Il Giro a Peonis, nella leggenda di Ottavio Bottecchia

24.05.2024
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Il primo traguardo volante di oggi, dopo 56 chilometri dalla partenza, è piazzato a Peonis, frazione di Trasaghis in provincia di Udine. Un paesino di duemila anime tra le sponde del Tagliamento e le prime propaggini montuose della Carnia. Perché RCS Sport ha scelto proprio Peonis? Forse perché lì, il 3 giugno 1927, fu trovato agonizzante Ottavio Bottecchia: il primo italiano a vincere il Tour de France, giusto cent’anni fa. Ma chi era davvero Ottavio Bottecchia, perché è stato così importante nella storia del ciclismo e perché, nonostante questo, è stato a lungo dimenticato?

Poche settimane fa ho avuto la fortuna di presentare ad una serata “Il corno di Orlando. Vita, morte e misteri di Ottavio Bottecchia” la monumentale biografia scritta nel 2017 da quello che è forse l’ultimo grande aedo del ciclismo italiano, Claudio Gregori. Quindi ho alzato il telefono e l’ho chiamato, per farmi raccontare direttamente da lui.

Claudio, perché Bottecchia è stato così importante?

Per questo basta ricordare tre numeri. Ha vinto due Tour de France come Coppi e Bartali, ma Bartali ha portato la maglia gialla 23 giorni, Coppi – il più grande corridore di sempre – 19. Bottecchia in maglia gialla ci è rimasto per 34 giorni! E nel 1924, anno della sua prima vittoria, dalla prima all’ultima tappa. Questo significa che al Tour non è stato solo l’italiano più vincente, ma anche il migliore.

E questo nonostante abbia gareggiato da professionista per pochissimi anni, dal 1922 al 1927.

Esatto, questo è fondamentale per capire il livello della sua grandezza. La carriera di Bartali è durata vent’anni, quella di Coppi quasi altrettanto, pur dovendo fare i conti con la Seconda Guerra Mondiale. Bottecchia invece ha corso davvero solo per quattro anni.

La sua vita è stata sempre segnata dal dolore, dalla miseria e dalla tragedia.

Veniva da un mondo umile, dove prima di tutto si doveva trovare il modo di guadagnare “schei” per andare avanti. E’ stato eroe di guerra, catturato tre volte e tre volte fuggito. Durante la rotta di Caporetto, si trovava vicino al Tagliamento a difendere la ritirata dei suoi commilitoni quando il suo battaglione è stato attaccato con l’iprite, il terribile gas usato in quegli anni. Lui è rimasto al suo posto, si è caricato la mitragliatrice da 50 chili sulle spalle e con quella teneva occupati i tedeschi.

Bottecchia rimase in maglia gialla per 34 giorni: 11 più di Bartali, 15 più di Coppi
Bottecchia rimase in maglia gialla per 34 giorni: 11 più di Bartali, 15 più di Coppi
Come è finita?

Quando ha sparato l’ultima pallottola, l’hanno catturato. Lui durante una marcia ha finto di cadere in un burrone e l’hanno lasciato lì. Così la mattina dopo si è ripresentato dai suoi compagni, riportando anche la mitragliatrice dicendo: «Ciò, l’è roba del Governo, no poteva miga lasarla là». Dopo la guerra è stato ricoverato per la malaria e per le conseguenze dell’esposizione all’iprite. Poi si è rotto la clavicola, ha dovuto affrontare la morte della primogenita… Insomma, Bottecchia ha sempre dovuto duellare con il dolore, ancora prima che con gli avversari. Basti pensare che portava a casa alla moglie il rifornimento che gli davano alle corse.

E in tutto questo è stato il primo corridore italiano a vincere il Tour de France. Come ci è riuscito?

Con la perseveranza e la fame. Dopo il Giro del 1923, in cui corse da “isolato” e si fece notare arrivando 5° in classifica generale, fu ingaggiato dalla squadra francese Automoto per il Tour dello stesso anno. Doveva aiutare il suo capitano Henri Pélissier, ma si trovò in maglia gialla. Prima della 10ª tappa aveva oltre 12’ di vantaggio sul secondo, Alavoine, e quasi mezz’ora sul terzo, proprio Pélissier. Ma in quella frazione, la Nizza-Briançon, fu vittima di una congiura. Gli misero del lassativo nella borraccia. Così Bottecchia visse una via crucis che al traguardo gli costò 41’ di ritardo sul vincitore e, naturalmente, la maglia gialla.

E chi fu il vincitore quel giorno?

Henri Pélissier, il suo capitano. In questo modo Automoto al termine del Tour fece 1° e 2° in classifica generale. I francesi erano contenti e, tutto sommato, anche Bottecchia. Perché tornò dalla Francia con un contratto principesco per i tre anni successivi, che pose fine ai famosi problemi di schei. E in più la promessa di poter correre da capitano unico. Infatti nel 1924 indossò la maglia gialla dalla prima all’ultima tappa, poi vinse anche il Tour del 1925.

Nell’antica mola della frazione di San Martino, dove Bottecchia nacque nel 1894, sorge ora un museo a lui dedicato
Nell’antica mola della frazione di San Martino, dove Bottecchia nacque nel 1894, sorge ora un museo a lui dedicato
Bottecchia è rimasto famoso anche per la sua morte, un mistero tuttora irrisolto. Cosa successe quella mattina a Peonis?

Di certo c’è solo che la mattina del 3 giugno 1927 fu trovato ferito e incosciente da un gruppo di contadini sulla strada di Peonis, zona in cui si allenava abitualmente. Lo caricarono su un carro e lo portarono all’ospedale di Gemona, dove i medici riscontrarono due fratture al cranio oltre ad altre ferite meno gravi. Morì il 15 giugno dopo 12 giorni di agonia. Ci sono almeno venti versioni diverse e io nel mio libro le vaglio tutte. Dall’aggressione fascista ad una vendetta legata a giri di scommesse, dal malore alla caduta accidentale. La mia tesi è questa: il mistero si accompagna bene a Bottecchia, lo ingigantisce, lo esalta. Perché lui non appartiene alla storia, ma alla leggenda.