mi porta da una parte ad avere la consapevolezza di rappresentare uno dei brand più iconici del ciclismo. Dall’altra invece, parlando con i clienti, mi rendo conto dell’affetto, della passione e dell’entusiasmo che c’è nei confronti del brand, che va sempre alimentato in termini di innovazioni e contenuti. Per me tutto questo è molto stimolante, perché mi fa capire che l’area di miglioramento e di crescita da parte dell’azienda sotto il profilo comunicativo e di posizionamento del brand, si basa sulla strategia che impieghiamo e impiegheremo. E’ stimolante appunto la connessione tra quello che il brand rappresenta nel ciclismo e quella che è la ricettività della platea.
Recentemente, per concludere, sappiamo che la UAE Team Emirates di Tadej Pogacar è passata a Shimano.
Come azienda abbiamo deciso di non commentare quanto successo.
Campagnolo non è solo una marchio storico, ma anche parte della visione del ciclismo, prima italiano, poi mondiale. La ruota alata dev’essere più che un rimando all’azienda, l’orgoglio dell’italianità del brand stesso.