Test e corridori: Locatelli ha ragione? Risponde Tacchino

19.05.2022
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«Il messaggio che vorrei far passare ai miei colleghi preparatori – dice Fabrizio Tacchino – è che bisogna rispettare le regole dei vecchi direttori. Poi magari ci costruisci sopra un metodo diverso, prendendone il buono. Forse quello di oggi non è più il loro ciclismo, ma meritano di essere ascoltati. Ho lavorato con Garbelli. E lui ogni due settimane andava a casa dei suoi corridori. Voleva vedere dove si allenassero, che famiglia avessero alle spalle, la fidanzata, se avessero dei fratelli. Perché va bene la parte scientifica, ma esiste anche la dimensione sociale. E un atleta non si può prendere per comparti separati».

Fabrizio Tacchino lavora per la Federazione: qui durante l’incontro di ogni anno con i neopro’
Fabrizio Tacchino lavora per la Federazione: qui durante l’incontro di ogni anno con i neopro’

La svolta di internet

L’intervista con Locatelli di lunedì ha provocato reazioni di vario genere, spingendoci a riprendere il discorso. Fabrizio Tacchino, citato nel discorso dallo stesso Olivano, si è fatto avanti per alcune precisazioni.

«Sono del 1970 e quando ero dilettante – racconta – mi sono trovato a correre contro le sue squadre. Io non ero un granché, ma ricordo bene quanto andassero forte. Una volta per fare la differenza dovevi trovare un tecnico come lui che ti prendesse con sé. Ovviamente i corridori dei Paesi più lontani non vi avevano accesso e restavano indietro. Oggi grazie a internet, basta pagare e puoi avere le tabelle degli allenatori dei grandi campioni. Anche per questo si è sviluppato un ciclismo così globalizzato, in cui tutti possono entrare in contatto con chiunque. Basta pagare, pur rinunciando alla componente del rapporto personale. Quando fui mandato a tenere i primi corsi ai vecchi diesse, Locatelli era in prima fila, ha sempre cercato il confronto. Come pure Roberto Damiani. L’espressione occhiometro risale a quella fase».

Tiberi ha mostrato valori eccellenti sin da junior, abbinati a risultati su strada
Tiberi ha mostrato valori eccellenti sin da junior, abbinati a risultati su strada
Il tema interessante sollevato da Locatelli riguarda la selezione dei talenti…

Il Coni ha lanciato per tutte le federazioni un Progetto Talenti, grazie al quale ogni anno facciamo uno screening. Prendiamo i primi 4-5 classificati di ogni corsa e alla fine eseguiamo 600-700 test in cui prendiamo in considerazione le varie qualità, compreso l’RX dell’età ossea, in cui verifichiamo se l’età anagrafica coincida con lo sviluppo effettivo. I vincenti sono tutti lì e se qualcuno sfugge, non si chiudono le porte. Se un tecnico propone un ragazzo, lo valutiamo sicuramente.

Locatelli invita a non fermarsi ai test.

Ha ragione, ma nella maggior parte dei casi ci sono rispondenze fra i test in laboratorio (in apertura una foto Enervit) e quelli su strada. Faccio l’esempio di Tiberi, che aveva degli ottimi numeri, ma al primo anno da junior fece un test in Liguria in cui andò meglio degli under 23. In ogni caso, il risultato di un test è limitato al momento in cui si svolge, per cui la cosa migliore sarebbe costruirsi una banca dati attraverso cui valutare l’atleta. Con il lavoro iniziato negli anni da Cassani, tanti ragazzi sono arrivati al giro della nazionale. Probabilmente se ci si fosse limitati agli ordini di arrivo, non sarebbe successo.

I test descrivono una parte, ma l’atleta è un mondo ben più complesso: Tacchino in sintonia con Locatelli
I test descrivono una parte, ma l’atleta è un mondo ben più complesso
Infatti spesso si viene valutati per un paio di risultati o per un test…

Ci sono squadre che non si accontentao di un test ben fatto, ma chiedono di caricare su una piattaforma gli allenamenti di tutto l’anno. So per certo che la Ineos fa così. Se vuoi essere valutato, ti chiedono di caricare quotidianamente gli allenamenti di tutto l’anno. Poi ci saranno dei laureati in Scienze Motorie che valutano e capiscono se l’atleta vale davvero la pena.

Se invece l’interlocutore è un procuratore?

Allora le cose cambiano, perché c’è un filtro in partenza. Al procuratore interessa piazzare i corridori che vincono subito, anche se per fortuna ci sono direttori sportivi che parlano fra loro e lavorano sulla fiducia. Faccio l’esempio di Omar El Gouzi, passato alla Bardiani grazie alla buona parola di Mario Chiesa e senza procuratore. Ci sono passaggi sulla fiducia e lui ora è lì a fare fatica sperando di trovare la sua strada.

Avrà il tempo per farlo? Prima hai parlato di Tiberi, che alla Trek è al centro di un progetto: altri non hanno questa fortuna.

Concordo. Se Tiberi fosse passato in una squadra con l’esigenza del risultato immediato, forse lo avrebbero fatto correre molto di più e, se avesse alzato la mano dicendo di essere stanco, gli avrebbero risposto che è un professionista e di tirare dritto. Poi è vero che tanti arrivano al professionismo ancora impreparati…

El Gouzi è passato alla Bardiani-CSF senza avere un procuratore
El Gouzi è passato alla Bardiani-CSF senza avere un procuratore
Come dice spesso anche Amadori.

Qui si corre sabato, domenica e martedì, non si ha il tempo di allenarsi. All’estero hanno altre modalità. I migliori si sfidano sempre fra loro nelle corse a tappe e, fra una e l’altra, prevedono dei bei blocchi di lavoro. Gli stranieri vengono a correre qua perché siamo pieni di corse, ma non è così facile per noi andare a correre all’estero. La situazione italiana è anomala.

Così anomala che a fronte di un quantitativo sempre importante di neoprofessionisti, spicca anche il numero di coloro che ogni anno restano senza squadra. In questo contesto, nel quadro di atleti che si legano a procuratori sin da minorenni, aver tolto il vincolo regionale agli juniores parla sicuramente di libertà, ma amplia il bacino nel quale i procacciatori di talenti possono pescare per offrirli poi alle squadre di riferimento. Manca il senso della costruzione: si ha riguardo per i migliori e si va all’ingrosso con gli altri. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. E come dice Locatelli, il serbatoio resta vuoto.