Certe volte la vita ti propone cambi improvvisi che quasi non ti aspetti. Niccolò Bonifazio fa la sua rentrée nel WorldTour nelle file dell’Intermarché e per un corridore di 29 anni non è cosa da poco, soprattutto considerando che non stiamo parlando di un ciclista chiamato solo a lavori oscuri, ma di uno sprinter che nel corso della sua carriera era abituato a vincere, ma che negli ultimi due anni era un po’ passato in secondo piano. In altri ambiti si rischiava una retrocessione, il ligure invece approda in “prima divisione”, per prestigio acquisito ma anche per forza di carattere.
Il suo cambio è piuttosto recente, anche se i contatti tra il suo manager (è seguito da Alex Carera) e il team belga erano cominciati già in estate: «Le trattative sono andate per le lunghe e col passare delle settimane vedevo che il gruppo di corridori senza contratto si assottigliava. Sono comunque rimasto tranquillo, sapevo che alla fine tutto si sarebbe risolto e ora sono pronto a ripartire».
Con la TotalEnergies si parlava di una tua riconferma?
No, non mi è mai stata proposta, così mi sono messo a cercare con un po’ di anticipo perché sapevo che non c’era più posto. L’esperienza nella squadra è nel complesso positiva, anche se i primi due anni sono stati i migliori, quelli nei quali avevo anche molte occasioni di correre nel WorldTour e mi pare di essermela sempre cavata bene, vedi la vittoria di tappa alla Parigi-Nizza 2020. Le ultime due annate invece ho gareggiato sempre nelle gare di seconda fascia, sinceramente non so neanche il perché e non l’ho capito, ma ormai è parte del passato.
Cambia molto il discorso fra i due ambiti di competizione?
Enormemente. Le seconde sono gare tipicamente franco-belghe, dove si va sempre all’arrembaggio, si corre a tutta, a me quel tipo di corse non va molto a genio. Nel WorldTour è tutto un po’ più canonico, c’è molto lavoro di squadra. Io credo di avere maggior chance per emergere in un contesto simile, con un team che possa supportarmi e all’Intermarché c’è davvero tutto per poterlo fare.
Ti sei fatto un’idea di che cosa è cambiato in questi due anni?
Diciamo che ho pagato un caro prezzo al Covid: quando è scoppiata la pandemia, io ero in una grande condizione, avevo iniziato la stagione in maniera notevole con due vittorie internazionali, poi lo stop mi ha tarpato le ali e da lì sono iniziati i problemi. Non che il 2022 sia stato negativo, in fin dei conti una vittoria è arrivata e cinque top 10 sono il contorno. Ma era necessario un cambiamento, io voglio riannodare quel filo idealmente legato a prima di marzo 2020.
Con la nuova squadra avete già parlato di programmi, tattiche, ruoli?
Per ora ancora no, non c’è stato tempo, ci siamo concentrati sul nuovo materiale. Per fortuna non ci sono grandi cambiamenti, ma chiaramente la bici è nuova e servono aggiustamenti, che poi le verifiche davvero utili le puoi fare solamente in corsa, quindi è un vero work in progress. Di tattica avremo tempo per parlare nel ritiro di gennaio.
Finora che impressione hai avuto?
Ottima, ho ritrovato corridori con i quali avevo già condiviso l’esperienza nei primi due anni alla TotalEnergies, ma nel complesso ho scoperto una squadra molto motivata, quasi gasata dai risultati delle ultime stagioni. C’è un ambiente molto positivo e questo mi dà fiducia, tanto è vero che ho iniziato subito forte con gli allenamenti. Voglio partire nella maniera giusta, farmi trovare subito pronto sin dalle prime gare di febbraio.
Ti sei posto qualche obiettivo?
Per me “la gara” resta sempre la Milano-Sanremo. Nelle ultime edizioni non sono mai riuscito a scollinare con i primi per pochissimo, perdendo il treno proprio nelle ultime battute del Poggio. Voglio arrivarci con la gamba giusta per essere della partita.
Tra l’altro tu sei imperiese, quelle strade le conoscerai benissimo…
Vuoi sapere quante volte ho affrontato quella salita? Almeno 3 mila… La conosco a memoria e so che la differenza la fanno minimi dettagli. Per me quella salita è un cruccio che voglio risolvere, poi sarà la gara a dire chi sarà l’uomo su cui puntare, se io o Girmay.
Conosci già il campione eritreo?
Sì, dal Giro del Gabon dove vinsi nel 2019. Dissi subito che quel ragazzino sarebbe approdato nel WorldTour e la storia dice che avevo visto lungo. Anzi è diventato un campione. Dovremo trovare il giusto amalgama, ma non ci sarà problema, l’importante è sempre correre per la squadra.
Tu resti all’estero passando da un team francese a uno belga, ma nella realtà all’Intermarché trovi un buon gruppo di italiani…
La cosa mi fa particolarmente piacere, poter correre con Rota, Petilli, trovare anche un direttore sportivo esperto come Piva… Non nascondo che tornare a parlare un po’ d’italiano non mi dispiace dopo anni vissuti in Francia. Ora che sono nel WorldTour voglio rimanerci e fare tante battaglie. Dimostrare che in questi anni di permanenza all’estero, in un rango inferiore, ho comunque imparato qualcosa…