Lorenzo Germani si è rintanato da sua nonna a Roccasecca, a 700 metri da casa dei suoi, per allenarsi e non correre rischi.
«Mio fratello va a scuola – dice – i miei genitori lavorano. Niente di pericoloso, ma per evitare rischi prima di Natale sono venuto qui. Le Feste le abbiamo fatte insieme, poi loro sono tornati a casa».
Roccasecca è un paese in collina di neanche 10 mila abitanti nella parte bassa della provincia di Frosinone, dove le strade sono ideali per allenarsi. Più giù c’è Caserta ed è da queste alture boscose che Lorenzo, 18 anni, partirà a febbraio per il primo ritiro con la Groupama-Fdj Continental. La scuola, come ci aveva già raccontato a settembre, l’ha finita un anno prima. E adesso ha scelto di concentrarsi sul ciclismo, con due anni di contratto da sfruttare al meglio.
Lo intercettiamo al ritorno da un allenamento, vestito di tutto punto dei nuovi colori e sulla nuova Lapierre che gli piace un mondo.
Quali contatti hai avuto con la squadra?
Ci siamo visti a ottobre, il solo contatto finora. Abbiamo fatto la biomeccanica e recuperato il materiale. Avremmo dovuto fare un ritiro a dicembre a Calpe, ma il Covid si è messo di mezzo. Adesso dovremmo andare intorno al 10 di febbraio. Abbiamo fatto qualche riunione su piattaforma digitale. Ci siamo sentiti con il direttore sportivo e l’allenatore. Siamo molto seguiti.
E’ cambiato qualcosa nella tua preparazione?
Hanno voluto che facessi 5 settimane di stop totale, poi abbiamo iniziato gradualmente, con calma, aumentando progressivamente il carico. Prima qualche camminata, un po’ di corsa, poi la bici. Ieri sono arrivato per la prima volta quest’anno a fare 4 ore. Quello che però è cambiato di più è l’organizzazione dell’allenamento.
Vale a dire?
Abbiamo il diesse e due preparatori che ci seguono alle corse. Sono loro a suddividere il programma fra strada e palestra e poi entra in scena il coach per la palestra, che carica su un drive i video e le tabelle degli esercizi che dobbiamo fare. E siccome le palestre sono chiuse, mi aiuta un amico che a casa, oltre alla pressa, ha tutto quello che serve.
Come va con la lingua?
Si parla inglese. Su 13 corridori, solo 5 sono francesi, oltre allo staff chiaramente. In più c’è un insegnante di lingue per l’inglese e il francese. Vogliono formarci prima come persone e poi come atleti e questo è molto interessante. Al primo incontro c’erano un inglese che parlava francese e uno svizzero di lingua francese che parlava in inglese. E’ stato divertente. E io sono andato da loro e gli ho chiesto: «E con me che lingua parlate?». Abbiamo riso.
Una bella esperienza di vita, no?
Infatti. E da marzo vogliono che andiamo tutti insieme nella sede di Besancon, che sarà una bella esperienza anche a livello umano. Ho due anni di contratto, vedremo se sarò in grado di passare nella WorldTour, ma alla peggio mi ritroverò con due lingue in più nel curriculum.
Avete punti in comune con il team dei grandi?
Loro forse sono più francesi di noi, ma gli sponsor e i materiali sono identici. Avevo già tutto in mano da ottobre, tranne l’abbigliamento che è arrivato da poco. Il Garmin, le scarpe, la bici…
Cosa ti pare della Lapierre?
Abbiamo tre modelli. Quella da crono, la Xelius che è più per scalatori e la AirCode per i passisti. Io ho scelto la Xelius e mi ci trovo benissimo.
Ti capita di sentire gli ex compagni della Work Service? Resti convinto della tua scelta?
Convintissimo! La mia non è stata una scelta di squadra, ma ho puntato alla crescita personale. Voglio imparare a vivere e correre in altri Paesi, fare le grandi corse. Non so ancora da dove inizierò. Nel calendario ci sono gare in Francia, Belgio, Olanda e anche le più importanti in Italia.
Ti senti spesso con Quinziato?
Abbiamo un bel rapporto, più che un procuratore è un amico. Voleva venirmi a trovare a Roccasecca, ma non potevamo farlo venire fin giù. Per cui la prima volta che ci siamo visti, io e mio padre lo abbiamo incontrato all’aeroporto. Parliamo più di vita che di ciclismo. E’ un riferimento, troppo bravo e tropo simpatico. Ci sentiamo spesso. Sono molto contento di averlo incontrato.
Cosa si aspettano da te?
Non mettono pressione. Vogliono che cresciamo come corridori, che facciamo squadra e che diamo una bella immagine. Non gli interessa chiudere l’anno con 30 vittorie e ci hanno parlato di ragazzi che l’anno scorso non hanno vinto e sono comunque passati nella WorldTour.
E tu cosa ti aspetti?
Sono due anni che non riesco a iniziare la stagione alla prima gara. Due anni fa perché mi sono rotto il femore e nel 2020 per il Covid. Iniziarla normalmente non sarebbe affatto male. E se poi verrà qualche piazzamento, non mi tirerò indietro. Correre bene e farmi vedere. Al secondo anno semmai penserò a qualcosa di più…