Callegarin in Ucraina, diario di un viaggio nell’anima

05.04.2022
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Un post su Facebook il 3 aprile, quasi a mezzanotte, mentre eravamo ancora ebbri del Fiandre. Scrive Daniele Callegarin, ex corridore e da sei anni autista del pullman Vittoria, presenza fissa in nazionale e capace spesso di parole magiche.

«Il bene si fa ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca. Non scriverò quindi dei circa tremilatrecento chilometri percorsi in tre giorni, dei trecentotrentanove pacchi contenenti aiuti umanitari, medicinali, farmaci consegnati in terra di guerra, delle tre donne con i relativi figli accompagnate in strutture in Italia. Ma scriverò del weekend in cui ci sarebbe dovuto esser stato il compleanno di Alyce & Grace e che invece il regalo lo hanno fatto loro a me. Permettere tutto questo».

Il carico è completo. Il viaggio è nato coinvolgendo varie associazioni. Callegarin è il quinto da sinistra
Il carico è completo, si può partire. Callegarin è il quinto da sinistra

Una telefonata all’improvviso

Like e commenti, poi la sensazione che servisse altro. Un racconto, ecco cosa. Perché certe storie ti si attaccano addosso e per fortuna non riesci a soffiarle via. E forse perché l’immagine del pullman Vittoria sulla strada per Leopoli dà un’altra concretezza a quel continuo viaggiare. “Calle” risponde e a distanza di giorni ha la voce che ancora trema.

«Ero alla Tre Valli di mountain bike sabato mattina – dice – quando mi ha chiamato Diega Tosatto, del marketing Vittoria. L’azienda voleva fare di più rispetto alla raccolta fondi e ha lanciato la sfida di usare i mezzi del Servizio Corse. Appena ho ricevuto la sua chiamata, ingenuamente o forse egoisticamente, ho subito detto di sì. Senza neppure chiedere a mia moglie Jasmine. L’ho vissuto come la possibilità di fare qualcosa di concreto».

Alla spedizione hanno partecipato anche Andrea Valesini dell’Eco di Bergamo, Diega Tosatto e Marina, interprete ucraina
C’erano anche Andrea Valesini dell’Eco di Bergamo, Diega Tosatto e Marina, interprete ucraina

L’operazione Leopoli

In sintesi. Vittoria si è mobilitata per l’Ucraina, cambiando anche i colori del logo. Ma non basta. L’amministratore delegato Stijn Vriends vuole fare di più ed è così che la sfida viene raccolta. Elena Novikova, ultracyclist che è stata ambassador dell’azienda, ha raccolto 30 scatole di farmaci da far arrivare al velodromo di Kiev. Si contattano varie associazioni: l’obiettivo è raggiungere Leopoli, facendolo in sicurezza e senza peccare di presunzione. Poi anche garantire un futuro alle persone che arriveranno in Italia.

Si va con il pullman. Quello che ha fatto mondiali ed europei con la nazionale e che alla Coppi e Bartali è stato dato in uso al Team DSM. Quel «cazzo di pullman», come lo chiamano in azienda, perché è vecchio, grosso, consuma tanto e sta sempre in mezzo.

Ma torniamo da Callegarin, cercando di non commuoverci quando la sua voce inciamperà nelle parole. La sensazione, poi confermata dai fatti, è che capiterà spesso…

Hai detto subito di sì, perché?

Mi portavo addosso da anni un carico emotivo notevole e questa forse è la prima volta che posso esprimerlo. Quando sono nate Alyce e Grace, c’è stata una persona che ha fatto la scelta di salvare Grace e ha cercato di rianimarla nonostante non avesse il battito e fosse clinicamente morta. E’ rimasta per 20 minuti senza ossigeno e battito, eppure quel medico scelse di provarci e oggi Grace sta benissimo. Non è attaccata a macchinari, gioca, salta e ci insegna a vivere e sorridere (la voce si strozza, ndr). Per questo mi sono sentito di restituire in maniera concreta quell’aiuto. Io so solo guidare un pullman, non sono un dottore, ma quello che abbiamo fatto mi ha reso contento.

Ugualmente un bel rischio…

Sono state le azioni di persone responsabili, senza che nulla sia stato improvvisato. Stavamo andando in territorio di guerra a scoprire che le cose che vediamo ogni giorno nei telegiornali ci sono davvero. Sapevamo del rischio, ma eravamo tutti felici di poter salvare anche solo una vita. Alla fine abbiamo riportato indietro tre donne e cinque bambini. Una bambina si è fermata a Padova dove riceverà le cure per la sua malattia. La madre ha detto una frase toccante: «La guerra si è trasformata in qualcosa di stupendo». Se fosse rimasta là, non avrebbe ricevuto le cure necessarie. E’ stata una frase forte e inaspettata.

