Longo Borghini tira il fiato: primavera superba e l’estate che bussa

09.05.2024
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Tre giorni senza bici dopo la Vuelta, Elisa Longo Borghini ha avvertito la voglia di ripartire. La sua primavera è stata un inno all’alto rendimento. Il terzo posto alla Omloop Het Nieuwsblad, il secondo alla Strade Bianche e poi le vittorie del Trofeo Oro in Euro, del Fiandre, della Freccia del Brabante. A seguire ci sono stati il terzo posto alla Freccia Vallone e il secondo della Liegi. Fra i tanti sorrisi delle ultime settimane, quello è stato il più tirato. Vissuto e convinto sul momento, con tanto di complimenti a Grace Brown. Ma pesante come un pranzo indigesto nei giorni successivi.

«Ogni tanto viene su – ammette Elisa con un sorriso rassegnato – però più ci penso e più credo che Grace Brown quel giorno non potesse che vincere. Se uno fa dieci volte quella rotonda come l’ha fatta lei, cade undici. Lei invece è rimasta in piedi e quello è stato il segno che avrebbe vinto. E poi è sempre un cliente scomodo nelle volate, perché è forte…».

Nessun problema a farsene una ragione se fossi stata la Elisa di due anni fa, che perdeva volate in serie. Ma da quando hai pure imparato a vincerle…

E non ditelo a me! Io ci ho creduto fino a 25 metri dall’arrivo, poi mi ha passato a doppia velocità e quando l’ho vista ho detto: «No! Ma che vuole questa? No!». Sai quando resti male perché ti cade il gelato o la fetta biscottata dalla parte della marmellata? E’ stato uguale…

Lo sprint della Liegi, Grace Brown non lascia scampo: seconda Longo Borghini e terza Vollering
Lo sprint della Liegi, Grace Brown non lascia scampo: seconda Longo Borghini e terza Vollering
Torniamo alla Vuelta: era un obiettivo o il modo per chiudere la primavera?

Era in programma dall’inizio. Solo che ci sono arrivata con la condizione probabilmente già al limite. L’ho finita un po’ stanca. Alle Ardenne andavo veramente tanto forte, ma il clima non ci ha aiutato. Io sono una che non soffre troppo il freddo, invece l’ho sentito e quelle ghiacciate ti rimangono addosso. Con Slongo avevamo messo in conto che sarei arrivata alla Vuelta un pelo stanca, quasi al limite e alla fine non è andata così male. Mi è solo dispiaciuto che Gaia si sia dovuta ritirare, quella caduta non ci voleva (Gaia Realini si è ritirata per una caduta, dopo essere stata anche leader, ndr). Siamo partite entrambe leader, ma lei aveva seguito un diverso avvicinamento.

Hai capito subito che non fosse una Vuelta da dare fastidio a Vollering?

Vollering secondo me era alla portata, non è imbattibile o non ha lo stradominio dell’anno scorso. Piuttosto ero io in fase calante, ero abbastanza stanca e quindi non sono riuscita a tenerle tanto testa. Ma alla fine sul primo arrivo in salita mi sono mancati gli ultimi 700 metri e lei nella penultima tappa è stata battuta dalla Muzic, quindi non era irraggiungibile.

Gaia Realini è caduta nella quinta tappa e l’indomani si è preferito non farla ripartire:
Gaia Realini è caduta nella quinta tappa e l’indomani si è preferito non farla ripartire:
Resta il fatto che gli obiettivi di primavera erano le classiche e ora verrà il Giro, giusto?

Sì, adesso come primo obiettivo c’è il Giro d’Italia. Al Tour de France andrò veramente più in appoggio e per fare le tappe, con un approccio mentale diverso. Invece al Giro sarebbe bello poter fare classifica sul serio.

Come si concilia la generale del Giro che finisce il 14 luglio con la prospettiva, in caso di convocazione, di andare alle Olimpiadi che si corrono il 4 agosto?

