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Zakarin a Cipro in attesa di risposte… che non arriveranno

15.05.2022
4 min
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Il Giro d’Italia entra nel vivo. C’è chi sogna la maglia rosa, chi lotta giorno dopo giorno per salvarsi e chi, come Ilnur Zakarin invece, è costretto a fare da spettatore a causa di una situazione molto più grande di lui. La guerra in Ucraina ha lasciato il segno in ogni campo e lo sport non è stato da meno, anzi.

A pagare però sono stati anche dei professionisti che in questo momento vorrebbero soltanto avere la possibilità di salire sulla loro bicicletta e fare quello che sanno fare meglio: pedalare e far sognare i tifosi, soprattutto in un momento buio come questo.

La stagione della Gazprom-RusVelo era iniziata con molto entusiasmo. Nuovi tecnici, nuovi corridori e voglia di crescere
La stagione della Gazprom-RusVelo era iniziata con molto entusiasmo. Nuovi tecnici, nuovi corridori e voglia di crescere

Stop Gazprom

La Gazprom-Rusvelo, invece, rimane al palo perché squadra russa con sponsor russo e non ha nemmeno la possibilità di affacciarsi al calendario internazionale o di sognare una wild card per qualche corsa. Al suo interno però, restano bloccati anche i corridori di altre nazionalità, a rendere ancor più confusa la situazione.

I corridori hanno provato a far sentire più volte la loro voce, sin qui invano, e tra questi c’è anche Ilnur Zakarin, che gli appassionati della corsa rosa si ricordano per le due tappe vinte al Giro in due luoghi particolari: la prima nel 2015 all’Autodromo di Imola e poi quattro anni dopo, nel 2019, in cima al colle del Nivolet.

Qualcuno tiene il fiato sospeso ricordando i rischi corsi a più riprese in discesa, non proprio il suo terreno prediletto, con il volo terribile del 2016 giù dal Colle dell’Agnello che fece correre i brividi sulla schiena a tutti quelli che stavano seguendo la tappa.

In pochi sanno che a inizio 2022, il trentaduenne originario del Tatarstan aveva annunciato che questa sarebbe stata la sua ultima stagione. Un’annata che si era immaginato decisamente diversa.

«La stagione – ha detto Zakarin – era iniziata abbastanza bene, dopo una serie di gare sono andato con la squadra in un ritiro in alta montagna a Tenerife. Non appena hanno iniziato a sospendere gli atleti russi, la direzione della squadra si è subito rivolta all’Uci per cambiare il nome e continuare a gareggiare sotto bandiera neutra, ma non c’è stata risposta, il che è stato molto sorprendente.

«La squadra ha molti corridori e membri dello staff stranieri, tutte queste persone sono rimaste senza lavoro».

Zakarin quest’anno ha corso solo alla Valenciana, poi lo stop dell’Uci
Zakarin quest’anno ha corso solo alla Valenciana, poi lo stop dell’Uci

Incubo o realtà?

Una situazione surreale e lo stesso Ilnur si è trovato spiazzato.

«Sono tornato dalla mia famiglia a Cipro – racconta Zakarin – e mi hanno supportato molto. Dai tutta la tua vita al tuo sport preferito, fai una valanga di sacrifici e metti tutta la tua anima nel ciclismo, poi l’Uci cambia la tua vita dall’oggi al domani e ti trovi in questa situazione contro il tuo volere.

«Ho scritto un post su Instagram, chiedendo all’Uci di ripensarci, ma loro hanno solo risposto che stavano aspettando una decisione dal Tas. Reputo che sia stato molto strano l’atteggiamento da parte dell’Uci. Non ti lasciamo gareggiare, ma nemmeno interrompere il contratto per poterlo fare».

In attesa che si sblocchi il tutto, Zakarin si è cimentato nel triathlon. Eccolo a Cipro con Ilya Slepov, triatleta pro’ russo.
In attesa che si sblocchi il tutto, Zakarin si è cimentato nel triathlon. Eccolo a Cipro con Ilya Slepov, triatleta pro’ russo.

Tenacia e speranza

«Non mi sono mai occupato di politica – aggiunge Zakarin – e non ne discuto, perché sono un atleta e ho dedicato tutta la mia vita allo sport affinché lo sport unisca tutte le nazioni del mondo. Quando un corridore vince, la prima cosa che la gente guarda è il suo nome, non la sua nazionalità. Adesso continuo a fare sport, perché sono convinto che prima o poi ci sarà concesso di gareggiare. Non è facile, ma quando c’è la famiglia, niente è impossibile.

«Abbiamo buoni rapporti con i ragazzi della squadra, nelle chiacchierate di gruppo si cerca di risolvere la situazione attuale, ma è molto tempo che non contatto la dirigenza, non so quale sia il loro stato d’animo attuale».

Le settimane passano e Ilnur, così come i suoi compagni di squadra, resta in questo limbo tra “color che son sospesi”, senza poter attaccare il numero sulla maglia.