Siamo in una fase intermedia tra off season (quasi del tutto terminata) e ripresa. Già tra qualche giorno ricominceranno i ritiri, ma quando si sente dire «Riparto da zero» da parte di ragazzi che sono stati fermi un paio di settimane e hanno messo su forse due chili, viene spontaneo chiedersi se sia poi vero che si riparta davvero da zero.
E questo quesito lo abbiamo posto a Samuel Marangoni, preparatore della Polti-VisitMalta. Con lui, già a suo tempo, avevamo parlato dello stacco, del debriefing e di come questa fase fosse necessaria. Stavolta orientiamo il discorso sulla ripresa (in apertura foto Borserini).


Samuel, c’è dunque davvero bisogno di dire che si riparte da zero?
Io direi di sì. Prendo il nostro caso: quest’anno siamo arrivati a fine stagione con tante gare per quasi tutti. Così, insieme agli altri preparatori, abbiamo programmato uno stacco consistente. La maggior parte dei ragazzi ha fatto tre settimane praticamente senza alcuna attività.
Però si sente ancora di atleti che corrono a piedi, camminano, nuotano…
Poi qualcuno qualcosa se la concede per piacere personale, ma quasi tutti, anche quelli che hanno corso fino a fine stagione, hanno fatto tre settimane di stop. Vero, non si riparte da uno zero assoluto, però dopo tre settimane la condizione è al minimo e bisogna ripartire con calma, con una corretta gestione dei carichi. Da lì poi si riprende il programma di lavoro per arrivare ai ritiri pronti a lavorare un po’ più forte.
Però, se prendo un ragazzo di 22-27 o 25 anni, quindi nel pieno delle forze, che fino a tre settimane prima faceva SFR da 5’, perché dovrebbe ripartire da 3’? Perché dovrebbe fare solo un’ora e mezza? Quanto realmente si perde?
C’è una perdita fisiologica nello stare fermi, soprattutto perché noi dobbiamo considerare tutto questo discorso è rapportato ad un livello altissimo. Se io amatore mi metto in forma e poi sto tre settimane fermo, non mi cambia la vita. Ma quando il fisico è portato al limite, dal punto di vista metabolico e strutturale, tre settimane sono tante.


E cosa cambia?
Si perde dal punto di vista muscolare e metabolico. La FTP, per esempio: se fai un test a dicembre in ritiro non è la stessa che faresti a febbraio, marzo o luglio. Ci sono differenze soggettive, noi calcoliamo circa un 10 per cento di perdita nella fase di ripresa. Quindi abbassiamo la FTB e tutti gli altri parametri. Anche se nelle prime settimane non fai lavori specifici di FTP, è comunque il riferimento generale e lo adattiamo fino al ritiro, quando faremo i primi test.
Quindi un professionista di altissimo livello che non tocca la bici da tre settimane non dovrebbe fare subito quattro ore?
Dal mio punto di vista no. Poi c’è chi lo fa e non ha problemi, perché quando ripartono spesso si sentono anche bene: sono riposati e freschi. Fisicamente ci riuscirebbero anche. Ma nella costruzione di un programma che li deve portare a performare a fine gennaio-inizio febbraio a mio avviso non è ideale. Per noi è più corretto partire con calma. Tanto alle 4-5 ore ci arrivano in due, massimo tre settimane. Dopo tre settimane di allenamento fanno già cinque ore e mezza. Non servono quattro mesi per tornare a fare sei ore.
Domanda che può sembrare sciocca: se finisco bene la stagione e dopo il riposo riparto dal livello a cui ero, non potrei crescere di più? E’ come non spezzare mai la linea di crescita…
Sì, nell’immediato avresti la sensazione di essere pronto prima. Ma oltre al fatto che la crescita non è infinita, devi pensare a lungo termine. La stagione è lunga: devo performare come detto a gennaio-febbraio. E poi in estate e a fine stagione, alternando i giusti carichi e scarichi. Questo è il momento in cui bisogna scaricare dalla fatica accumulata e ricreare la base su cui costruire una stagione intera. Il riposo e la sua graduale ripresa vengono spesso dimenticati, ma sono parti fondamentali dell’allenamento: in off-season soprattutto, ma anche durante l’anno. L’equilibrio tra carico e riposo è essenziale e in questa fase si lavora anche su quello.
Sin qui, Samuel, abbiamo parlato di fisiologia e numeri, invece a livello mentale quanto conta ripartire da un’ora e mezza invece che da quattro ore?
Il fattore mentale conta forse più di quello fisico. Le due-tre settimane di stop e la ripartenza dolce danno sicurezza. Il corridore si è staccato dalla bici e dal ciclismo per qualche giorno, riparte con voglia di lavorare e sa che grazie alla progressione quotidiana arriverà alle 5-6 ore con la giusta tranquillità.


Un tempo la parte più difficile dello stacco di fine stagione era non mettere su troppi chili. Lo è ancora? Anche perché dover rincorrere oggi è impossibile: bisogna essere al 100 per cento sin dalla prima gara…
Sì, è ancora una parte molto impegnativa. Qualcuno mette su anche un po’ di più di due chili. Credo che la gestione alimentare sia una delle cose più difficili per i ragazzi, molto più dell’allenamento. Chiunque abbia corso, anche a livelli inferiori, lo sa: mantenere l’attenzione sull’alimentazione non è semplice.
Anche per questo c’è chi va a correre, chi cammina, chi nuota?
Sì, anche per evitare di ritrovarsi a dicembre con cinque chili da perdere. Peggio ancora se ci si presenta a gennaio: in quel caso anche la squadra di certo qualcosa ti fa notare. Lo sforzo per rientrare nel peso ideale è minore se non si esagera nella pausa. Concedersi qualcosina è normale, ma nella ripresa diventa molto più semplice rimettersi in ordine. Però capita ancora che qualcuno si lasci andare un po’ troppo e debba poi lavorare oltre il dovuto tra dicembre e gennaio per rientrare nei parametri.
Pochi giorni fa, tra le righe, Tosatto ha detto che più o meno le cose che si fanno sono quelle: ebbene rispetto ai 20 anni cosa cambia tra stacco e ripresa?
Per me non molto a dire il vero. Forse l’unica vera differenza è che ci si poteva lasciare andare un pelo di più, soprattutto dal punto di vista del peso. Questo perché si aveva un po’ di margine in più per recuperare. Ma per il resto tempistiche e ripresa erano le stesse.