Una volta all’anno, quella piazza ha qualcosa di magico. I ciottoli, il castello di Compiegne ricostruito da Napoleone dopo la Rivoluzione, ma soprattutto le ammiraglie, le bici e le gambe canforate che progressivamente si dirigono alla riga di partenza per Roubaix. In 18 anni da professionista, Fabio Baldato ha corso all’Inferno per 12 volte. E la prima volta, nel 1994, si piazzò al secondo posto (foto di apertura). Lui sa bene che cosa significhi schierarsi al via della classica del pavé e da qualche anno lo ha scoperto anche come direttore sportivo.
Dopo l’Amstel, il vicentino del UAE Team Emirates è tornato a casa e oggi seguirà la Freccia del Brabante dal divano, tifando per Trentin. E domani tornerà su, destinazione appunto Compiegne, per guidare la squadra nella sfida del pavé.
Che cosa si prova la mattina della corsa, da corridore, in quella piazza così magica?
Sensazioni forti. I primi anni, soprattutto dopo quel secondo posto, ero emozionato, teso. Avevo paura di sbagliare, di non beccare l’attimo giusto. Negli ultimi anni in proporzione l’ho vissuta con meno stress. Ho fatto le ultime due in appoggio di Ballan e sono finito ugualmente al decimo posto. L’esperienza aiuta. Quando sei giovane ed esuberante, ti finisci già nei primi tratti di pavé. Poi capisci che è meglio restare nascosti nella prima parte del gruppo e dare tutto negli ultimi 60 chilometri.
Quando si va al via della Roubaix, tecnicamente è già tutto deciso?
Quando correvo, le previsioni meteo non erano così precise o comunque non vi avevamo accesso. Si guardava la tivù e si sfogliavano i giornali. La mattina si apriva la finestra e si guardava il cielo, poi ci si bagnava il dito per capire da che parte soffiasse il vento. E all’ultimo si decideva che gomme mettere, ma erano sempre tubolari gonfiati a 6 davanti e 7,5 dietro.
Baldato è stato pro’ dal 1991 al 2008. Nel 2009 è salito in ammiraglia con la Lampre, poi la BMC e dal 2021 è in UAE Qui nel 2001, la Foresta di Arenberg con Matthew White: entrambi ora sono direttori sportivi A 10 anni dal secondo posto del debutto, Baldato aiuta Backstedt a vincere la Roubaix Il 2007 è l’anno della penultima Roubaix, chiusa al 10° posto. Qui Baldato è con Bennati
Mentre oggi?
Oggi si fa l’ultimo test al venerdì e la scelta finale sulla scelta delle gomme si lascia al corridore, ma due giorni prima della corsa. Si guarda il decimo di atmosfera, in base al peso. Ho letto di questa novità di poter regolare la pressione in corsa. Può esserci il vantaggio di partire più gonfi per i primi chilometri sull’asfalto, poi calare per il pavé. Oppure la possibilità di intervenire se iniziasse a piovere.
Altre bici…
Ricordo che per un paio di stagioni RockShox portò dentro la forcella ammortizzata, apri e chiudi. La usai quando feci secondo. Poi finalmente è arrivato il carbonio, per telaio, forcella e soprattutto le ruote. Perché fossero più resistenti, i meccanici una volta saldavano i raggi fra loro. Le ruote in effetti non si rompevano, ma noi rimbalzavamo sulle pietre. Aggiungiamo la scoperta che la sezione più larga dei pneumatici non incide sul rotolamento e si capisce come siano più confortevoli le bici di oggi. Sono uscito qualche volta coi ragazzi sulle loro bici e non c’è paragone. Ricordate quando si puntò sull’alluminio? Bella trovata commerciale, leggero e più economico, ma vibrava e sbatteva in modo impressionante. La prima Roubaix con il carbonio la feci nel 2004 con la De Rosa della Alessio dopo 12-13 anni di carriera e fu scoprire un altro mondo.
Lo stress da direttore?
Le prime volte fu come tornare alle Roubaix degli inizi, con anche più stress di quando ero corridore. Anno dopo anno invece, con la consapevolezza è arrivato un maggior controllo. Quando abbiamo vinto la Roubaix del 2017 con Van Avermaet, ero in ammiraglia con Valerio Piva e l’abbiamo vissuta ogni metro. L’anno scorso fu esaltante con pioggia e fango, anche se con Kristoff ci fu qualche inconveniente meccanico. Se hai un corridore da top 10, la tensione in ammiraglia è altissima. Stai attento a ogni parola che ti arriva dalla radio, perché spesso sei lontano dal corridore.
Perciò venerdì si farà il sopralluogo?
Faremo gli ultimi 60 chilometri, da Orchies. Servirà per decidere le ultime cose e capire cosa ci aspetta domenica. Per chi non l’ha mai corsa, come Molano, sarà il modo di rendersi conto un po’ meglio. Io spero in Matteo (Trentin, ndr).
Come sta?
E’ in crescendo. All’Amstel gli è mancata la gamba sullo strappo più duro. Fa la Roubaix convinto e lo sapete che non è la sua corsa preferita, perché gli è sempre sfuggita dalle mani. Dopo la caduta della Parigi-Nizza e la bronchite, continuo a dirgli che la condizione arriverà proprio domenica alla Roubaix. Lui sa cosa fare, a volte sembra quasi inutile dargli consigli e allora mi diverto a punzecchiarlo. Sa che è l’ultima corsa buona di primavera. Se ci arriva con la testa giusta e la gamba fa il suo dovere, magari viene fuori qualcosa di buono. Già oggi secondo me andrà forte nel Brabante…