DENIA (Spagna) – Se giusto ieri avevamo parlato di Mads Pedersen come leader della Lidl-Trek, oggi apriamo così questo articolo che riguarda Mattias Skjelmose. Sentite qua. Il danese arriva in conferenza e dopo poche domande si finisce a parlare inevitabilmente del suo rapporto con Juan Ayuso. Noi giornalisti gli chiediamo come condivideranno la leadership, anche nelle classiche delle Ardenne. A quel punto il biondino fa una faccia con stampato sopra un punto interrogativo che si potrebbe toccare con mano. Si ferma e si lascia andare: «Ah, Ayuso fa le Ardenne? Mi avevano detto che sarei stato io l’unico leader».
Si inizia col botto, insomma. L’arrivo dello spagnolo non era stato accolto benissimo da Skjelmose, che credeva, in ottica futura, di essere il faro del team. Adesso le cose sembrano non partire nel migliore dei modi. Ma per onestà va detto che il resto della conferenza è andato bene. Mano tese da entrambe le parti e condivisione di spazi e programmi leggermente differenti. E che le cose tra la Lidl-Trek e Skjelmose vadano bene lo conferma anche il fatto che Mattias ha prolungato il suo contratto fino al 2028.


Il rapporto con Ayuso
A parte quello “screzio”, Mattias ha espresso belle parole nei confronti di Ayuso. «Ci stiamo conoscendo in questi giorni – ha detto Skjelmose – ci ho parlato poche volte. E’ un bravo ragazzo e, se ci sarà bisogno, sarò pronto ad aiutarlo». Qui tornano in mente le parole che lo stesso Mattias aveva detto questa estate: «Se non ha aiutato Pogacar, la vedo dura che possa aiutare me o altri».
I due avranno da lavorare sul loro rapporto. D’altra parte faranno gran parte del calendario insieme e avranno modo di conoscersi e imparare reciprocamente come correre fianco a fianco.
«Juan – ha proseguito il danese – mi sembra essere un nerd come me per quanto riguarda l’attrezzatura, i dettagli e la preparazione. Sono contento e penso che possiamo rispecchiarci l’uno nell’altro e aiutarci molto a vicenda. E per farlo dobbiamo conoscere i punti deboli e quelli di forza l’uno dell’altro. Penso che il modo migliore per impararli sia gareggiare insieme. Essere compagni di squadra significa anche essere più onesti. Con Juan condivideremo la leadership alla Parigi-Nizza e ai Paesi Baschi. Poi vedremo…». Frase sibilina quest’ultima. Vera, ma che suona quasi come un avvertimento.
Il fatto è che sin qui, senza un vero “rivale” per caratteristiche tecniche, Skjelmose si era sentito leader e soprattutto uomo su cui investire. In qualche modo era coccolato e sicuro. Ora gli equilibri cambiano. Anche in seno al team dove nei suoi confronti si era sempre lavorato in un certo modo.


Idea Giro d’Italia
Una delle cose che ci ha piacevolmente colpito di Skjelmose, e che dice molto delle sue ambizioni, ha riguardato il Giro d’Italia. «Avrei voluto fare il Giro – ha detto Matias – ma la squadra ha deciso diversamente. Per me poteva essere un obiettivo importante e mi sarebbe piaciuto essere il leader, ma capisco anche la decisione del team. Mi hanno dato una spiegazione. Loro mi sostengono, quindi io sostengo loro. Finora hanno preso decisioni davvero ottime per me e credo che continueranno a farlo anche in futuro».
Skjelmose è uno che cresce piano. Non è il talento che spunta e vince subito. E’ un ottimo corridore che deve arrivarci per gradi. Un po’ come Joao Almeida, per intenderci. Insomma, non è Remco, non è Pogacar e forse neanche Ayuso.
Uno così al Giro d’Italia ci sarebbe stato bene, ma evidentemente nella corsa rosa la squadra punta tutto sugli sprint di Jonathan Milan e sugli assalti alle tappe. Giustamente, Skjelmose avrebbe comportato ben altra formazione. In ogni caso, per lui c’è la Vuelta da leader.


Quell’Amstel…
Si è parlato anche della sua vittoria all’Amstel Gold Race, con un ordine d’arrivo che un ragazzo che corre in bici probabilmente non riuscirebbe a concepire neanche nei sogni: primo davanti a Tadej Pogacar e Remco Evenepoel.
«E’ stato un momento importantissimo per me – ha detto Skjelmose – che mi ha dato carica e fiducia. E’ stata una vittoria speciale e inaspettata, senza dubbio il risultato più importante della mia carriera. Questo dimostra che questi campioni si possono battere, ma certo devo fare la gara perfetta nel giorno perfetto e loro devono commettere qualche errore. In caso contrario è molto difficile».
Una consapevolezza importante quella del danese che sa bene che non sarà facile bissare quel successo o che uno come Pogacar sbagli due volte. Ma l’importante è esserci. Molto vicini gli saranno in tal senso il suo diesse, Kim Andersen, e il nuovo arrivato nello staff Andy Schleck, uno che di lotte con grandi campioni ne sa qualcosa.


Lavoratore nato
Personaggio particolare, questo Skjelmose. Era la prima volta che ci parlavamo dal vivo. Attento, anche simpatico, uno con le idee chiare in testa e metodi moderni. Un meticoloso all’inverosimile. Tra i tanti incontrati nel nostro raid spagnolo è quello che ci è parso essere il più in forma, il più tirato. Anche Matteo Sobrero, a dire il vero, ma lui andrà in Australia, quindi ci sta che sia già avanti.
Mattias è un ragazzo spigliato, anche se può sembrare timido ad un primo impatto. E’ un lavoratore puro. Dopo le varie cadute ha riportato diversi problemi, tra cui un’ernia alla schiena. Ogni giorno deve fare esercizi specifici e non sgarra davvero mai. Preferisce evitare l’operazione: troppi rischi e tempi di recupero incerti.
Ha lasciato la Danimarca e si è trasferito ad Andorra. Lì dice di trovarsi bene: ha percorsi ideali per allenarsi, salite e di fatto è sempre in quota. Dopo la Parigi-Nizza farà l’altura in casa. Larrazzabal ci riferisce di un atleta super meticoloso, preciso, che segue alla lettera quello che deve fare. E lui non fa altro che confermarci tutto ciò prima di uscire dalla stanza e concedere altre interviste.