Ieri Marco Frigo ha conquistato la medaglia d’argento nella cronostaffetta mista. La gamba è ancora quella buona dei mondiali. In una settimana il veneto è passato dall’Africa all’Europa, da un clima tropicale a uno più continentale, da un mondo esotico ad uno noto. «Oggi (ieri, per chi legge, ndr) – dice Frigo – siamo andati forte. Stavamo bene, stavo bene. Ed è stato un bel podio che dà fiducia! La Francia? Deve aver sentito l’odore di casa…». Come a dire che forse gli azzurri temevano di più la Svizzera.
Ma torniamo a questa settimana così particolare. Come si è gestito dunque Marco in questi sette giorni così diversi fra loro? Come si è adattato? Viaggi, stanchezza, voli, gare: è stata una giostra tra recupero e fasi intense…


Quindi Marco, da un clima tropicale, eravate in Rwanda, a un clima piuttosto fresco. Come ci si adatta? Perché poi praticamente siete volati direttamente in Francia, giusto?
Esatto, io sono passato dal Rwanda alla Francia in poco più di 24 ore. Però questo secondo adattamento è stato più facile. Alla fine si ritorna in Europa, si ritorna in Francia, un ambiente che ben conosco.
Chiaro…
E’ stato molto più semplice, per noi europei è un ambiente naturale. Ci avevano detto che in Italia era freschino e quindi eravamo preparati anche a un po’ più freddo. In realtà in questi giorni qui a Valence si sta bene, a parte il vento che c’è stato ieri e anche oggi. Le temperature sono ottime per pedalare. In Rwanda era più umido, si era un po’ in quota e di certo c’è stato un adattamento molto più complesso.


Si ritrovano subito certi automatismi, insomma. A livello di alimentazione come vi siete regolati, dal viaggio alla meta finale?
Dopo la prova su strada è stato importante recuperare subito i carboidrati e gli zuccheri per non rimanere troppo a lungo in deficit calorico. La giornata di domenica è stata davvero dispendiosa. Poi invece il lunedì è stato più tranquillo dal punto di vista energetico. Di fatto si è trattato di viaggiare.
E martedì?
A livello di alimentazione abbiamo sempre curato la quota di carboidrati e proteine. Sono giornate di viaggio in cui adattarsi è un po’ difficile. Abbiamo mangiato il pasto che ti servono in aereo: riso col pollo sostanzialmente. Poi, arrivati a Milano, abbiamo fatto una buona colazione che ci ha rimesso in riga. E la sera qui in Francia tutto è tornato a regime vista anche la presenza del cuoco.
Invece a livello di allenamento?
Personalmente è stato importante per me fare una sgambata lunedì dopo la gara per mantenere e “smollare” un po’ la tensione muscolare. Una sgambata che abbiamo effettuato il lunedì mattina in Rwanda. Poi da lunedì pomeriggio fino a martedì sera siamo stati in viaggio. In tutto 27 ore, pertanto martedì non sono uscito.


E siamo a mercoledì…
Ho fatto un classico pre-gara in vista della mixed relay. Ho fatto due ore e mezza con la bici da crono, senza forzare troppo, ma con piccole variazioni d’intensità.
Ieri la gara, con l’argento… E oggi?
La giornata prevede tre ore tranquille, recupero sostanzialmente. Andatura regolare. Alla fine è la prima uscita normale dopo il mondiale, diciamo. Si tratterà solo di ascoltare le sensazioni, di non forzare, perché comunque nella cronostaffetta è stata fatta dell’intensità, pertanto non c’è bisogno di riproporla oggi.
E sabato?
Sabato siamo di nuovo al pre-gara. Si farà un’ora e mezza, due al massimo. Magari inserirò un po’ di attivazione pre-gara per non essere ingolfati poi domenica in corsa.
Cosa intendi per attivazione?
Si fa qualche intervallo al medio o qualche intervallo più breve di maggiore intensità. Quindi un po’ di VO2 Max, ma niente di particolare. Poi sono anche le sensazioni che ti guidano in quei pre-gara, almeno per me è così. L’attivazione viene sempre fatta a sensazione: alcune volte la mente ti dice che non ce n’è bisogno, che stai bene, quindi ti tiri un po’ indietro. Altre volte invece senti proprio il bisogno di sfogarti e quei piccoli lavori li fai con determinazione. Capisci che ti servono.


E’ molto curiosa la parte del viaggio, Marco. Martedì, quando siete arrivati in Francia, per esempio hai fatto un po’ di stretching la sera?
Sì, quando sono arrivato grazie ai massaggiatori, davvero disponibili, sono riuscito a farmi fare un massaggio. E’ stata una manna per scaricare la tensione del viaggio, per la muscolatura intorpidita, per mettere in moto di nuovo i liquidi e sistemare eventualmente la ritenzione idrica.
Una nota curiosa: quali sono state le sensazioni personali tra un posto diverso come il Rwanda e uno come la Francia, che è “casa”?
Sul fronte del cibo, come potete immaginare, siamo stati molto attenti, però devo dire che abbiamo gustato del buon caffè. Il caffè lo sanno fare bene laggiù. Poi ovviamente il Rwanda mi ha lasciato bellissimi ricordi: era la mia prima volta in Africa e c’è stata una visione diversa della vita. I problemi lì sono diversi. Sembra di tornare indietro ad un’altra vita. E credo che vedere tutto questo ha rimesso un po’ con i piedi per terra a noi occidentali. E’ stata una prospettiva diversa della trasferta… non solo agonistica. Qui invece siamo di fatto a casa: sono ambienti, strade e clima che riconosci e nei quali ti ritrovi non solo subito, ma automaticamente.
Un’ultima domanda Marco. Ormai siete un bel gruppo, perché da giorni girate e vivete insieme: come stai vivendo questa nazionale?
Quest’anno la maglia della nazionale era un modo per trovare nuovi stimoli, nuove motivazioni dopo la Vuelta. E quindi mi sono messo a disposizione totale di Marco Villa e della maglia azzurra con molta grinta e molta energia. Ora speriamo che quanto fatto in settimana vada bene per domenica.