Fuori soglia, quando si deve andare “a tutta”

02.03.2021
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Soglia e fuori-soglia, argomento sempre delicato quando si parla di preparazione. E anche i corridori, di ogni fascia d’età non ne restano insensibili. Sanno che sono quelli i lavori più duri, e che fanno fare la differenza.

Ma proprio perché l’argomento è delicato, ne abbiamo parlato con tre preparatori per avere diversi punti di vista. Una volta si faceva più fuori soglia? Quanto tempo fuori soglia fa un professionista in una settimana? Come lo gestisce? Queste le domande “gettate” sul piatto…

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana

Oltre il limite per migliorare

Partiamo dall’esperto tecnico toscano, Pino Toni.

«Io dico che una volta si faceva meno fuori soglia – spiega Pino Toni – c’era gente che arrivava al Giro senza averne fatto, era un ciclismo più endurance. Si era dei diesel totali, altrimenti gente di 72 chili non avrebbe vinto il Tour. Ora invece se ne fa tanto, ma tanto, di più. Il ciclismo è più esplosivo.

«Poi c’è modo e modo di farlo. Puoi fare cose molto brevi che non vanno a stressare il sistema aerobico e cose più lunghe, anche fino ad un’ora che invece lo stressano eccome. L’obiettivo di questi lavori è aumentare i “giri del motore” e la capacità di utilizzare altri metabolismi come l’acido lattico stesso, i chetoni… per avere energia».

Secondo Toni si fa più forza e più fuori soglia. E questo rende i ciclisti più muscolati e più prestativi.

«I lavori massimali sono di 40”, ma anche di un minuto, tre minuti: si lavora sulla capacità di recupero e appunto si sfruttano altre forme di energia oltre all’ossigeno muscolare. Lontano dalle gare un pro’ fa anche un’ora e 20′ di fuori soglia in Z5 e Z6 (le intensità più alte), ma bisogna vedere come. Oggi quando si parla di medio non è più come in passato che ci si metteva lì regolari.

«Oggi in un medio ci sono dei momenti in cui si va oltre la soglia. Magari devi fare un’ora di medio e ogni 3′ hai un minuto in Z5 ecco che a fine lavoro hai passato un quarto d’ora fuori soglia. E molto duri sono anche gli intermittenti più brevi, i 30”-30” o i 40”-20”. Alla fine compreso il recupero la media è superiore alla soglia. Quindi se ne devi fare dieci per esempio, ecco che hai passato 5′ fuori soglia. Alcuni corridori che puntano a vincere, di lavori così non hanno una programmazione, ma li fanno ad esaurimento».

«E’ importante – chiude  Toni – fare questi lavori perché vai oltre le tue possibilità ed è questo che ti fa migliorare».

Claudio Cucinotta è oggi uno dei preparatori dell’Astana
Claudio Cucinotta è oggi uno dei preparatori dell’Astana

Più qualità meno quantità

Parola adesso al preparatore friulano che, più o meno, è sulla stessa lunghezza d’onda del collega toscano.

«Quanti allenamenti massimali a settimana? Dipende – dice Claudio Cucinotta – Dipende dal periodo, dall’atleta, dall’obiettivo. In linea di massima oggi si tende a fare più qualità che quantità. Le 6-7 ore sono una rarità, magari le si fanno prima di una classica particolare. Oggi la distanza standard è di cinque ore, cinque ore e mezza. Ma in queste ore si mette della qualità.

«Se siamo ad un mese dal via delle gare e il corridore già punta a vincere, allora farà sicuramente dei lavori fuori soglia, se invece può partire più tranquillamente sfrutterà le gare per fare dei fuorigiri. Se invece siamo nel pieno della stagione in settimana ne farà di meno».

A questo punto Cucinotta fa una distinzione importante.

«Facciamo riferimento ad un fuori soglia di potenza (riferimento ai watt) o cardiaco (riferimento alle pulsazioni). Perché c’è una bella differenza. Io posso fare 10×15” a tutta ma sul piano cardiaco ho fatto poca cosa, mentre su quello della potenza sono andato molto fuori la soglia. A questo punto torniamo alla domanda di prima: quanto si passa fuori soglia in una settimana? Un atleta medio nel mese antecedente alle gare sul piano cardiaco fa 5′-10′, su quello muscolare anche mezz’ora o più».

Ma quindi esiste un limite oltre il quale fare del fuori soglia non è più costruttivo, ma “distruttivo”? Secondo Cucinotta questo limite non esiste, o comunque non è univocamente definito. Dipende da molte cose, anche dall’atleta stesso dal saper sopportare certi carichi.

«C’è un valore, il W’, che descrive la capacità anaerobica di un atleta. La curva potenza/tempo è creata dai punti massimi di potenza che l’atleta riesce a sopportare per un determinato tempo. Per esempio (dò dei numeri a caso) 3′ a 700 watt; 10′ a 450 watt, un’ora a 350 watt… Uno scalatore può avere una CP molto alta ma un W’ basso e il velocista al contrario».

Paolo Slongo è lo storico preparatore di Nibali, oggi alla Trek Segafredo
Paolo Slongo è lo storico preparatore di Nibali, oggi alla Trek Segafredo

Più capacità aerobica

Infine passiamo allo storico preparatore di Vincenzo Nibali. La sua posizione è leggermente diversa rispetto ai primi due tecnici.

«Io ho idea – spiega Paolo Slongo – che, come tutte le zone di allenamento, la soglia e il fuori soglia si possano allenare e il fisico possa riuscire a consumare più di quello che riuscirebbe normalmente, ma credo anche che oltre un certo limite non si possa andare, non si possa allenare. E che alcuni siano più portati. Per questo per me è più importante alzare la soglia. In salita o in una crono sono al pari di un altro atleta ma ho una soglia maggiore riesco a ritardare l’accumulo di acido lattico o al contrario posso attaccare».

«Il fuori soglia richiede dei tempi fisiologici ben determinati. Se vai oltre un certo accumulo la prestazione decade. In tanti fanno i 30”-30” o 40”-20” e ripropongono questa “strategia” anche in gara. Ma da qualche anno, dall’era Sky, è un po’ cambiata la cosa. Cronometro alla mano, vediamo che i corridori in una salita finale fanno forcing di 3′-4′ a tutta e poi “recuperano”. Per questo si tende ad allenare un fuori soglia di 4-5′. E poi molto dipende dal soggetto. Da quanto lo tollerano. Per esempio, tra i tanti che ho avuto, Sagan era quello che riusciva a starci di più».

«Quanto ci si sta in una settimana? Se siamo lontani dalle gare e chi lo fa già punta dico 30-40′ di lavoro anaerobico. Brevi simulazioni di gara, dietro moto, sessioni di 4′ con recupero di 3′. Sono lavori tosti, anche mentalmente. Quindi se ne fanno 1-2 a settimana. Sagan era uno che li digeriva bene, proprio perché ci era portato, e anche Basso, lui però perché sapeva “morire” sulla bici».