Il Tour of the Alps torna nel 2021 e accende i riflettori sulla sicurezza dei corridori: tema centrale che però inspiegabilmente trova più resistenze che intenti condivisi. L’Uci ha organizzato un meeting per parlarne con i diretti interessati e si sono presentati soltanto Gilbert e Trentin. Groenewegen ha rimediato 9 mesi di squalifica per la caduta di Jakobsen al Polonia e, per quanto risulta, contro gli organizzatori si è mosso poco o niente per quelle transenne posticce. Al Lombardia, Schachmann è stato falciato da un’auto entrata sul percorso, si è rotto la clavicola e ugualmente ha chiuso al 7° posto, con la vicenda apparentemente limitata alla negligenza della signora che guidava.
La corsa trentina (vinta nel 2019 da Pavel Sivakov, in apertura sul podio con Tao Geoghegan Hart e Nibali) ha provato un passo in più, introducendo gli Hotspot: un sistema di monitoraggio e segnalazione degli ostacoli sul percorso. E la notizia che inizialmente era arrivata tramite un comunicato è diventata motivo di approfondimento con Maurizio Evangelista, General Manager della prova e collega giornalista.
Maurizio, come mai questo passo in avanti?
Una delle cose che caratterizza questa corsa è il fatto di avere una struttura tecnica solida. Persone capaci e competenti che partecipano tutto l’anno e non si limitano ad arrivare il giorno prima e andarsene il giorno dopo. Gente che effettua cinque sopralluoghi ed è parte attiva in tutta l’attività di costruzione della prova, permettendoci di avere un bel confronto su quali aspetti sviluppare. Detto questo, non abbiamo mai avuto un problema sicurezza, per il clima sereno delle nostre zone, per lo stato delle strade e perché i tanti sopralluoghi ci permettono di avere chiare le criticità. Però non si deve dare nulla per scontato.
Cosa si dà per scontato?
Ci siamo accorti, semplicemente osservando quello che accade in giro, che tante situazioni di pericolo vengono gestite sperando nella divina provvidenza e nell’abilità dei corridori. Parlo ad esempio di cadute contro gli spartitraffico, di transenne di poco valore e ad esempio del motociclista del Fiandre, quello di Alaphilippe, che era a sua volta il giudice in corsa. Perciò abbiamo convocato la nostra struttura tecnica e ci siamo chiesti che cosa si possa fare per migliorare quello che già facciamo.
Nascono così gli Hotspot?
Ci saranno 3-4 punti per ogni tappa, che saranno segnalati con più attenzione e l’uso di una segnaletica creata ad hoc. Magari sembreranno cose banali, perché lo spartitraffico sta lì e non puoi spostarlo. Ma se sta alla fine di una discesa e dietro una curva, ad esempio, credo che al corridore faccia piacere saperlo.
Bei tempi quando certi ostacoli si potevano spostare…
Una volta si faceva, ma adesso le infrastrutture sono fisse e non si conciliano troppo con le gare di bici. Giusto per una tappa in Austria, abbiamo chiesto e ottenuto che togliessero un’aiuola, ma il resto rimane al suo posto. Tutto questo sarà poi spiegato nel road book, il Garibaldi, la guida tecnica. All’interno ci sarà quello che noi chiamiamo Radar, ossia un approfondimento della tabella di marcia, con il dettaglio di ogni passaggio critico, a disposizione di squadre e addetti ai lavori.
Vi siete mossi in risposta a richieste specifiche?
Nessuno ci ha chiesto niente, anche se a mio avviso i corridori dovrebbero interessarsi e preoccuparsi degli aspetti che più li riguardano da vicino. Se finisci a 90 all’ora contro uno spartitraffico, rischi seriamente di ammazzarti, non devo dirlo io.
Non dovete dirlo, ma in qualche modo lo avete fatto…
Credo che questa corsa si stia mettendo in luce perché prova a trovare una dimensione proiettata verso il futuro e qui si entra in un’altra sfera. Personalmente sono contrario ai chilometraggi eccessivi e al concetto di fatica estrema. E allora credo che il Tour of the Alps, puntando su chilometraggi ridotti e percorsi disegnati nel senso dello spettacolo, possa diventare molto attrattivo. Non è un caso che da noi si ritrovino a combattere sin dal via non solo i gregari, ma anche i leader. L’attenzione alla sicurezza aggiunge un tassello ad una corsa tecnicamente valida e ben integrata fra le montagne fra cui si svolge, diventandone il miglior testimonial.