Dal primo agosto le squadre possono prendere gli stagisti. Lo stagista è il dilettante, generalmente un under 23, che per un certo periodo di tempo corre con una squadra professionistica. Ed è quella squadra con la quale molto probabilmente passerà professionista.
La regola è questa, ma non è un dogma, e lo sa bene Riccardo Lucca (in apertura foto Julie Desanlis), che lo scorso anno fece lo stagista con la Gazprom-RusVelo. Al netto di quanto è poi accaduto al team russo, il ragazzo ora in forza alla Work Service non è stato confermato. Ma presto le cose potrebbero cambiare per lui…
In altre circostanze fare lo stagista diventa una formula per anticipare il passaggio del ragazzo. Questo accade per chi ha già firmato il contratto con quel determinato team e lo stesso team, che magari a fine stagione è a corto di uomini, lo chiama a correre. E con il Covid è successo spesso.


Riccardo, come inizia il percorso dello stagista? E’ il procuratore che cerca la squadra?
Dipende dalla situazione. A volte il procuratore, che magari non è ancora riuscito a farti firmare, si sente con una squadra disponibile e ti propone di fare una prova, appunto uno stage. E se il team accetta il tuo arrivo… è assurdo rifiutare!
Ma serve anche l’okay del team di provenienza…
Burocraticamente chiedi alla tua squadra il via libera e da quel momento assumi lo stato di stagista. Questo accade da continental a professional o WorldTour. Da continental a continental, oltre che fuori luogo, si avrebbe la possibilità di prendere poi parte solo a gare internazionali. Non avrebbe senso.
Cosa succede quando passi “di là”?
Vedi subito la differenza. Un’altra realtà. Loro ti studiano. Alla fine è un esame.
E per questo esame come si fa con la preparazione? Se ne fa una ad hoc?
Difficile, perché di solito la chiamata arriva in piena estate e ormai i “giochi” sono fatti. Le preparazioni e le condizioni sono quelle. Ad agosto non fai i miracoli. Per quanto mi riguarda io in qualche modo ho fatto anche parte della preparazione con loro. Sono andato a Livigno. Ho fatto anche dei test con loro. Gli interessavo e mi hanno dato l’okay a provare.


Come si vive quel periodo? Hai parlato di esame, ci si sente sotto stress?
Da un punto di vista è bello, dall’altro sai che la squadra che ti ospita, diciamo così, ha delle aspettative su di te. Aspettative che a volte sono troppo grandi rispetto a quello che può dare un ragazzo. L’ho già detto una volta: «Uno stagista è un dilettante vestito bene». Anche perché di solito non lo sai troppo prima ed è difficile magari in 15 giorni fare chissà quale salto di qualità. Tante volte, almeno nel nostro caso, le corse sono quelle: Mallorca, Coppi e Bartali, Giro di Sicilia, Adriatica Ionica Race… gare in cui cerchi di metterti in mostra andando all’attacco. Ma anche l’atleta è quello, solo che i team professionistici si aspettano un pro’. E poi c’è un aspetto da considerare: il rapporto con gli altri ragazzi.
Cioè?
Ad agosto chi interessava ai team è già stato preso o ha rinnovato, ma gli altri di fatto in quel momento sono come te. Sono compagni che cercano un contratto. In qualche modo ci “stai stretto”. Si fa un po’ “a spallate” per quel posto.
E questo incide anche sull’andamento della corsa?
Un po’ sì. Io lo scorso anno per esempio dovevo dare una mano a Velasco e l’ho fatto, qualcun altro invece ha fatto la sua gara ed era al servizio del suo risultato.
In effetti è un aspetto che non sempre viene considerato. Riccardo, prima indirettamente hai parlato di dilettante vestito bene. Come funziona con il vestiario? Come ci si abitua magari ad un fondello diverso?
Io alla fine lo scorso anno sono capitato in una realtà medio-piccola, non ero in una WorldTour dove ti danno tre valigie di materiale e magari il vestiario è anche su misura. Non che mi mancasse nulla però. Io sono andato nel loro magazzino. Ho fatto tutte le prove per individuare le taglie e mi hanno dato quel che serviva: divise (corte e lunghe), dopo gara, caschi… Tutto tranne le scarpe.
Come mai?
Beh, quelle sono molto personali e cambiarle all’improvviso nel corso della stagione non è il massimo. Così come per la bici.
E questa sarebbe stata la domanda successiva: la bici. Tu come hai fatto?
Io ho utilizzato la mia e tutto sommato non è male. Cambiare la bici ad agosto è un po’ delicato per le misure e anche per le sensazioni di guida. Però certo, avere gli stessi materiali in gara sarebbe meglio, può succedere di tutto: forature, cedere la bici ad un compagno… Poi molto dipende dalle esigenze di sponsor.
Spiegaci meglio…
Alla Gazprom per esempio lo scorso anno non avevano tutto questo interesse a far vedere il marchio in quanto erano in scadenza con quel brand. Ma per esempio a Raccani, che ha appena fatto lo stagista alla Quick Step-Alpha Vinyl (una WorldTour, ndr), hanno subito fornito la Specialized del team. Pertanto un po’ si fa i conti con i materiali disponibili e un po’ con le esigenze del team (e del suo blasone, ndr). Semmai si lascia la sella: è lo stesso discorso delle scarpe.


Invece con i caschi e gli occhiali? Tante volte cambiando questo set, la stecca dell’occhiale tocca con la parte laterale del casco e non è comodissimo: ci sono situazioni così?
Che dire: si prende quel che passa il convento! E poi in certi team non hai mai un solo casco e un solo occhiale a disposizione. Alla fine il giusto mix lo trovi.
E invece che differenze ci sono dal punto di vista dell’ambiente?
Quando sali di livello è più facile trovarsi bene. E’ un altro mondo. Sono loro che ti chiedono se hai bisogno di qualcosa. E non il contrario. Sei seguito costantemente. Ricordo che c’era sempre il medico al seguito, per esempio. Poi tutto è più professionale. Ti arriva un documento Pdf sul quale c’è tutto il programma della giornata. In questa tabella c’è l’orario di tutto: dalla colazione alla corsa.
E a livello di alimentazione: differenze?
Diciamo che tutto è gestito meglio. Soprattutto quando vai all’estero la pasta non manca mai, la portano loro e sei sicuro di mangiare bene. Anche a colazione hanno dietro dei grandi contenitori con dentro i cibi per la colazione appunto e quando arrivi trovi già tutto apparecchiato.
Come ci si relaziona con gli altri? Si trova subito il feeling?
Non è facilissimo, perché già ti conosci poco, arrivi in un gruppo e sei quello nuovo. In più c’è spesso il problema della lingua che non agevola le conversazioni. Io non ho problemi con l’inglese. In Gazprom per esempio in radio tutto veniva detto in russo e in italiano.