Basso, quei 18 mesi simulando corse con Sassi

26.03.2021
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Tempo fa, parlando di come sia possibile allenarsi per essere vincenti già al debutto, Andrea Morelli citò come esempio l’esperienza di Ivan Basso con Aldo Sassi. Il varesino, fermato per 24 mesi, si era messo nelle mani dello scienziato di Como, direttore del Centro Mapei, per tornare competitivo alla fine della sospensione. E fu così che da aprile 2007 a ottobre 2008 la sua attività simulò quella che avrebbe svolto se fosse stato in gruppo.

Tutto il cammino di Basso fino al ritorno in gruppo fu seguito da Aldo Sassi
Tutto il cammino di Basso fino al ritorno in gruppo fu seguito da Aldo Sassi

«Ricordo benissimo quel periodo – dice Basso – fu una parentesi importantissima per la mia vita di atleta e di uomo. Servì tanta testa, abbinata a qualità molto particolari. Fu necessario fare in allenamento quello che avrei fatto in gara. Per questo individuammo degli obiettivi, abbinando alla preparazione fisica anche quella mentale».

Come si svolse il tutto?

Cominciammo da aprile 2007, mettendo in atto (ovviamente in ritardo) la tipica preparazione invernale. Fu necessario anche concentrarsi sulla ripresa psicofisica, perché comunque le tensioni vissute durante le udienze e tutti i mesi precedenti erano state pesanti. Dal Lombardia e fino al 20 novembre feci il classico riposo invernale. E poi, a partire dal mio compleanno, iniziai alla pari con i futuri compagni che a quel punto erano in ritiro. Organizzammo la prima simulazione di corsa a tappe durante la Tirreno-Adriatico, facendo tappe della stessa lunghezza. Subito dopo simulammo il Catalogna. Mentre durante il Giro andai sullo Stelvio.

Per quasi due anni, allenamenti impegnativi, simulando la stagione
Per quasi due anni, allenamenti impegnativi, simulando la stagione
Che cosa significa simulare una gara?

Riprodurre situazioni di corsa, con gli alti wattaggi e le velocità che si fanno in gara. Quando si faceva la crono, i rituali erano gli stessi di sempre, compreso il riscaldamento prima e il defaticamento poi. Solo che le crono su strada erano rischiose per il traffico, quindi andavo in velodromo.

E le tappe in linea?

L’importante era arrivare ai watt di gara, cercando di concentrare le fasi alla massima intensità nel finale degli allenamenti. E poi si simulava l’andamento di una tappa. Quindi la partenza a tutta, poi una fase di calma e il finale a tutta. Simulavamo corse a tappe da un minimo di 2 a un massimo di 5 giorni. Ricordo che pubblicammo tutti i dati su internet, giorno per giorno.

Ottobre 2008, la Liquigas presenta Ivan Basso
Ottobre 2008, la Liquigas presenta Ivan Basso
E’ difficile riuscire a tirar fuori vere prestazioni in simili condizioni?

Determinati valori di quell’anno, poi non li ho più avuti in tutta la carriera. Il mio record sul Cuvignone risale al quel periodo. Per questo credo che corridori come Roglic siano bravi a trovare la condizione solo allenandosi.

Pare che sia molto logorante psicologicamente…

Fermi, per favore. Io sono malato di ciclismo e penso che le cose logoranti, probabilmente per averle vissute, siano altre. Un corridore che non ha piacere ad allenarsi o non è in grado di dare il meglio di sé in allenamento, non riesce a darlo neppure in corsa. Devi saper andare oltre, la testa e la determinazione ti permettono di farlo.

Il 30 maggio 2020, basso vince il Giro d’Italia: Sassi è con lui, ma se ne andrà il dicembre successivo
Il 30 maggio 2020, basso vince il Giro d’Italia: Sassi è con lui
Se fossi oggi un corridore, prepareresti la Tirreno correndo oppure allenandoti?

Andrei sul Teide e poi farei la Tirreno. Ancora il Teide e poi l’obiettivo seguente. A me piaceva e mi piace ancora allenarmi. Non avrei dubbi.

Al termine di quel periodo di allenamento, Basso rientrò alle gare cogliendo il terzo posto al Giro d’Italia e il quarto alla Vuelta, per poi ripresentarsi nel 2010 vincendo il Giro. Alle fine di quell’anno, Sassi si spense. Il suo risultato era stato raggiunto, come spiegò in una lettera che nella sua lungimiranza rivide anni di intransigenza Mapei. Grazie a Basso, Aldo aveva colto finalmente appieno la vulnerabilità dell’atleta e il suo bisogno di essere supportato.