L’adesivo dice che il pullman trasporta aiuti umanitari: per passare la frontiera è necessario
L’adesivo dice che il pullman trasporta aiuti umanitari: per passare la frontiera è necessario
Perciò, sabato la telefonata e poi?

Siamo partiti il mercoledì, facendo raccolta di materiali in tre punti diversi. A Milano abbiamo preso 349 pacchi di aiuti umanitari. Poi i 30 pacchi di medicinali raccolti dalla Novikova per Kiev. Infine a Montebelluna abbiamo preso 3.000 euro in aiuti raccolti da un’altra associazione vicina a Diega. Un viaggio complicato, perché usavamo un mezzo aziendale, perché l’Ucraina ha leggi diverse che in periodo di guerra sono più stringenti. E perché con il pullman cambiano le regole doganali. Complicato e pericoloso. Il primo ritrovo a Gorizia, da cui saremmo partiti la mattina dopo.

C’eravate solo voi con il vostro pullman?

Siamo andati con la carovana organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Abbiamo viaggiato tutto il venerdì fino al confine tra Polonia e Ucraina e la mattina dopo, alle 4 eravamo già in dogana, ma siamo passati alle 9, dopo cinque ore.

Foto della partenza verso l’Ucraina. Il momento merita una foto. In qualche modo si fa la storia
Foto della partenza verso l’Ucraina. Il momento merita una foto. In qualche modo si fa la storia
Che scenari hai trovato?

Gelidi. Già il meteo lassù è duro. Siamo stati per un’ora giù dal pullman per i controlli e ci tremavano le gambe dal freddo. Addirittura in certi momenti nevicava. Si percepiva la tensione, sembrava davvero di essere in un film. E poi c’erano i checkpoint, fatti dalla gente comune con ogni mezzo possibile. Mitragliatori e cavalli di frisia. Alla dogana avevano il kalashnikov, non come in aeroporto che al massimo hanno una pistola o la trasmittente. Emotivamente è stato davvero tosto. Pensi: allora i kalashnikov esistono davvero! Siamo entrati alle 9 del mattino e ne siamo usciti all’una di notte. Non volevamo prendere nessun rischio più del dovuto.

Avete scaricato tutto?

Elena Novikova ha fatto arrivare una persona di fiducia, che ha caricato i farmaci ed è partita verso Kiev: 600 chilometri. I pacchi di Montebelluna li abbiamo affidati a un autotrasportatore. Il resto l’abbiamo scaricato a Leopoli.

Con Callegarin, Diega Tosatto e l’interprete c’è anche Francesco Villa: missione compiuta, si può ripartire
Con Callegarin, Diega Tosatto e l’interprete c’è anche Francesco Villa: missione compiuta, si può ripartire
Che esperienza è stata?

Non mi ha tolto niente, ma in compenso mi ha dato tanto. Il più ricco alla fine sono stato io. Questo non vuol dire che tutti adesso debbano andare, ma mi rendo conto che è come il principio di Archimede. Più fai e più ti torna indietro. Più spingi verso il basso e più ti torna fuori. Non voglio sembrare un eroe, ma ho avuto questa opportunità e l’ho colta.

Hai davvero accettato senza dire nulla a tua moglie?

Mi rendo conto di aver sposato una donna eccezionale. Abbiamo un grado di comprensione e vicinanza che mi permette di prendere queste decisioni. Parliamo la stessa lingua, quella del ciclismo. Altrimenti già il lavoro che faccio sarebbe difficile da sopportare. Torno a casa sempre stanco e pronto per un’altra valigia. A tutti noi piace viaggiare, ma quando rientriamo siamo sfiniti e mai presenti totalmente (si ferma, sta piangendo, ndr).

Arrivati a Leopoli, si scaricano i medicinali di Elena Novikova, che ripartono per Kiev
Arrivati a Leopoli, si scaricano i medicinali di Elena Novikova, che ripartono per Kiev
Calle, piantala…

Eh, ma io sono così. Da fuori si conosce il “Calle”, ma sotto c’è anche Daniele. E in questo viaggio sono riuscito a tirarlo fuori. Jasmine aveva già organizzato la festa per il compleanno delle bambine e il fatto di lasciarmi andare l’ho visto come il loro regalo per me. Ma non è tutta farina del mio sacco, dietro c’è un’organizzazione che merita tanti più riconoscimenti. Non ero solo su quel pullman. C’era Francesco Villa, lo conoscete…

Altro storico autista di quel pullman.

