Il giro del mondo di Zanoncello, con una marea di punti

05.10.2023
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Quattro vittorie e 30 piazzamenti nelle prime 10 posizioni in 66 giorni di gara, per un totale di 325 punti Uci. Questi sono i numeri che riassumono la stagione di Enrico Zanoncello, dimostratosi un vero patrimonio per la Green Project-Bardiani-Csf-Faizané. Una stagione che per molti versi è diventata un giro del mondo, fra America, Europa, Asia.

Il corridore di Isola della Scala (stessa città di suo cugino Elia Viviani e della dinastia Minali, evidentemente da quelle parti le fibre muscolari sono veloci…) è appena tornato dal Tour de Langkawi e da una trasferta asiatica durata ben 23 giorni. Ancora un po’ frastornato ma nel complesso soddisfatto anche se la gara malese gli ha dato piazzamenti, anche la soddisfazione di indossare per un giorno la maglia di leader ma non l’agognata vittoria.

Al Tour de Langkawi i buoni piazzamenti gli sono valsi la testa della corsa
Al Tour de Langkawi i buoni piazzamenti gli sono valsi la testa della corsa

«E’ un po’ il segno di questa stagione – spiega – sicuramente molto positiva soprattutto se paragonata alla precedente, ma nella quale se mi guardo indietro scopro un bel po’ di occasioni perdute. Non posso certo lamentarmi, soprattutto pensando alle prospettive che avevo a inizio anno, accetto quel che è venuto e vado avanti».

Come ti sei trovato nella gara malese?

Una corsa lunga, ben 8 tappe, abbastanza adatta a noi velocisti, infatti ci sono state molte volate. La leadership in classifica il terzo giorno è stata abbastanza fortunosa, molti velocisti erano rimasti staccati e mi sono ritrovato in testa grazie alla costanza dei piazzamenti. Poi sono arrivate le tappe più dure, particolarmente la quinta che ha costruito la classifica finale, ma è chiaro che io puntavo alle tappe.

Lo sprint vincente di Jackson con Zanoncello evidentemente deluso
Lo sprint vincente di Jackson con Zanoncello evidentemente deluso
Proprio la terza tappa, quella della conquista della maglia di leader ti ha visto giungere secondo dietro il neozelandese George Jackson, ventitreenne del quale si dice un gran bene…

Avevo già visto su pista che era uno forte, ma forte davvero. Me lo sono ritrovato contro in Cina al Tour of Taihu Lake e poi anche in Malesia. Diciamo che mi ha un po’ rovinato la festa… E’ davvero un bel corridore, ha un grande picco di velocità che scaturisce proprio dalla sua esperienza nei velodromi. Io sono uno sprinter diverso, più esplosivo. Quel giorno ci siamo ritrovati a fare la volata in un gruppo di una quarantina di corridori, io probabilmente sono partito troppo presto.

I numeri sono lì a certificare il valore della tua stagione, ma tu sottolineavi come essa assuma ulteriori significati se paragonata alla precedente…

A dir la verità erano le ultime due ad avermi lasciato l’amaro in bocca. Non ero mai riuscito ad avere una stagione lineare, completa, sono incorso anche in due fratture della clavicola. Ogni volta che stavo per entrare in forma avveniva qualcosa. Quest’anno invece ho iniziato subito bene in Argentina: pur senza vincere sentivo che le gambe giravano, poi sono andato sempre migliorando. Certo, qualche sprint perso c’è stato, si poteva fare anche di più, ma sono soddisfatto.

A questo punto però non si sente la stanchezza di un’annata iniziata a gennaio e dall’altra parte dell’Atlantico?

Sicuramente, più di testa che fisicamente. Ho vissuto un’annata sempre in viaggio, mai più di 3-4 giorni consecutivi a casa, poi di nuovo valigia e bici in mano e via. In totale da allora avrò fatto 30 giorni a casa e ne sento davvero il bisogno. Anche l’ultima trasferta è stata lunga, ben 23 giorni fra Cina e Malesia, per fortuna con la squadra abbiamo formato un bel gruppo, nel quale c’è amicizia prima ancora che un rapporto di lavoro.

Oltretutto a 26 anni sei uno dei “vecchi” del gruppo…

Già sembra paradossale per me che due anni fa entravo in questo team in punta di piedi. Sono tutti davvero supergiovani, ma d’altro canto il progetto del team è quello, puntare molto sugli under 23.

Con il gruppo asiatico alla torre Petronas, da sinistra Zanoncello, Gabburo, Tarozzi, Scalco, Conforti , Covili
Con il gruppo asiatico alla torre Petronas, da sinistra Zanoncello, Gabburo, Tarozzi, Scalco, Conforti , Covili
Tu hai un treno specifico per pilotare le tue volate?

No, ci si regola in base alla corsa, alle sue caratteristiche, alla sua evoluzione, ma devo dire che tutti si sono sempre dati da fare per aiutarmi nelle volate. Anche per questo dico che c’è un bel clima in seno alla squadra.

Tu hai già la conferma per il prossimo anno?

Ne stiamo discutendo, nel contratto precedente avevo una clausola di riconferma. Io vorrei restare, almeno altri due anni per proseguire nel mio cammino di crescita. Ne parleremo a fine stagione, mi aspettano ancora le prove venete, con la chiusura alla Serenissima Gravel.

I successi lo stanno facendo conoscere anche al grande pubblico e agli addetti ai lavori stranieri
I successi lo stanno facendo conoscere anche al grande pubblico e agli addetti ai lavori stranieri
Il tuo calendario, dopo una stagione così importante, sarà dello stesso tipo, quindi incentrato sulle corse a tappe?

Quella era l’impostazione della quale avevo bisogno quest’anno, partendo praticamente da zero. Ora spero che il livello si alzi, che ci siano altri tipi di corse, anche con una concorrenza più qualificata, con qualche classica d’un giorno nella quale andare a caccia del bersaglio grosso.