All’Italian Bike Festival abbiamo visto parecchie novità per quel che riguarda il mondo gravel, qualcosa in meno per quel che riguarda la Mtb e quasi nulla per le bici da strada. L’innovazione ha riguardato di più accessori, componenti, caschi… Perché? La specialissima ha raggiunto lo stato dell’arte attuale? E’ una questione di marketing? Lo sviluppo non procede perché è bloccato dalle regole Uci?
Tutte questioni che abbiamo analizzato con un ingegnere super partes, Simone Omarini di Hardskin. Come sappiamo, lui è un vero esperto di aerodinamica, ma anche in fatto di materiali non è da meno.
Simone, partiamo dalle regole: quanto incidono?
Senza dubbio le regole Uci sono stringenti e anche un po’ arretrate. Di fatto dai tempi di Coppi e Bartali il disegno della bici è rimasto quello. Mentre nel triathlon per esempio non ci sono regole e infatti si vedono disegni differenti. Ci sono bici senza triangolo centrale, prive di piantone e propongono altre soluzioni.
Ed è più performante come tipologia di telaio?
A livello di aerodinamica? Difficile dirlo. Bisognerebbe fare dei test specifici, ma é difficile fare dei confronti. E’ come mettere a confronto le pere con le mele. Perché bisognerebbe utilizzare gli stessi manubri, gli stessi componenti e anche le stesse posizioni. Basta pensare che nel ciclismo c’è il vincolo sull’arretramento della sella, sull’altezza e lunghezza delle protesi e nel triathlon no.
E dove si può fare innovazione?
Beh, in pista c’è dell’innovazione, almeno per quel che concerne l’aerodinamica. E’ la F1. Mentre la F1 dei materiali e dei componenti è la Mtb. Per esempio i freni a disco, il monocorona le gabbie lunghe dei deragliatori vengono da lì. Ecco, un’innovazione che personalmente mi piaciuta molto su strada sono stati i rapporti di Shimano con l’ultimo Dura Ace presentato. Loro hanno proposto il 54-40, quindi corone grosse invece che piccole. Ci guadagna la resa e la scorrevolezza della catena che ha meno attrito girando su corone più grosse. Anche perché con le 12 velocità e i pacchi pignoni 11-32 vai praticamente ovunque.
I materiali attuali sono ancora migliorabili? Oppure, viste le necessità i tipi di carbonio attuali sono più che sufficienti?
In realtà il vero nome di questo materiale sarebbe composito, che noi volgarmente chiamiamo carbonio. Composito perché è un insieme di varie tipologie di fibre, tenute insieme da delle resine. Ma questo materiale non è isotropo, a differenza dei metalli, cioè non reagisce allo stesso modo se tirato o compresso in direzione diverse da quella dell’orientamento delle fibre. Per questo motivo si mettono più strati di carbonio uno sull’altro, con direzione delle fibre diverse, per renderlo più resistente e più simile ad un materiale isotropo. Il composito è molto resistente, leggero e rigido ed è per questo che è adatto ai telai da bici da corsa.
E quindi come si riconosce un buon composito?
Deve avere alta resistenza e alta elasticità, il giusto mix tra queste due caratteristiche che a loro volta dipendono dalle resine, che lo devono rendere un pezzo unico, e dall’orientamento dei fogli di composito: 45°, -45°, unidirezionale…
Secondo te c’è margine di miglioramento?
Sicuramente c’è margine, perché oggi la priorità è quella di arrivare a produrre telai in modo efficiente, veloce e a basso costo. Si lavorerà sempre su fibre e resine per ottimizzare i processi produttivi, garantendo la qualità del prodotto finito. Sicuro oggi c’è un limite, che è lo stampo e quindi di fatto che i telai sono disponibili in taglie, senza troppa possibilità di personalizzazione. Sarebbe bello avere dei telai personalizzabili, come geometrie intendo, poiché dovrebbe essere il telaio ad adattarsi alle esigenze del ciclista e non viceversa.
Però questo si può fare con un telaio fasciato…
Sì, ma resta un prodotto di nicchia come alcuni metalli, vedi il titanio, acciaio o alluminio. Sicuramente è possibile fare un telaio artigianale su misura, ma pesi ed aerodinamica sono spesso lontani da un telaio standard.
E di base un telaio fasciato è meno performante di uno monoscocca?
Se è ben fatto, no.
Partendo dai disegni attuali come si potrebbero migliorare le bici?
A livello di aerodinamica con un diverso profilo dei tubi. Un profilo più alare. Ma ci sono delle regole Uci che limitano i rapporti tra sezione e lunghezza dei tubi. Pertanto fin che ci saranno queste norme è difficile vedere qualcosa di diverso da quello che vediamo oggi.
Oggi molti costruttori propongono due modelli: uno più aero e uno per la salita…
Vero, ma ormai vedo che si va verso la bici unica. Ormai il peso è limitato anche per bici aero. Quindi si ha un compromesso tra peso ed aerodinamica.
Dal punto di vista aerodinamico la bici è un oggetto efficiente?
Se i tubi non fossero tondi, sì. Servirebbero dei profili alari per i tubi del telaio, e manubri per governare meglio le turbolenze a valle. E poi l’efficienza aerodinamica va considerata anche con il ciclista e la sua posizione. Ecco io lavorerei molto sulle posizioni. Il vero guadagno si ha lì perché il ciclista occupa tanta area frontale.
E quanto possono essere migliorate in percentuale l’aerodinamica e la posizione?
A crono, fino ad un 10-13% rispetto a chi non ha grandi studi alle spalle. Ovviamente non per un Ganna o un Dennis, perché da anni studiano ed ottimizzano la posizione. Su strada è più difficile da stabile. Si parte sempre dalla posizione dell’atleta, mani alte, mani basse… Ma anche dall’insieme dei componenti: bici, casco, scarpe, vestiario, ruote… anche perché magari il margine di miglioramento è più piccolo, ma si protrae per tanti chilometri. Pensiamo alla Sanremo: anche se piccolo, un miglioramento su 300 chilometri fa risparmiare tantissime energie a fine gara.