Ce lo ha portato lui in Vittoria, era la migliore persona che potesse venire. Quando Diega ha chiesto che avessimo la seconda guida, ho subito pensato a lui e Cecco ha accettato subito. Poi c’era Diega, appunto, un redattore dell’Eco di Bergamo e Andrea, un Dottore del Sorriso che lavora con i bambini ed è stato utile lungo i 1.600 chilometri del rientro. Sono state 20 ore di viaggio. E quando la sera siamo rientrati in Vittoria, ci sono stati molti abbracci e molte lacrime. Ho accompagnato i campioni. Su quel pullman c’è stato Ganna quando ha vinto i suoi mondiali, abbiamo vinto cinque europei su sei che sono stati disputati. Ci sono stati tanti personaggi di spicco ed è bello quando si lavora tutti per un obiettivo e si vince. Ma fra tutte le trasferte che ho fatto, questa per me è stata la più bella. Mi riempie di orgoglio che lo abbiamo fatto con «quel cazzo di pullman».

Per il ritorno sul pullman Vittoria viaggiano anche tre mamme e i loro bambini
E per il ritorno sul pullman Vittoria viaggiano anche tre mamme e i loro bambini
Lo chiamano davvero così?

Praticamente tutti. Perché è ingombrante e fa fumo. Ma io a quel pullman devo tutto. Grazie a lui mi hanno assunto, ho potuto prendere un mutuo, comprare la casa e poi sono venute Alyce e Grace. Mi inorgoglisce che sia stato capace di fare quel viaggio, come il vecchio cavallo con la testa bassa accanto al suo cowboy. Ora è entrato in un’altra dimensione.

Una fortuna aver letto quel post, una fortuna che ci siano in giro persone così e aziende che nei momenti opportuni mostrino anche la giusta compassione. Un’altra valigia nel frattempo è già pronta, il prossimo impegno di Daniele sarà il Tour of the Alps, poi Tour de Romandie, la Coppa del mondo di Mtb in Germania poi quella in Repubblica Ceca e via andare. Ma siamo certi che questi ricordi gli resteranno per sempre cuciti nell’anima.

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Fra una cosa e l’altra, con Francesco Villa abbiamo cominciato insieme: anno 1992. Chi vi scrive, col taccuino in mano. Lui, con le chiavi da meccanico alla Gatorade di Bugno. E adesso che l’inverno sta scendendo e che la sua avventura nel ciclismo delle squadre sta per concludersi, una chiacchierata fra… veterani è quello che ci vuole per passare quest’8 dicembre decisamente freddino.

Per chi non lo conoscesse, smessi i panni del meccanico a fine 2002, Francesco è stato autista dei pullman, dal Team Bianchi con Ullrich, alla Quick Step con Bettini, al Team Cervelo di Sastre e Hushovd, alla BMC delle meraviglie, alla Tinkoff di Sagan e Contador e da ultimo alla Dimension Data, poi NTT e ora Qhubeka che, almeno in apparenza, sta lottando per non sparire. Dite che qualcosa da raccontare la troveremo?

Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Prima squadra?

Gatorade-Chateau d’Ax nel 1992, con Bugno, Corti e Stanga. Carminati guidava il bus. Ci sono rimasto fino al 1994, poi seguii Gianni alla Mg-Technogym e di lì passai alla Mapei. Sempre come meccanico. Poi ho lavorato alla Quick Step e, a parte un anno con la Vittoria, sono stato sempre con le squadre…

Parlaci di Bugno.

Per noi era un riferimento. Nel 1992 avevo 22 anni, ero suo tifosissimo: lavorare per lui era un sogno. Il capo era Giovanni Tonoli, suo meccanico di fiducia. Fu lui a volermi accanto, perché la tradizione era che i vecchi insegnassero il mestiere ai “bocetti”, ai ragazzini. Non lavoravano bene con altri d’esperienza, perché non avevano tempo né voglia di discutere, ma Tonoli era bravissimo a insegnare. Purtropppo morì nel 1993 per un brutto male, a soli 46 anni, e a quel punto Gianni volle portarmi con sé. Un campione cui eravamo affezionati. C’ero nel 1992 quando fece terzo al Tour e anche quando nel 1994 vinse il Fiandre.

Nell’anno di passaggio fra Team Bmc e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Nell’anno fra BMC e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Meccanico e autista del pullman, quali differenze?

Da meccanico entri nel cuore della corsa, sei sull’ammiraglia. Il bus ti dà il contatto più frequente con il corridore. Ci sono momenti in cui stare zitti e quelli in cui dargli coraggio e qualche consiglio, soprattutto ai più giovani. Ma ad esempio le Liegi di Bettini dall’ammiraglia sono indimenticabili.

