«Alla fine la trasferta in Spagna per la Ruta Ciclista del Sol, in Andalucia, si è trasformata in un ritiro di squadra. Abbiamo sfruttato il clima. Purtroppo non siamo riusciti a correre a causa delle proteste degli agricoltori. Peccato, perché per me sarebbe stato un blocco importante in vista dei prossimi impegni: Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Sarebbe stata una corsa di buon livello dove avrei potuto mettermi in mostra e capire a che punto ero con la condizione».
A parlare è Nicola Conci, corridore della Alpecin-Deceuninck che come altri 102 corridori, si è presentato alla partenza della Ruta Ciclista del Sol. La corsa alla fine non c’è stata, ad eccezione della breve cronometro disputata nella terza tappa.
Giorni difficili
In Andalucia degli oltre 500 chilometri previsti se ne sono completati solamente 5. Un bottino scarso per chi, come Conci, era arrivato per accumulare chilometri e fatica verso i primi obiettivi di stagione.
«Non nascondo che sono stati giorni frustranti – ammette Conci – ogni atleta vive le corse e gli allenamenti a modo suo. Io ero davvero carico per questo appuntamento, ma già alla prima tappa ci sono state delle complicazioni. Abbiamo fatto la riunione sul bus, come consuetudine, ma una volta scesi abbiamo capito che qualcosa non stesse andando nel modo giusto. Parlando con altri corridori era girata subito la voce che non avremmo corso. Infatti, non ci hanno nemmeno fatto andare al foglio firma.
Quindi voi eravate sicuri di correre?
Fino alla riunione tecnica sì. Ci hanno avvisato della cancellazione della tappa solamente 45 minuti prima del via. Fuori dal bus poi, confrontandoci anche con atleti di altre squadre, c’era chi diceva che non avremmo corso tutta la settimana. In questi casi, però, prendi tutto con le pinze. Non sei mai sicuro perché tra corridori gira qualche voce, ma l’ufficialità spetta all’organizzazione.
Come avete preso la decisione?
La motivazione della cancellazione della tappa e anche di quelle successive è stata la mancanza di polizia stradale. Io mi domando, più che altro, come sia stato possibile saperlo solo 45 minuti prima. A Besseges hanno cancellato la prima tappa sempre a causa delle proteste degli agricoltori, ma i corridori lo hanno saputo la sera prima.
Che avete fatto una volta cancellata la tappa?
Ci siamo spostati con il bus e abbiamo fatto una ricognizione di un paio d’ore sul percorso della seconda frazione. Anche perché, a quanto sapevamo noi, si sarebbe corsa. Invece, la sera in hotel, sulla chat della squadra hanno detto che avremmo fatto un meeting prima di cena. Mi è sembrata subito una cosa strana. Infatti, una volta riuniti tutti, i diesse ci hanno avvisato che non avremmo corso il giorno dopo.
E per i giorni successivi?
Le informazioni che avevamo erano che avremmo fatto la cronometro, lunga solo 5 chilometri e interamente nel deserto, e le ultime due tappe sarebbero state modificate. Al posto del percorso previsto avremmo fatto dei circuiti, il primo anche molto esplosivo, l’ultimo, invece, per velocisti.
Alla cronometro siete andati, era tutto normale?
Più o meno. Nel senso che alla ricognizione, dove abbiamo provato il percorso, è emerso che avremmo fatto solo la cronometro e poi basta. Però erano fonti non sicure, erano informazioni che ci siamo scambiati noi corridori per strada. Una volta tornati sul bus per prepararci ci hanno confermato le voci che la cronometro sarebbe stata l’unica tappa.
I circuiti erano una soluzione alla mancanza di uomini della polizia?
Ci sarebbe stato bisogno di meno personale per il controllo, solo che dei 30 poliziotti richiesti, solo in 2 erano disponibili. Quindi capite bene che era impossibile fare qualsiasi cosa. Dopo la cronometro siamo tornati in hotel e ci siamo organizzati per allenarci. Abbiamo sostituito le tappe con due allenamenti lunghi. Abbiamo messo una pezza, ma di certo non è stato come correre.