«Ci voleva sì, altroché – dice Trentin tutto d’un fiato – ci voleva alla grande. Sono contento. Sono andato forte forte!».
L’aeroporto è incasinato, la coda per il check-in dei bagagli va a rilento e intanto Matteo racconta la vittoria. Lo prendiamo un po’ in giro: ti ricordi in che modo ci eravamo salutati a Kuurne?
Ci pensa e non ricorda. Era appoggiato alla transenna dopo il nono posto alle spalle di Jakobsen e ridendo all’indirizzo dell’addetto stampa cinese dell’UAE Team Emirates, aveva detto: «Non torno stasera, ho vinto Le Samyn, perché Zhao non vuole andare a casa». L’altro aveva riso, ma adesso che Le Samyn l’ha vinto davvero quella frase strappa il sorriso.
«In realtà – ghigna – intendevo dire che mi avevano fatto rimanere su fuori programma, ma mi sta bene anche così».
Giornalisti e volate
Ci girava intorno da parecchio. Allo stesso modo in cui il Trofeo Matteotti del 2021 era venuto dopo due anni di digiuno, la vittoria di ieri sul traguardo di Dour interrompe una maledetta serie di piazzamenti e volate perse d’un soffio. Matteo è di buon umore.
«Questa cosa delle volate – dice – me l’avete attaccata voi giornalisti».
«Ti abbiamo aiutato a metterla a fuoco – gli rispondiamo – perciò adesso che l’hai superata, devi pagarci da bere».
«Lettura interessante – un istante di silenzio, una risata – ma comunque sono contento matto. Sono andato davvero forte. Abbiamo fatto la corsa dura da subito, perché dopo Kuurne nessuno voleva portarsi Jakobsen in volata. Al Matteotti ero contento perché fu quasi una liberazione, qui sono contento perché riuscirò ad arrivare rilassato ai prossimi impegni».
Jakobsen? No, grazie
L’olandese della Quick Step-Alpha Vinyl è arrivato nel gruppone a 4 secondi dal trentino e alla volata ci ha rinunciato, visto che c’era in palio il nono posto. A ben vedere, la stessa azione Trentin l’aveva provata proprio a Kuurne, ma si era trovato in cattiva compagnia di gente poco propensa a tirare e il gruppo dietro spianato in caccia.
«Pavé e strade strette – racconta – non è stato tanto un fatto di muri. Siamo partiti subito forte, ma non si staccava nessuno. Quando però abbiamo accelerato davvero, dietro si sono disuniti. Non so chi tirasse nel gruppo, forse la Quick Step, perché davanti erano in due e non hanno mai collaborato. Quando siamo partiti, nel gruppo in fuga eravamo in 25, poi piano piano hanno iniziato a staccarsi e alla fine siamo arrivati in otto con 4 secondi di vantaggio».
Destinazione Sanremo
Il futuro è un’ipotesi, canta Enrico Ruggeri, ed è bene che tale rimanga. Da ieri sera Matteo è a casa, ma partendo si lamentava che il distributore automatico di snack fosse fuori uso e che sarebbe arrivato a Monaco così tardi da saltare la cena.
«Poco male – ammette – ora un po’ di riposo, poi la Parigi-Nizza e la Sanremo. Non sto neanche a parlarne per scaramanzia. Arrivo sempre lì, l’anno scorso c’è scappato un dodicesimo posto. Per questo tornerò a pensarci dopo la Parigi-Nizza. Il rammarico di questa vittoria è non aver avuto il tempo per festeggiare con la squadra. Hanno fatto la premiazione più lunga del mondo e quando sono tornato al pullman, alcuni erano già andati via».
Le premiazioni in effetti sono andate parecchio per le lunghe. Jean Luc Vandenbroucke – ex professionista, direttore sportivo, commentatore televisivo, organizzatore della corsa e zio dell’indimenticato Frank – ha posato con lui in sella a una biciclettona da passeggio (foto in apertura).
Un commiato ben più lieve di quello di Kuurne, quando la rassegnazione aveva preso il sopravvento sul suo proverbiale spirito. La Sanremo è una presenza costante nei sogni di ogni corridore italiano e negli allenamenti di ogni residente a Monaco, ma per coglierla ci sarà bisogno che tutti i tasselli vadano al loro posto. Per sapere come andrà a finire basterà aspettare le prossime tre settimane.