Rileggere l’intervista a Davide Malacarne ha ridestato in Claudio Vettorel antichi ricordi. «Uno tosto» lo definiva il campione del mondo junior 2005 e l’allora Direttore Tecnico azzurro era esattamente così, con quella meticolosità che è sempre stata un suo caposaldo e che mette in pratica ogni giorno, nel suo lavoro di dipendente amministrativo all’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco).
«In questi mesi il lavoro è stato durissimo – dice Vettorel, che in apertura è proprio con il “Mala” dopo la vittoria nella Coppa del mondo 2005 – ma per certi versi esaltante e pieno di soddisfazione per tutti. Ogni volta che viene approvato un vaccino è un passo verso il ritorno alla piena libertà. Si lavora unendo la velocità al rigore, due qualità che fanno parte di me».
Ultima vittoria su strada a Cavasagra, 1987 Primi mondiali di downhill, al Ciocco, 1990 Campionati europei downhill, nel 1990
Ripercorriamo in breve la tua storia ciclistica…
Sono stato atleta fino al 1988, smisi a 24 anni, prestissimo, perché vedevo che non ero più competitivo. Gli altri volavano e non capivo il perché. Io ho sempre respirato ciclismo, sono nato in Belgio, a Huy dove arriva la Freccia Vallone, a 5 anni ero già in Italia ed ero già in bici… A 23 anni ero arrivato a Roma, richiamato dall’SC Spallanzani che allora organizzava la grande prova di ciclocross della Coppa del mondo. E grazie ai dirigenti potei fare i concorsi nella Sanità ed entrare nella Pubblica Amministrazione. Lasciai il ciclocross, ma non la bici, anzi. Nel 90 vinsi il primo titolo italiano di downhill nella Mtb.
Il tuo approdo alla guida tecnica azzurra a quando risale?
Al 2000. Negli anni avevo continuato a frequentare il mondo delle due ruote, facendo corsi da direttore sportivo e Maestro di Mtb. Venni contattato per fare il Ct del ciclocross e accettai: sono rimasto in carica fino al 2005, con le grandi gioie dei titoli mondiali di Franzoi nel 2002 e di Malacarne l’ultimo anno. Poi cambiò la guida in Federazione e venne scelto Scotti al posto mio. Un avvicendamento normale, come molto spesso avviene quando cambia il presidente. D’altronde Fausto sta lavorando benissimo, il movimento è cresciuto molto, ora avrebbe solo bisogno di una squadra professionistica specifica.
Nel tempo libero dal lavoro, guida i turisti in giro per Roma Questo è il secondo dei due furgoni con cui propone esperienze
Nel tempo libero , guida i turisti per Roma Questo è il secondo dei suoi due furgoni
Che tempi erano quelli in nazionale?
Tempi ben diversi da quelli attuali. Avevamo a disposizione un budget molto limitato, potevamo viaggiare per gli eventi internazionali con pochi atleti, dovevo essere un buon economo (ma d’altronde è il mio lavoro…). Prenotavo io stesso i voli con Ryanair con grande anticipo per risparmiare. Con i ragazzi cercavo di trasmettere tranquillità e metterli nelle condizioni migliori per emergere. In una gara tutto deve funzionare al 100 per cento, devi controllare mille aspetti. Guardate cos’è successo domenica a Van Aert al cambio bici: altro che 3-4 secondi persi, un fatto del genere ti costa la concentrazione e quindi la gara.
C’era qualche talento che è stato “rubato” al ciclocross dalla strada?
Di Franzoi e Malacarne si è detto, ma io ricordo anche Marco Aurelio Fontana, che abbinava il ciclocross alla Mtb e poi si è dedicato pressoché interamente a quest’ultima. Questo mi fa venire in mente un aspetto: si parla tanto di multidisciplinarietà, ma a ben guardare ancora oggi sono pochi che corrono in più discipline. Quando gareggiavo io c’erano le kermesse a pagamento e tanti professionisti partecipavano d’inverno, senza l’ambizione di vincere, ma solo per esserci e allenarsi gareggiando. La gente veniva per vederli, ricordo una prova dove correvo in coppia con Wladimiro Panizza… E’ vero che oggi il calendario professionistico è più lungo, ma secondo me sono anche i ragazzi che appena passano pro’ si adagiano un po’ e subiscono l’ambiente. Immagina ad esempio un Ciccone in gara d’inverno, quanto crescerebbe anche come visibilità personale.
In che senso?
In Italia la cultura della multidisciplinarietà non c’è mai stata. I direttori sportivi pensano alla loro attività e non vogliono ingerenze. Cassani è stato bravo a invertire il discorso almeno per la pista, ma si vede che fa fatica. Vorrei solo che queste resistenze dell’ambiente, da parte di chi dirige le squadre, le evidenziasse con forza, quella forza che gli deriva dal suo ruolo.
Che cosa fa oggi Claudio Vettorel?
Per anni, dopo l’addio alla nazionale, mi sono dedicato all’organizzazione della 24 Ore in Mtb di Roma, portando a pedalare corridori da tutto il mondo. Dal 2014 il tempo libero dal lavoro lo dedico alla mia seconda attività. Da 6 anni ho ristrutturato due furgoncini vintage degli anni Settanta e con quelli organizzo mille attività, da feste per bambini a compleanni, da matrimoni a romantici tour della Capitale. Chi entra in uno dei furgoncini trova sempre un momento di gioia e sorrisi, evade dalla quotidianità. Ma il ciclocross resterà il mio mondo: in Tv non mi perdo una sfida fra Van Der Poel e Van Aert…