Mentre le classiche del Nord vanno avanti, Biniam Girmay è nella sua Eritrea, a godersi un po’ la sua famiglia, ma intanto l’eco della sua impresa alla Gand-Wevelgem non accenna a placarsi, soprattutto per le sue implicazioni, quasi fosse stata l’apertura di un vaso di Pandora, che ora darà spazio anche ad altri Paesi fin qui ai margini dell’attività. La sua scelta di tornare in Africa appena dopo il successo ha lasciato qualcuno interdetto, ma il diesse dell’Intermarché Wanty Gobert Valerio Piva non ha cambiato i programmi.
Il loro rapporto è decisamente recente: «L’ho conosciuto l’agosto dello scorso anno, quando era ormai sicura la chiusura della Delko e Biniam aveva trovato un accordo con noi. Nella passata stagione ho potuto vederlo all’opera, mondiali a parte, alla Milano-Torino e alla Tre Valli Varesine, poi abbiamo potuto conoscerci meglio nei ritiri prestagionali. Ho così saputo la sua storia di atleta proveniente sì da un Paese non di primo piano nel ciclismo, ma certamente non sprovveduto».
In Eritrea però la corsa a piedi fagocita un po’ tutto, dal punto di vista dell’interesse…
E’ vero solo in parte. Il ciclismo è ben radicato, probabilmente all’inizio era un retaggio del periodo delle colonie ma nel tempo ha trovato grande seguito in Eritrea. Biniam ci ha raccontato che non solo le sue corse sono molto seguite, tanto che la passione per il ciclismo ha superato anche il calcio, soprattutto dopo la fuga all’estero di molti nazionali. Questo ha portato il governo a sovvenzionare il movimento locale e da qui sono partite anche sponsorizzazioni locali e chissà che cosa accadrà da ora in avanti…
Inserirlo nel vostro team è stato un bel colpo, anche nell’equilibrio della vostra squadra che deve puntare alla permanenza nel WorldTour.
Sicuramente, aveva offerte da molte squadre. Nel suo caso abbiamo dovuto agire un po’ alla ceca, non conoscendolo tanto personalmente quanto basandoci su quel che aveva fatto. Noi abbiamo budget limitati, dobbiamo cercare corridori non di primissimo piano, con lui siamo stati molto fortunati.
Pensi che l’Africa sarà una nuova frontiera?
Lo è già. Taaramae, per fare un esempio, ogni anno va a fare l’altura in Rwanda, dice che è una zona tranquilla con bei percorsi e penso che saranno in tanti a seguirne le orme, soprattutto dopo i primi mondiali africani. Ma tornando a parlare di Biniam, c’è anche suo fratello che corre, è uno junior: lui dice che va forte almeno quanto lui alla sua età…
Che corridore è Girmay?
E’ in continua scoperta, per ora sappiamo che è veloce, ma in queste sue prime uscite fra i grandi ha anche dimostrato grandi capacità di resistenza e di saper emergere anche su arrivi impegnativi. Forse fra le classiche del Nord la Gand-Wevelgem è tra le più facili, ma bisogna guardare anche a quel che ha fatto prima. Alla Sanremo ad esempio era nel gruppo dei migliori e se Nizzolo non gli cadeva davanti magari poteva giocarsi un piazzamento ancora più importante.
Che cosa ti piace in lui?
Non ha timore di nulla, è entusiasta e questo si traduce in grande esplosività. Sa passare muri e pavé con grande naturalezza e questo non era per nulla scontato. La squadra lo ha aiutato a mantenere le posizioni giuste, ma se hai gambe la posizione la ritrovi, dipende sempre da te. Questa vittoria però non deve esaltarlo ed esaltarci oltremisura, c’è ancora molto da fare e da vedere.
Tu sei sempre stato molto attento nell’utilizzare i giovani…
Ha 21 anni, della sua età ne ho visti tanti di talenti brillare per un attimo e poi spegnersi. Va saputo gestire. Non bisogna sfruttarlo, per questo ho insistito che i suoi programmi non cambiassero dopo la vittoria, eravamo d’accordo che questo doveva essere un assaggio del mondo delle classiche. Girmay avrebbe tutte le caratteristiche per far bene nelle Ardenne, quelle gare rispondono meglio al suo tipo di ciclismo, ma non era tempo per provarci ora. Lui è tornato a casa, farà un altro periodo di altura ad Asmara, in fin dei conti vive a 2.400 metri e può arrivare a 3.000. Tornerà in Europa per il GP di Francoforte e poi farà il Giro.
Con quali obiettivi?
Ci saranno tappe adatte a lui, ma gli servirà quella freschezza che potrà avere solo preservandosi in questo periodo. Non penso proprio che Girmay possa essere un corridore da classifica, anche se quando si parla di un talento così giovane nulla è davvero precluso, ma le sue caratteristiche ci dicono di un corridore da classiche d’un giorno. Io credo che nel corso del Giro, correndo con sapienza potrà avere qualche bella occasione per far parlare ancora di sé. E’ un corridore veloce, forse non uno sprinter puro ma non dimentichiamo che a Maiorca ha battuto un velocista come Nizzolo.
Parlavi della sua casa ad Asmara. Il fatto che venga da un Paese dove vive costantemente a grandi altezze è quindi un vantaggio, si ripete il discorso fatto per i colombiani…
Chi viene da Paesi a più di 2.000 metri di altitudine ha una base fisiologica maggiore, questo ormai è acclarato da più studi scientifici. Ci sono dei benefici naturali che emergono negli sport di resistenza, basti guardare a quel che kenyani, etiopi, gli stessi eritrei fanno nell’atletica. Per questo risultati come quelli di Girmay non mi sorprendono, io credo che ci dovremo abituare…