Storia parallela a quella di Carminati, che abbiamo già raccontato. Cosa ricordi della Mapei?

Era una famiglia. Il dottor Squinzi era presente con il suo appoggio morale, non dava soldi e basta. Quella squadra ha rivoluzionato il ciclismo, anche per l’investimento tecnologico che facemmo con Colnago.

Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi diventata Ntt e Qhubeka
Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi Ntt e Qhubeka
Eri ancora meccanico, con chi legasti di più?

Molto con Bartoli, ero nell’ammiraglia dietro di lui quando vinse la Freccia Vallone del 1999 sotto la nevicata. Poi Bettini, si vide subito che aveva una gran classe. Paolo, come prima Gianni, devo ringraziarlo perché creò il suo gruppo e pensava prima a noi e poi a se stesso. Parlo di Bramati, Tonti, Zanini, i massaggiatori Cerea e Bignotti, Fausto Oppici come altro meccanico. Ci chiedeva se fossimo a posto e poi andava a firmare il suo contratto.

Iniziasti da autista alla Bianchi, chi ti aveva insegnato a guidare il pullman?

Giacomo Carminati. Mi ha insegnato a guidarlo e ad amarlo, prendermene cura. Mi ha insegnato un mestiere, per questo lo considero come un fratello maggiore.

Cosa ricordi di Ullrich?

Uno dei più grandi corridori che abbia mai incontrato, gradevole come persona. Anche lui, come Bugno, un po’ troppo sfruttato dall’entourage e purtroppo neanche lui aveva grande personalità, come purtroppo si è visto negli anni successivi. Nel 2003 andava fortissimo e gli fecero perdere il Tour dall’ammiraglia. Lui voleva attaccare, soprattutto essendosi accorto che Armstrong non era brillantissimo. Invece continuarono a dirgli di aspettare, così Armstrong tornò forte e vinse anche quella volta.

Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
La Tinkoff di Contador e Sagan?

Una squadra che senza Riis (il danese fu allontanato da Oleg Tinkoff a marzo del 2015, ndr) si capiva non sarebbe durata. C’era il gruppo di Contador, quello di Sagan, gli italiani… Con Alberto legai parecchio. Nel 2016 fu sfortunato, era già in fase discendente, ma sempre una grande persona. Non si fidava di lasciare le scarpe sul pullman, al massimo lo faceva se le chiudevo a chiave in un armadietto. Aveva paura del sabotaggio, molto diffidente. Lasciava avvicinare inizialmente solo il suo meccanico Faustino, io me ne stavo sulle mie. Non sono un adulatore, se hanno bisogno chiedono loro e alla fine diventammo amici.

Riis però l’hai trovato alla Ntt l’anno scorso…

Una persona molto preparata, che non è stata capita. Io ero abituato a Ferretti e Stanga, non mi faceva paura e lavoravo bene, gli altri hanno fatto fatica e infatti non è durata. Al Tour del 2020 venne al bus e mi disse che dal giorno dopo non avrebbe più voluto vedere lattine di Coca e Fanta, perché i corridori erano grassi. Per me era un’osservazione giusta, gli altri non lo capirono.

Che rapporto hai con il pullman?

E’ la mia casa. Devo pulirla, tenerla in ordine. Ne sono molto geloso, discuto con i corridori che non mostrano rispetto. Per fortuna i campioni aiutano, loro sono sempre i più educati. Sastre era un modello, Cavendish se vedeva disordine, sgridava i compagni: «Siamo in una stalla?». Il pullman per un autista è come il camion officina per il meccanico: serve passione per il lavoro, sennò lo trascuri.

Che rapporto hai avuto con Cavendish?

Grandioso, come con Bettini. Alla Dimension Data si stava spegnendo, ha fatto bene ad andare via ed ero certo che sarebbe tornato. Con Lefevere e Bramati alla Deceuninck-Quick Step la sola ricetta è pedalare, conosco quell’ambiente. Sono contento che abbia firmato per un altro anno, anche con la clausola che non farà il Tour. E poi secondo me certe cose le dicono anche per dargli grinta

Hai scelto di mollare, ti dispiace?

Sicuramente mi mancherà tantissimo. Ma abbiamo due bimbe di 11 e 7 anni e a un certo punto sei costretto a fare delle scelte. Non potevo più fare 180 giorni via, in casa c’è bisogno del papà. Mia moglie non mi ha mai ostacolato, ma vedevo che la fatica per gestirle aumentava. Ho fatto per 30 anni la vita che qualunque tifoso di ciclismo sognerebbe, è giusto che adesso lasci spazio ad altri.