PALMA DE MAIORCA (Spagna) – Ti giri da una parte e ti passa vicino Remco Evenepoel. Guardi da un’altra e vedi Primoz Roglic e alle tue spalle c’è Jai Hindley. Il giorno dopo sai che dovrai incontrare Mads Pedersen e Jonathan Milan e quello dopo ancora Tadej Pogacar ed Elisa Longo Borghini. Tutti campioni con una “C” grossa così. Ma poi ci sono anche loro, i gregari, come Jan Tratnik.
E se quei campioni sono tali, il merito, una grossa fetta del merito, è anche loro. Tratnik è un tipo di una simpatia disarmante. Sorridente, solare. Capisce anche un po’ d’italiano e prova persino a parlarlo. Vi raccontiamo questa.
I ragazzi della Red Bull-Bora-Hansgrohe stavano per andare via e nel pullmino che li avrebbe riportati in hotel, rispetto al luogo dove stavamo facendo le interviste, ci doveva salire anche Giulio Pellizzari. Giulio non arrivava. Allora Jan gli fa: «Cciulio andamo và», un mix d’italiano e romanesco che chissà da dove viene, semplicemente fantastico.


Roglic, Remco, Lipowitz, Pellizzari… ma quanti leader devi aiutare quest’anno, Jan?
Tanti. Penso che ci saranno molti capitani diversi in tante gare diverse. Io sarò disponibile per tutti i leader e spero di essere in grado di aiutarli. Non so ancora nel dettaglio il programma della mia stagione, ma sarà un mix di classiche, corse a tappe e un Grande Giro. Sicuramente, purtroppo, non il Giro d’Italia. Poi vedremo se andrò al Tour de France o alla Vuelta.
C’è però un capitano che più di altri è il tuo capitano, ma anche un amico: Primoz Roglic. Come funziona il lavoro con lui?
Alla fine il lavoro è lo stesso che svolgo con tutti. Roglic, Pellizzari, Lipowitz… è chiaro che c’è lavoro, ma anche amicizia, e questo sentimento con Primoz è maggiore. Ma questo non significa che il mio impegno sia più grande con lui. No, sono un ciclista professionista e do il massimo per tutti allo stesso modo.
E ci sono differenze tecniche? Per esempio c’è chi ama stare più davanti, chi vuole essere più coperto o lasciato tranquillo?
Questo è qualcosa che ricade molto su di me. Sono io che controllo. Per esempio capita che Pellizzari a volte sia troppo indietro e allora vado da lui e gli dico di portarsi più avanti. Tutto questo è anche una mia responsabilità. Gli spiego cosa succederà, che è importante non stare dietro quando di colpo accelerano. Primoz è molto più esperto di Giulio e magari anche con lui cerchiamo di insegnare ai ragazzi affinché non facciano errori. Ma in generale tutti vogliono stare davanti e correre in modo tranquillo. Tecnicamente non ci sono grosse differenze.


Chi sente più pressione?
Dovreste chiederlo ai capitani! Personalmente non sento nessuna pressione. Ho solo bisogno di sapere che sono preparato al meglio, che sto bene. Se mi alleno in modo corretto, allora sono consapevole di poter fare il mio lavoro al meglio.
Cosa ne pensi di Evenepoel? Che impressione ti ha fatto in questi primi giorni?
Non sapevo davvero che sarebbe arrivato. Sentivo i rumors, ma da lì a vederlo arrivare davvero ce ne passa. Per me è stata una grande notizia. Remco è un combattente ed è sicuramente un grande campione. Un cronoman incredibile. Per me è fortissimo anche nelle gare di un giorno. E ha già vinto un Grande Giro. Sarà una bella cosa averlo in squadra. In molte gare è stato un grande avversario, ora è con noi e possiamo vincere ancora di più.
Si dice sempre che le grandi vittorie arrivino anche grazie a grandi gregari: qual è la vittoria più bella di un tuo capitano, quella che senti più tua?
Mi è piaciuta molto la Volta a Catalunya appena passata, quando Primoz ha vinto. C’era una bellissima atmosfera. Ci siamo ritrovati nella stessa squadra, io venivo dalla Visma – Lease a Bike, ed è stata di fatto la prima corsa in cui Roglic puntava davvero a fare bene da quando c’ero anche io in Red Bull. L’ultimo giorno abbiamo fatto esattamente tutto quello che avevamo pianificato. E quando le cose vanno così sei soddisfatto, sai di aver svolto bene il tuo lavoro. Ma c’è anche un altro momento che ricordo con grande piacere.


Quale?
Quando Tadej Pogacar ha vinto il campionato del mondo a Zurigo. Vincere con la maglia della tua nazionale vuol dire molto. Facemmo una corso molto intesa e coraggiosa.
E invece la cosa più strana che ti sia successa nella tua vita da gregario?
Buona domanda. Quando ho vinto l’Omloop Het Nieuwsblad. Ero gregario e ho vinto: più strano di così. Quel giorno stavo lavorando per Van Aert e Laporte, mi hanno fatto scattare e poi è andata come è andata.
Ti piace l’Italia?
Sì, è un Paese bellissimo, con cibi buonissimi. Mi piacciono un po’ tutti, soprattutto la pasta alla carbonara. E anche la cacio e pepe.


Di nuovo emerge la simpatia e l’italiano di Tratnik. “Cacio e pepe” lo dice benissimo. Allora gli spieghiamo che è un peccato che non sarà al Giro. Con il finale a Roma avrebbe potuto assaggiare questo piatto tipico… e non solo. Gli diciamo anche che deve provare la gricia. A quel punto il suo sguardo si fa interessato. E’ lui a farci domande: l’origine del piatto, gli ingredienti… di certo non se la farà sfuggire.
Pasta a parte, lo sloveno nei giorni di Palma si è allenato sodo, ma come sempre con il sorriso. Tante volte il ruolo di un gregario è anche quello: far ridere il capitano, trasmettergli serenità. E in questo ci hanno riferito anche gli altri corridori della Red Bull Jan è un numero uno