Inverno 2020-2021 uno dei più strani e cervellotici anche dal punto di vista della preparazione. Molti, o meglio alcuni corridori (comunque non pochi) sembra stiano trovando più difficoltà del solito a tornare a regime, a riprendere il ritmo come si deve, a collegare testa e gambe dopo la stagione del covid.
Michele Bartoli, che adesso è uno dei preparatori più apprezzati, non solo conferma questa tesi, ma ci aiuta anche a capirne qualcosa di più.
Covid e calendari
«Non voglio generalizzare – dice Bartoli – ma io credo che molta della fatica nel riprendere sia soprattutto mentale. La seconda parte della scorsa stagione è stata iper compressa e concentrata. Molto intensa sotto ogni punto di vista. I corridori non hanno mai staccato veramente tra un appuntamento e l’altro e questo ha portato a maggior stress, meno stacco mentale. E di conseguenza la pausa invernale classica per questi atleti non è sufficiente».
In più va considerato che effettivamente la stagione è finita parecchio in ritardo. La Vuelta si è conclusa a novembre inoltrato. Durante il lockdown c’è chi ha staccato e chi invece ha continuato a menare. E alla fine tutti, chi più chi meno, hanno sofferto quel periodo di “limbo” imposto dal Covid. Mentalmente è stata senza dubbio una delle stagioni più toste di sempre. E su questo non ci piove.
Difficoltà soggettiva
Ma chi soffre di più: uno scalatore, un velocista? Un giovane, un “vecchio”? Un atleta del WorldTour o uno delle professional?
«No, non credo ci sia una statistica, almeno vedendo i miei atleti. E’ un fatto di carattere, è più un qualcosa di soggettivo. Io credo sia anche “colpa” dei calendari che hanno affrontato e che devono affrontare. Chi deve andare forte presto, già a fine gennaio, in qualche modo è motivato e concentrato ed esula da questo problema. Chi invece è chiamato ad entrare in gioco più avanti ha meno stimoli e fare dei lavori specifici magari gli pesa di più».
E il Michele Bartoli corridore come avrebbe reagito all’inverno del covid: avrebbe avuto difficoltà a ripartire?
«Io credo che sarei ripartito con la voglia. Ero uno che l’inverno se lo godeva. Stavo davvero 30, anche 40 giorni senza toccare la bici e quando la riprendevo avevo grandi stimoli. Poi mi piaceva essere subito competitivo e per questo ci mettevo poco a responsabilizzarmi».
Quale cura?
E allora come devono fare questi atleti in difficoltà a rimettersi in riga: devono riposare ancora? Devono insistere? Devono andare dal direttore sportivo, prenderlo per la giacchetta e dirgli di farli correre prima?
«Credo sia importante parlarne – riprende Bartoli – è così che si trova il giusto compromesso. Se i miei obiettivi sono il Giro o le Classiche non è questo il momento di forzare e posso intervenire più facilmente. Ne parli con il preparatore e il ds e trovi un cammino personale. Alla fine la vera difficoltà è quella di tirare fuori la bici dal garage le prime 5-6 volte.
«Con i miei atleti sono bastati leggerissimi ritocchi e sono ripartiti alla grande. Un piccolo scarico ulteriore, un po’ più di libertà dal punto di vista del mangiare… e si risolve. Sì, con quel chilo in più, entreranno in forma più tardi, soffriranno un pelo di più e avranno buone sensazioni dieci giorni dopo, ma ne sono consapevoli, non è un problema. L’importante è non perdere mai di vista l’obiettivo. Questo è fondamentale».