Il podio conquistato al Tour of Britain ha dato un’impronta diversa a questo periodo della stagione per Edoardo Zambanini. Un periodo molto intenso come spesso capita al corridore della Bahrain Victorious che sul finire dell’estate è chiamato in causa con grandi aspettative da parte del suo team. Lo avevamo lasciato al Giro d’Italia, protagonista di una bellissima tappa nella quale era mancato davvero poco per cogliere quella vittoria che da sola vale per tanti una carriera, ma col passare del tempo quella delusione ha lasciato il posto a belle sensazioni.


Destinazione Canada
Il corridore di Riva del Garda è già in Canada, pronto a gareggiare domani nella prima delle due classiche del WorldTour, attesissime perché segnano il ritorno in gara di Tadej Pogacar dopo il suo trionfo al Tour de France. Il trentino vuole sfruttare anche oltreoceano le belle sensazioni che si è portato dietro dalla Gran Bretagna.
«Diciamo che è stata una bella gara su percorsi che mi piacciono molto – ci ha detto – perché sono un po’ ondulati ed esplosivi, adatti alle mie caratteristiche. Anche l’anno scorso ho fatto bene in questo finale di stagione, perché comunque mi trovo bene nelle gare di questa durata. E’ stata una settimana positiva anche per la squadra. Nei primi due giorni abbiamo corso per il velocista che avevamo in squadra, nella quarta c’era un arrivo che mi piaceva molto e dovevamo un po’ giocare il finale. Nel gruppetto di testa eravamo io ed Eulalio, lui è rimasto chiuso, io invece mi sono trovato molto bene e le sensazioni erano buone durante tutta la tappa. Ma Gregoire ed Alaphilippe avevano preso qualche metro».


Non ti sei fermato a quel podio, però…
Il giorno dopo era una tappa più dura, quindi si andava più per la classifica. Noi avevamo Bilbao come capitano con Eulalio che si è dimostrato un ottimo supporto e si è mosso molto bene. Anche lì io comunque avevo chiuso bene. Poi c’è stata l’ultima tappa, anche questa con un finale esplosivo, ho fatto la volata finendo quarto proprio dietro Wright che era stato in fuga ed è stato ripreso agli ultimi 50 metri.
Tra l’altro l’ultima tappa era a Cardiff nella città di Geraint Thomas che aveva deciso di chiudere lì la propria carriera…
Sì, l’ultima recita di Geraint è stata davvero speciale. Un tifo eccezionale, gli hanno riservato una grande accoglienza. Ma devo dire che di gente lungo il percorso ne abbiamo trovata sempre, nonostante il fatto che per tutta la settimana abbiamo preso pioggia. Ma la gente c’era e dava calore, si faceva sentire. L’ultimo giorno c’è stata la cerimonia per Thomas con le ruote che giravano, è stato molto sentito.


Ormai sono passati mesi, che cosa ti è rimasto di quel secondo posto di tappa al Giro d’Italia?
E’ stata sicuramente una giornata che mi ricorderò sempre, perché mi ha dato molto morale, provare a battere Pedersen non è comunque una cosa che ti riesce tutti i giorni. Lo vediamo anche alla Vuelta di chi stiamo parlando… Il livello che c’era al Giro era altissimo. Possiamo anche dire che quella tappa me la sono giocata male, ho speso molto nel tirare gli ultimi chilometri fino all’ultimo strappo di Matera. Non ero io deputato a puntare alla vittoria, ma avevo tenuto mettendoci tutto quel che avevo e trovandomi all’ultimo chilometro ho pensato di provarci. Però sono partito talmente indietro che non è stato abbastanza, servivano altri 20 metri per recuperare ancora. Alla fine va bene così.
Se ti guardi indietro, rispetto allo scorso anno, quanto sei migliorato?
Nel 2024 ho fatto bene la seconda parte di stagione, seguendo lo stesso calendario di quest’anno: Polonia, Gran Bretagna, Canada. Chiudendo spesso nella top 10, quindi sono stato a un buon livello. Quel miglioramento generale quest’anno ho cercato di tenerlo, dimostrare che non era stato casuale anche perché trovare il risultato è anche difficile. Non dimentichiamo che ci sono sempre 180 corridori che vogliono vincere e ne vince sempre solo uno… La squadra è stata molto contenta di come ho lavorato, poi quest’anno ho fatto parecchia altura, tre cicli fra inizio stagione, prima del Giro e prima di questa parte di annata. Prima facevo periodo d’altura, andavo alle gare, magari mi mancava un po’ di ritmo e tornavo in altura. Ora c’è più ordine.


La sensazione che si ha, visto che tu hai già il contratto per il prossimo anno con la Bahrain e sarà il quinto, è che la Bahrain con te stia facendo un ragionamento come si faceva in passato, seguendo un corridore e facendolo maturare piano piano, non avendo troppa fretta neanche nei risultati…
E’ verissimo, io sono stato uno dei ragazzi passato molto giovane, avevo quindi bisogno di un po’ di esperienza e quindi di pazienza. E piano piano sto arrivando, ma questo atteggiamento e sostegno del team vuol dire tanto, saper leggere la gara e sapere dove risparmiare qualcosina, dove invece farsi vedere. Sono piccole cose che impari col tempo, d’altronde non tutti sono talenti così precoci che vincono appena passano. Adesso la squadra che ha sempre creduto tanto in me, mi dà sempre più responsabilità, che io vedo come stimolo a dimostrare di poter fare qualche risultato. Io mi sto fidando al 100 per cento, ho già il contratto anche per il 2027 e vedo che anche i risultati stanno arrivando.
Cominci a identificarti più come un cacciatore di tappe o anche come uno che può emergere nelle classifiche almeno delle gare medio-brevi?
Adesso mi sto trovando molto bene nelle gare di un giorno o di una settimana. Ho ritrovato un po’ di esplosività e tengo in salita. Sono le caratteristiche di un cacciatore di tappe o di una classica. Poi nella classifica generale di quelle corse posso difendermi.


In Canada tu l’anno scorso hai fatto una doppia top 10…
Sì, giocandomela anche un po’ male in Quebec. C’era stato un fraintendimento con Bilbao perché ci siamo trovati Pogacar nel mezzo, lui pensava di avere me e così abbiamo iniziato la volata quasi da fermi. A Montreal invece eravamo lì nel finale, ci dividevamo gli scatti, abbiamo lavorato bene e lui è finito secondo. Quest’anno vediamo, dobbiamo ancora parlarne, io vorrei far bene proprio in Quebec perché è un percorso che mi piace molto. Hanno cambiato un po’ il percorso, quindi sarà uno sforzo diverso. Montreal invece rimane la stessa, dura come sempre. Comunque la gamba c’è, la condizione pure, vediamo di avere anche un pizzico di fortuna…