Diciamo che adesso sto affrontando un periodo di stacco dopo la Vuelta. Poi avrò due settimane in cui ricomincerò ad allenarmi qui a casa, prima del training camp a San Pellegrino dal 27 maggio all’11 di giugno. Poi farò lo Svizzera e il campionato italiano, quindi avrò tempo di essere fresca sia fisicamente sia mentalmente, prima di affrontare un blocco di corse importanti come Giro d’Italia, Olimpiadi e Tour. Ho di fronte a me praticamente una quarantina di giorni per poter riprendere fiato, recuperare energie mentali e fisiche e poi ributtarmi nella stagione.

Come funziona il riposo a casa di Elisa Longo Borghini?

Ho fatto tre giorni senza andare in bici. Finché ha piovuto, ho detto: «Vabbè dai, riposa perché sta piovendo». Poi il tempo è migliorato e mi girano già un po’ le scatole a star ferma. Dopo la Vuelta ho sentito la necessità di stare ferma. Mi è venuto mal di gola, ho sentito un po’ di stanchezza, tutte le cose che ti vengono quando sei cotta. Quando Vollering mi ha staccato negli ultimi 700 metri della prima tappa che ha vinto (ad Alto del Fuerte Rapitàn, quinta tappa, ndr) ho capito che ero in calando.

Da cosa lo hai capito?

Già a inizio salita avevo iniziato a sentire che mi facevano troppo male le gambe. E poi quando sono esplosa e lei ha vinto, mi sono resa conto che a cose normali avrei tenuto quei wattaggi senza problemi e ho capito che stavo raschiando il fondo del barile. Sono sintomi che ormai conosco bene, tipici di quando sono al lumicino. Non riesco più a riposare bene e inizio a capire che il mio corpo sta dicendo basta.

Quinta tappa, Longo Borghini cede negli ultimi 700 metri e arriva terza. E’ il giorno che dà la svolta alla sua Vuelta
Quinta tappa, Longo Borghini cede negli ultimi 700 metri e arriva terza. E’ il giorno che dà la svolta alla sua Vuelta
E se queste sono le sensazioni di sfinimento, come va quando si riparte dopo tre giorni?

Inizio a pensare di non essere sulla mia bicicletta. Sono talmente abituata ad uscire tutti i giorni, che anche dopo tre giorni, penso che il manubrio sia strano e l’altezza sella diversa. Un motore ingolfato, come quando cerchi di accendere la Vespa dopo tutto l’inverno che è stata in garage. Come dopo le ferie, insomma. Se invece stacchi due giorni dopo aver fatto il ritiro di gennaio, è tutto diverso. Il ritiro è stressante anche a livello di testa, perché ci sono centomila impegni. E se fai due giorni tranquilla dove mangi e riposi bene, quando risali in bici sembra che non hai neanche staccato.

Qual è stato il giorno dell’anno in cui ti sei sentita più forte?

Quello del Fiandre, avrei potuto fare ancora 20 chilometri. Stavo veramente bene. Di solito scendo dall’altura e alla terza corsa vado forte. Avevo fatto la Gand e la Dwars door Vlaanderen come gare di rodaggio e al Fiandre mi sentivo veramente bene e mentalizzata. Non era l’obiettivo stagionale e nessuno ne aveva parlato, neppure in squadra. Ci eravamo solo dette di arrivare al Koppenberg, perché lì si capisce sempre tutto. E quando ci siamo arrivate è stato come se, senza essercelo dette, tutte volessimo fare qualcosa di grande. E lo abbiamo fatto.

Eppure non era un tuo obiettivo, come le prime gare in cui sei andata forte: sarà che ormai hai raggiunto una base di forza che ti permette di essere competitiva anche quando non sei al top?

Forse in un certo senso è vero, però questo livello di base ho dovuto recuperarlo quest’inverno. Credo che aver lavorato tanto a bassa intensità mi abbia dato le fondamenta della forma. Quindi da questa base posso avere dei buoni picchi, ma non dei down incredibili. Poi magari mi smentirò tra qualche mese o tra qualche settimana, però ho visto che la mia condizione media va bene, basta anche per essere vincenti. Magari non in tutte le corse, ma ci si va vicino. In fondo alla Vuelta ero in fase calante, però mi sono difesa e alla fine sono salita sul podio.