Riprendiamo il discorso da dove l’avevamo lasciato, dal quarto posto alla Brussels Cycling Classic. Girmay era appena tornato dall’Eritrea, dove era volato per leccarsi le ferite dopo la brutta caduta del Fiandre e la commozione cerebrale. Ne ha ancora i segni sul volto, ma adesso l’animo è leggero. Sembrava l’inizio di un periodo buio, invece ieri a Nottwill – seconda tappa del Giro di Svizzera – “Bini” li ha messi nuovamente tutti in fila. Alle sue spalle sono finiti Demare, Van Aert (secondo terzo posto consecutivo), Bittiner e Sagan. Punto e a capo.
«Quello del Fiandre è stato il peggior incidente della mia carriera – ha raccontato Girmay – ho subito una commozione cerebrale e ferite su tutto il corpo. Sono dovuto rimanere in ospedale per tre giorni e poi ci sono volute tre settimane prima che potessi allenarmi di nuovo».
Vincere di nuovo
Il quarto posto raccolto il 4 giugno in Belgio era il segnale della condizione che stava tornando, ma nulla al confronto dell’iniezione di fiducia della vittoria al Giro di Svizzera.
«Questa vittoria è sicuramente una spinta – sorride Girmay – la mia prima in una vera volata di gruppo con molti velocisti al via. Questo mi dà molta fiducia e la dà anche alla squadra. Ci alleniamo duramente, ma finora non è andata come volevamo a causa della sfortuna e degli incidenti. Ma se ci troviamo l’un l’altro, la nostra intesa può portare a grandi cose. Questo è proprio ciò di cui avevamo bisogno andando verso il Tour. Vincere di nuovo dopo tanti mesi è davvero bello».
Assalto eritreo
Ma il bello per Girmay doveva ancora arrivare. Da ogni angolo di Nottwill infatti sono saltate fuori decine di tifosi eritrei che lo hanno circondato, cantando e ballando al suo nome. E nonostante si stia parlando di una corsa WorldTour, i massaggiatori della Intermarché-Wanty hanno avuto il loro bel da fare per tenerli lontani dal campione che cercava di respirare.
«Sono sempre sorpreso da dove continuino a venire – ha riso Girmay – non ho parole per questo. Per me significa molto e rende una vittoria come questa ancora più speciale. Sono venuti dall’Italia e dalla Germania per sostenermi. E’ fantastico e averli attorno motiva anche me. Devo davvero ringraziarli».
Demare cresce
Demare alle sue spalle non sa se mangiarsi le mani per il secondo posto o rallegrarsi perché le sue quotazioni stanno salendo e la sua presenza al Tour, riconquistata a suon di risultati, adesso assume una logica più consistente.
«Mi sono bloccato dietro Van Aert e Girmay – ha confermato – penso che fosse possibile vincere, ma i tempi erano troppo stretti. Ho avuto appena 100 metri per lanciarmi e l’arrivo era molto veloce, come sempre in Svizzera. Mi sarebbe piaciuto vincere, questo è sicuro. Fisicamente sto bene, ma sfortunatamente non ci sono molti sprint qui. Questa è stata un’opportunità, potrebbe essercene un’altra prima della cronometro finale, ma ora dovrò aspettare».
Van Aert parte lungo
E Van Aert cosa dice? Il belga, sceso da poco dall’altura di Tignes, sapeva forse di non avere ancora le gambe per uno sprint di gruppo, ma non c’è da giurarci. In realtà anche lui pensa di aver sbagliato la volata.
«Sono partito troppo presto – ha detto il belga con il coro dei tifosi eritrei come sottofondo – eravamo troppo lunghi. E’ stato uno sprint molto caotico e quando finalmente ho avuto un po’ di spazio, sono andato avanti ma c’erano ancora più di 300 metri e alla fine non sono riuscito a mantenere il vantaggio. Le sensazioni sono buone. Ieri è stata una corsa dura. Ci sono stati solo due fuggitivi, ma ci hanno reso le cose molto difficili. Quindi siamo andati forte per tutto il giorno».
La verde e una tappa
La vittoria di Girmay al Tour de Suisse non ha dato fiducia soltanto all’atleta, ma ha creato anche aspettative. La Intermarché- Wanty vorrebbe da matti una vittoria di tappa al Tour e questo Girmay potrebbe farli sperare.
«Stiamo puntando alla vittoria di tappa – ha detto – Aike Visbeek, capo dei tecnici del team – la maglia verde invece non può essere un obiettivo fine a se stesso. Sarebbe bello se Bini potesse indossare quella maglia per un giorno, ma non bisogna dimenticare che ha ancora 23 anni e non ha mai partecipato al Tour. La logica farebbe pensare che dovrà arrendersi contro uomini come Jakobsen e Philipsen, ma ovviamente può sempre sorprenderci. La sua passione sono gli sprint in leggera salita, se al Tour si presenterà questa opportunità, cercheremo di coglierla».