Quando da under 23 si passa tra i professionisti le cose cambiano e non poco. Nella nostra intervista, Michele Gazzoli ci ha detto che oltre ad essere aumentata la distanza delle gare è cambiata anche la sua alimentazione per affrontarle. Queste le sue parole: «Per la seconda volta facevo una distanza del genere (200 chilometri, ndr). C’è una tipologia di alimentazione più sostanziosa, soprattutto per chilometraggi di questo genere».
Abbiamo così chiesto a Erica Lombardi, dietista che segue l’Astana Qazaqstan, proprio dove milita Gazzoli, come cambia l’alimentazione quando si entra nel mondo dei pro’.


Organizzazione differente
«La differenza di organizzazione logistica e nutrizionale tra i team under 23 ed i professionisti è abissale – inizia la Lombardi – le squadre WorldTour sono organizzate con un team di cuochi, nutrizionisti, camion cucina… Tuttavia bisogna ammettere che tra i dilettanti ci sono dei grandi miglioramenti e l’impegno, nei limiti del possibile, è davvero ampio».
«Dal mandare un menù via mail all’avere un cuoco c’è una bella differenza. Sono dettagli che aiutano ad avere il controllo, altra parola chiave nella nutrizione sportiva. E si deve sempre controllare tutto: qualità, quantità, condimenti… Attenzione però, la bilancia non deve diventare un’ossessione ma uno strumento che aiuta a migliorare».


Alimentazione ed esperienza
«Il mio lavoro in un team WorldTour è più organizzato e se vogliamo più “semplice” perché ho, appunto, più controllo. Anche se la parola d’ordine, in tutte le categorie, è educazione. Non devo imporre un metodo, ma devo educare i corridori a far capire loro come si lavora. Il ciclismo è uno sport situazionale, non è tutto programmabile. Può succedere che cambino le cose in corsa ed il corridore deve sapere cosa fare».
E in tal senso proprio Gazzoli ci aveva riportato l’esempio dei ventagli in corsa. Un imprevisto che ha scombussolato le carte in tavola sia sul piano tattico che su quello del dispendio energetico.
«Questo è un esempio – afferma la Lombardi – Prima della gara puoi programmare delle grammature di carboidrati o un regime di alimentazione pensato appositamente per quella tappa. Ma se poi ci sono delle situazioni (ambientali, di intensità…) che variano il corridore deve sapere come cambiare la sua alimentazione per ottenere il medesimo risultato». E farlo da under 23 in cui si è meno esperti e meno seguiti è più complicato.


Questione di grammi
L’alimentazione in corsa per un pro’ rispetto ad un under 23 è più sostanziosa quindi. Più chilometri e anche sforzi maggiori. Erica spiega le differenze
«La grande differenza è nelle tipologie di corse che si affrontano. Un under 23 difficilmente fa delle gare a tappe. Quindi la sua alimentazione è improntata sulla massima prestazione nelle ore di corsa. Un professionista, invece, fa molti più giorni di corsa consecutivi quindi ogni singolo alimento ingerito ha l’obiettivo di reintegrare gli sforzi anche in vista delle tappe successive».
«A livello pratico, pertanto, la grande differenza si fa nelle quantità di carboidrati assunti nelle ore di gara. Un under 23, in proporzione allo sforzo ed alla tipologia di gara, ha una grammatura di carboidrati che varia tra i 60 e di 90 grammi per ora. Per un professionista questo valore cambia moltissimo, si va ben oltre i 100 grammi. Molto oltre».
«Ed è un valore elevato da soddisfare. Le barrette pesano 40 grammi, al loro interno hanno 25 grammi di carboidrati. Un under 23 ricopre bene tutte le esigenze nutrizionali, più che altro perché le sue gare non sono così lunghe.
«Per un professionista, invece, è difficile raggiungere l’apporto richiesto, per questo oltre al cibo solido si usano anche i liquidi, una borraccia può apportare fino a 100 grammi di carboidrati, chiaramente ben miscelati. Tutto è più estremizzato». Senza contare che tutto è molto più personalizzato.


Recupero, differenza maggiore
Subentra poi una questione che forse è ancora più centrale: quella del recupero. Probabilmente la differenza più grossa non è tanto nell’alimentazione durante lo sforzo, che comunque come abbiamo visto è maggiore e più curata, ma nelle esigenze del recupero.
Correndo di più, per chilometri e numero di giorni, il pro’ deve essere più attento a questo aspetto. Un dilettante può anche essere meno capillare, pesare meno il cibo o sceglierne uno magari “meno indicato”. Per esempio, un piatto di pasta al posto del riso.


La vicinanza col nutrizionista
Riprendendo infine il discorso sul controllo e l’educazione, che incide non poco in questa differenza tra U23 e pro’, c’è anche il rapporto con il nutrizionista, dietista nel caso di Erica Lombardi.
«Ogni quanto mi confronti con gli under 23 e quanto con i pro’? Nelle squadre WorldTour cerco di mantenere il contatto ogni giorno, anche con messaggi o brevi chiamate. Una dieta diventa efficace se diventa cronica e quindi ripetuta nel tempo. C’è anche da dire che ora la strumentazione è talmente avanzata che da PC o App si può monitorare tutto».
«Il dialogo con i dilettanti invece è più discontinuo, gli staff non sono numerosi e quindi una figura come la mia viene esternalizzata. Io faccio delle riunioni e fornisco dei metodi di lavoro cercando di educare i ragazzi, ma poi ognuno di loro si appoggia al suo nutrizionista. Questo rende più difficile trovare una linea guida comune di lavoro all’interno della squadra».